29. You'll never fight alone

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E rieccoci belli di zia DOPO TROPPO TROPPO TEMPO MI DISP LA MIA VITA E' UN CASINO NON ODIATEMI come state? Siete ancora in preda a una crisi isterica per quello che tutti sappiamo e da cui non credo mi riprenderò mai più nella vita anche con decenni di terapia ovvero il RETURN per cui sto già facendo scorta di fazzoletti e porca zozza quanto vorrei essere lì per lanciare il reggiseno mutandine vestiti soldi casa vita tutto quanto alla panza di Gerard che è bello come il sole, e da quando party_poison_17 mi ha detto che non gli si chiuderà più la giacca della black parade non riesco ad immaginarmelo in nessun'altra maniera? Ma bando alle ciance e veniamo al dunque, che abbiamo lasciato il colpo di scena dello scorso capitolo in sospeso fin troppo a lungo e spero che siate ansiosi di leggere di più. Faccio schifo nelle scene d'azione, ve lo dico in anticipo.

E comunque se non ve ne siete accorti C'E' UNA NUOVA FRERARD IN CITTA', si chiama "The disadvantages of being cyborg" che è uno di quei titoli strani come i nomi delle band indie ma poi prenderà un senso, credo, di sicuro più dei Pinguini Tattici Nucleari, quindi andate a darci un'occhiata se vi va, che tengo molto anche a quella storia, e presto la aggiornerò giuro. E anche in quella Gerard ancora si radeva i baffi, quindi merita già solo per questo.

-2 SI D U E RAGA AIUTO ora basta un attimo di silenzio, torniamo nella tensione dello scorso capitolo. Siamo nel momento cruciale della storia. Sono emozionata, ho aspettato tanto questo momento. Pronti, via


Frank corse.

Di scatto, a perdifiato, inciampando sul suo corpo non preparato a seguirlo. Tra la gente, con l'aria che gli bruciava negli occhi, anche se con la macchina ci avrebbe messo di meno.

Non pensò di farlo. Corse e basta.

Il cuore era un martello muto che minacciava di farlo collassare sull'asfalto. Non sentiva nulla. Né i muscoli delle gambe che protestavano, né il petto che non riusciva a riempirsi, né le vertigini della paura.

Seguì il rumore degli spari che aumentava. Le occhiate spaventate delle persone, la direzione da cui si allontanavano. Sbattè il fianco contro il cofano di un'auto che quasi lo investì. L'impatto col metallo gli bruciò sulle ultime costole. Non rallentò.

Non sapeva se i suoi amici lo stessero seguendo o meno. Non ebbe il tempo di pensare che sperava non lo facessero.

Gerard. Gerard, Gerard.

Svoltò a destra così velocemente che sentì le suole slittare sotto i piedi.

In testa aveva i suoi occhi bellissimi, migliaia di pixel ripetuti su un muro scrostato. Un nome che era una bugia.

Il profumo del suo corpo quando dormiva, al sicuro accanto a lui.

E ora faceva freddo, e lui non c'era, e l'eco dei proiettili sibilava nell'aria.

Lo immaginò mentre spiegava a Lindsey un piano che sarebbe potuto uscire soltanto dal suo altruismo autolesionistico. Lo pensò mentre lo guardava, lo baciava, faceva l'amore col suo corpo, e sapeva che l'avrebbe lasciato. Gli aveva mentito. Gli aveva detto quello che sapeva sarebbe potuto diventare il loro ultimo addio, consapevole di mentirgli. Frank avrebbe voluto esserne arrabbiato.

E invece tutto ciò che sentiva era agonia. Un'ustione di dolore bianco che non avrebbe potuto trovare, radicata sottopelle.

La sua periferia visiva si macchiò di nero. Era in iperventilazione. Strizzò gli occhi. Corse di più.

I polmoni gli grattavano nel petto come sacchetti di carta. Gerard era lontano. Il pensiero che non fosse lì, stretto contro di lui, protetto tra le sue braccia, gli strappò un singhiozzo dalla gola.

How to disappear and never be found againDove le storie prendono vita. Scoprilo ora