Capitolo 19: attrazione.

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L'edificio dove vivevano gli Ultraevoluti era molto più bello rispetto a quello dell'El Dorado.
Mi ritrovavo in una stanza con alle pareti interi scaffali di libri e poco più in là, un tavolo su cui era appoggiato un cofanetto contenete una strana pietruzza viola.
La donna incappucciata era al mio fianco e sono sicura di averla vista sorridere quando incrociai gli occhi con i suoi.
Simeon, o come si chiamava, mi teneva la mano in una presa affettuosa, quasi amorevole e quel tocco mi intimoriva un pó.

-Stai qui un momento. Vado a dire di prepararti un luogo dove dormire e poi torno da voi.- il movimento che fece dopo mi fece rabbrividire, ma al tempo stesso sentii una scarica elettrica in tutto il corpo. Mi bació la mano come si vedeva in quei film vintage, quelli in bianco e nero, poi mi rivolse un sorriso.
Non ricambiai, voltai la testa di lato e ritrassi la mano.
Negli occhi di Simeon balenó una scintilla di malinconia e delusione e senza dire più niente lasció la stanza.
Caló un silenzio quasi imbarazzante in auella stanza, ma non feci caso dato che ero immobile a fissare una tela con il disegno incompleto.
Mi avvicinai e i pennelli erano incrostati dal colore delle tempere, come se non venissero puliti da anni, mentre sulle mani di pittura si poteva intravedere della muffa, ma che con un raschietto si poteva tranquillamente togliere.
Ero così ipnotizzata da quei colori e dalla tela che non mi accorsi di starci passando un dito sopra, ripassando i margini del paesaggio disegnato.

-Ti piace dipingere?- la voce della donna mi fece sussultare.

-Si...mi ha insegnato mia madre.- la vidi schiudere la bocca e poi richiuderla, come stupita. Caló nuovamente il silenzio, ma lei si avvicinó e si mise a fissare la tela. Potevo sentire il suo profumo e mi fece tornare all'infanzia: menta e gelsomino, mia madre adorava così tanto quella miscela di odori che casa nostra ne era completamente inebriata.

-Anche a Minerva piaceva dipingere.-
Simeon fece capolino della stanza. O meglio, forse era impalato sullo stipite della porta a fissarci da un pó.
Pensai alle sue parole. Minerva? Il mio spirito guerriero?

-Minerva? M-ma...lei era viva?- chiesi balbettando.

-Lei...- tentó di parlare Simeon.

-Non mi sembra il caso Simeon.- intervenne la donna e si avvicinó al ragazzo, dicendogli qualcosa all'orecchio.

-Non sto ad ascoltare una come te, sia chiaro.- le rispose il platinato. -Ashley, vieni. Ti porto alla tua camera.-
Ero curiosa. Non sapevo che cosa avessero detto ed ero sempre più vicina a sapere qualcosa di Minerva.
Seguii Simeon lasciandoci dietro quella donna, che fino a che non svoltammo corridoio continuó a seguirmi con lo sguardo. -Vediamo di cambiarti anche di vestiti. Quella divisa dell'El Dorado è inguardabile.- mi ritrovavo ad assecondare il suo pensiero. La divisa era attillata e scomoda e mi sembrava impossibile pensare a come i ragazzi dell'El Dorado riuscissero a giocarci pure a pallone.
Arrivammo davanti a una porta candida e Simeon la aprii, rivelando una camera bianca e luminosa, come anche i mobili ed il letto. -Ci sono alcuni vestiti nell'armadio.- disse Simeon, appena dietro di me.

-Grazie Simeon.- non mi accorsi fosse arrivato a pochi centimetri da me fino a quando non mi voltai. Sussultai alla vista del suo viso così vicino al mio e notai che mi stesse fissando le labbra. Qualcosa dentro di me voleva baciarlo. Ma il pensiero di Victor mi fece arretrare e volgere lo sguardo da un'altra parte, lasciando di stucco il platino.

-Di niente, Ashley...- non si congedó nemmeno ed uscii dalla camera.
Mi buttai sul letto, pensando a quanto volessi essere a casa, nel mio letto e sotto le mie coperte.
Quanto mi mancava Victor.
Mio padre.
Melanie.
Cosa stavano facendo? Stavano bene? Mio padre avrà sbroccato quando mi vide andare con Beta e Victor avrà fatto lo stesso.
Con mille pensieri per la testa mi addormentai sul morbido cuscino di quel letto.

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