Le Parole Che Non Ti Ho Detto

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[Rho, paesello vicino Milano (Italia) - Qualche mese prima]

Cosa significava diventare adulti?

Quella domanda -che sempre aveva considerato con troppo sarcasmo- se l'era posta più di una volta quasi per gioco, quando suo padre -con tono sfinito e rassegnato- glielo aveva continuato a ripetere nella speranza che lui si decidesse di iniziare a crescere e fare così qualche cambiamento.
Ma il problema in se era che Jiyong non aveva capito fino in fondo cosa realmente stessero a significare quelle parole. Per lui, che aveva sempre mantenuto un'ottica abbastanza superficiale della vita, quella frase voleva solo dire acquisire la libertà che gli avrebbe permesso di non rendere conto a nessuno. Ed entrato nei Big Bang -dopo che Bom lo aveva scaricato brutalmente e gli aveva fatto assaporare quanto fosse meraviglioso essere single- aveva potuto godere appieno della sua libertà. 
Solo che quella era una visione poco realistica e molto bambinesca della realtà.

Perché la libertà di un adulto era radicalmente diversa da quella di un bambino. Il bambino era libero di sognare, ma non era libero di agire in armonia con i sogni. La persona adulta invece -capace di poter rendere i propri sogni realtà- aveva l'obbligo -e anche il dovere- di scegliere bene prima di agire, riflettendo sulla responsabilità che ogni azione comportava.
Questa era la reale matematica della vita: "A un'azione corrispondeva sempre una reazione".

Ma Jiyong se l'era mai posto questo tipo di problema? Aveva mai pensato che a una sua azione corrispondeva una reazione? Lui, una persona che aveva l'opportunità di avere tutto e subito, aveva mai riflettuto su questa legge di vita?

La risposta era no. Si era sempre buttato a capo fitto in quello che voleva, e lo aveva fatto sempre rigorosamente senza pensare. Lui lo voleva e basta, questo era quello che più contava. Del resto se ne sbatteva.
E non aveva fatto eccezioni per nessuno, si era comportato così con tutti, e si era comportato così anche con lei... Lei, con cui aveva iniziato quasi per gioco, che si era divertito a prendere in giro mettendola rigorosamente in imbarazzo solo con l'intenzione di lasciarla andare dopo essersi saziato esattamente come aveva fatto con tutte le altre...Lei...Per cui adesso provava davvero un sentimento inaspettatamente serio... Lei, che adesso si trovava nei guai a causa sua...

Jiyong si grattò energicamente la testa in preda a una profonda crisi esistenziale.

Ci aveva pensato e ripensato, e aveva continuato a domandarsi quale fosse la decisione più sensata da prendere: "tornare a Seoul e impersonare fino in fondo la parte del bastardo/vigliacco, o rimanere lì e prendersi le sue responsabilità?". 
Ma più se lo domandava, e più continuava a sentire quella perenne sensazione non ben definita che altalenava tra ansia e preoccupazione. Quella sensazione che gli faceva battere il cuore all'impazzata, che lo faceva sentire un completo fallimento, che lo paralizzava dalla testa ai piedi come un cretino incapace di far qualsiasi cosa.
Quel sentimento che lo rendeva a tal punto vulnerabile da fargli sentire il bisogno immenso di chiedere aiuto...Sì, quell'aiuto che invece avrebbe dovuto ricevere solamente Mel per prima.

Jiyong scosse la testa inspirando profondamente, cercando di metabolizzare -e contenere- quel maledetto senso di inadeguatezza.
Perchè quale che fosse la scelta, la sua vita sarebbe comunque cambiata radicalmente, in un modo o nell'altro.

E alzò gli occhi al cielo, lasciando che le gocce di pioggia rigassero il suo viso già un pò bagnato dalle lacrime, scostando quel dannato cappuccio della felpa che gli ostruiva il respiro... O forse non era quello a tappare le sue vie respiratorie... Forse la consapevolezza che Mel -stupidamente- aveva deciso di accollarsi un tale peso tutto da sola, lo faceva soffocare in quel modo...
Sì, la triste solitudine con cui quella ragazza aveva deciso di circondarsi gli faceva stringere il cuore in una morsa così forte da togliergli il respiro.

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