1. They gonna clean up your looks

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HOLA!
Benvenuti in questa storia, che è il risultato di circa due anni di frustrante blocco dello scrittore che si è risolto all'improvviso con un eureka.

- I personaggi sono nati ispirati dai volti dei MCR, e in particolare Frank e Gerard, ma non è importante che li conosciate perchè si trattano appunto solo di prestavolto.

- È una storia di genere distopico e a tema lgbt. È anche la prima frerard, la prima storia gay e la prima storia distopica che scrivo: insomma, è nata come esercizio di scrittura ed è diventata molto, molto di più.

- Ci sono: linguaggio volgare occasionale, smut più avanti, angst a palate, riferimenti a un lutto familiare, ma nessun tema che riterrei particolarmente delicato. Se pensate che qualcosa potrebbe essere toccante per voi nella lettura, sentitevi liberi di scrivermi prima di iniziare per assicurarvi che nulla possa darvi fastidio.

Ultima cosa: il titolo viene da una foto di un fumetto (che non ho letto) che ho visto su pinterest e trovo sia perfetto in tutti i sensi per la storia. Il nome della città, Norna, è ispirato alle Norne, ovvero la versione norrena delle Parche, coloro che decidevano il destino delle persone prima della loro nascita. Spero di raccontare qualcosa che vi farà emozionare. Grazie di essere qui

PS. Questa storia è in costante editing, perchè sono un'eterna perfezionista insoddisfatta :)



Frank uscì dall'ufficio alle cinque in punto. Non un secondo di più, non uno di meno.

Si unì distrattamente ai suoi colleghi, che fluivano come formiche lungo i corridoi della MVPR Inc. Sagome silenziose che parevano esser state costruite in serie, tutte uguali nei loro completi eleganti e i passi misurati. Il battito sordo delle sue scarpe lucide si perdeva in mezzo a quello di tutte le altre, gli occhi rivolti all'uscita come tutti gli altri, un sorriso leggero sulle labbra identico a tutti gli altri. Aveva iniziato a lavorare lì da pochi mesi e già si sentiva soffocare.

Strinse la sua ventiquattr'ore tra le dita leggermente sudate della mano sinistra e fece un cenno di saluto a un paio di facce familiari. Solo quello conosceva di loro, le facce. Non era interessato a stringere alcun legame con quelle persone che non capiva, da cui si sentiva lontano anni luce. Si sistemò in fondo alla fila ordinata che aspettava l'arrivo dell'ascensore, come manichini in attesa di essere spostati. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo l'odore di plastica e pulito che pervadeva la stanza. Lo stesso odore che avevano tutte le stanze di tutti i grattacieli di tutta quella maledetta città.

Dio, non vedeva l'ora che venisse buio.

Dovette attendere ben tre turni prima che finalmente ci fosse posto anche per lui nella cabina. Si strinse tra gli altri, con le spalle dritte e la schiena rivolta alla porta per guardare fuori. Il sole di fine estate penetrava le pareti di vetro ed era tiepido sul suo viso. Si portò una mano al collo e allentò di poco la stretta della cravatta sulla sua giugulare, senza farsi notare. Aveva un rapporto di amore e odio con la luce del giorno, ma il riflesso aranciato del tramonto che gli infuocava le palpebre socchiuse era il momento più piacevole di quella giornata.

Le ante scorrevoli si chiusero e l'ascensore iniziò la sua discesa. Sarebbe scivolato giù dal centosessantunesimo piano alla terra ferma in una quindicina di secondi. Erano così in alto da non riuscire a distinguere le strade sottostanti. Così in alto da scorgere il bordo delle mura di cemento massiccio e grigiastro che chiudevano la città, claustrofobiche e insuperabili. O almeno così le vedeva Frank, che le osservò sovrappensiero finché la discesa non le nascose dietro ai palazzi circostanti.

How to disappear and never be found againWo Geschichten leben. Entdecke jetzt