14. Chandelier

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«C-cosa..come-»
Harry mise le mani a coppa sulle guance di Louis che non si era accorto di star tremando, piccole lacrime si erano formate agli angoli più remoti dei suoi occhi e le sue labbra si erano schiuse mentre guardava il volto del ragazzo più grande.

«Shh, è okay piccolo» un sorriso strepitoso lambiva le sue labbra carnose mentre i suoi pollici disegnavano cerchi immaginati sugli zigomi arrossati del più basso, le labbra a sfiorarsi delicatamente.
«Sei davvero quell'Harry?» la voce di Louis era bassa, si era spezzata sulla pronuncia delle ultime parole: non poteva credere che il soldato fosse veramente tornato da lui.

Harry si era limitato ad annuire, non voleva spezzare il silenzio confortevole che si era creato, silenzio disturbato solamente dall'ululare del vento e dal rumore che producevano le scarpe di Adie nella neve fresca, facendola scricchiolare sotto al proprio peso.
Il battito del cuore di Louis si era calmato, era tornato a respirare, non si era neanche accorto di star trattenendo il fiato.

Si sentiva uno schifo per aver dimenticato il volto del soldato (e il suo nome, per un bel po' di tempo). Il ragazzino aveva avuto un brutto trauma dovuto alla gravidanza, lo spavento iniziale, la sensazione di impotenza e il fatto di doversi nascondere avevano alimentato lo stato d'animo apatico che aveva caratterizzato occhi blu per molti dei mesi in cui era stato gravido.
Lo shock gli aveva fatto dimenticare molte cose importanti, soprattutto dopo il dolore lancinante che aveva provato durante il parto, prima di poter stringere la bambina piccola e piangente tra le proprie braccia esili.

Louis aveva partorito in casa, assistito solamente dalla madre e dal padre che aveva scelto di stargli accanto e di sacrificarsi, ritrovandosi dopo le impronte a forma di mezza luna - lasciate dalle corte unghie di Louis - sulla carne tenera della propria mano.

«Io- perché non me l'hai detto subito, Harry?» lacrime silenziose rigavano il suo volto dal colorito bianchiccio, le labbra quasi viola tremavano e le sue ginocchia sembravano essere fatte di gelatina. «Volevo vedere se ti sarei piaciuto comunque»



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«Amore sei pronta? Devo portarti dalla nonna, non posso fare tardi a lavoro, lo sai» Louis si era ritrovato ad accucciarsi per raccogliere da terra Marie mentre Harry stava prendendo in braccio la bambina, mettendosela in spalla come un sacco di patate.

Le risa acute di Adie risuonavano per tutto il salone mentre Harry le faceva delicatamente il solletico. Il ragazzo più piccolo li guardava sorridendo, avvicinandosi con il cappottino rosso della piccola tra le mani.
«Harreh mettimi giù!» la bimba riccia rise, guardando il padre mentre si trovava appesa a testa in giù «Mhhmh».

Quando i suoi piccoli piedi toccarono finalmente terra corse dal padre, che la aiutò ad infilarsi la giacca, il cappello e la sciarpa. Non voleva proprio saperne di tenersi addosso i guanti.
«Pére, dopo tu e Harry venite a dormire dalla nonna? Ti preeeego» era praticamente impossibile dire di no all'espressione che aveva in viso la piccola, anche se la cosa sarebbe stata imbarazzante: i genitori di Louis infatti avevano visto Harry solo un paio di volte e ancora non si fidavano, sapevano com'era andata con il soldato ma non erano ancora a conoscenza del fatto che lui fosse tornato, e che fosse proprio Harry il padre di Adie.

«Per te va bene?» la frase uscì dalle labbra di Louis come un sussurro, lo sguardo puntato in quello di Harry, prima di spostarlo sul suo viso, dove due fossette avevano già predetto il formarsi di un dolce sorriso.
«Certamente, ora vogliamo andare?» l'ex soldato avanzò verso i due, pensando a quanto fosse bella la sua quasi-famiglia.

Dall'essere rimasto con nulla a causa dei bombardamenti tedeschi, - che avevano fatto crollare la casa dei suoi genitori, uccidendoli entrambi, una cosa di cui Harry non voleva parlare, mai - ad avere una bellissima bambina e un ragazzo favoloso nella propria vita.

Overlord ; larry stylinsonWhere stories live. Discover now