19. You can run away with me anytime you want

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Sto pensando di mettermi a scrivere un'altra frerard. Ho delle cose in mente da un pò ma non so, per ora non mi convincono. Se qualcuno ha idee o commenti o qualsiasi cosa al riguardo, send help. Penso che certi tipi di storie, come le distopiche, manchino nel settore frerard. Vi lascio con un Gerard's pov che non si vedeva da un pò, doveva essere un capitolo facile e invece mi ha messo in crisi per giorni. La calma sta per finire... (sempre che sia mai iniziata) ♡ 






L'appartamento di Frank era straordinariamente silenzioso. Il salotto era infuso di una luce tenue, stelle artificiali brillavano nell'immagine riflessa tra le trame delle tende che serravano le finestre.

Gerard non era più abituato a tutta quella calma. Il silenzio era un'utopia, in un edificio stipato con decine di persone. C'era qualcosa di quasi allarmante, nell'improvvisa tranquillità che gli allentava i pensieri quando era lì. Era strano, e a tutti gli effetti illogico, ma in quel normale appartamento di prima periferia si sentiva al sicuro. Lontano dalla sua vita, dal compito che gli era affidato, dai pericoli che respiravano nel retro delle sue preoccupazioni, dalle voci e le facce che gli serpeggiavano intorno tutti i giorni. La casa di Frank era pacifica, familiare in un modo che lo faceva arrossire al solo pensiero. Persino i piatti ammassati nel lavello e i vestiti che scorgeva sul pavimento della sua stanza gli formicolavano dentro come segni di una dolce intimità. Lì dentro, erano solo Frank e Gerard.

Tutto ciò gli faceva venire voglia di lasciarsi andare. E la naturalezza dell'essere a proprio agio era un qualcosa di lontanissimo da Gerard, non solo per carattere ma soprattutto per dovere.

Proprio per questo, senza pensarci due volte, abbassò la cerniera della giacca della sua uniforme e se la sfilò, per lasciarla cadere sul tavolo della cucina. Mollò il fucile, si scosse i capelli, e tirò fuori la maglietta che indossava dal bordo dei pantaloni aderenti. L'atmosfera tiepida della casa era piacevole sulle sue braccia nude, raffreddate dalla pioggia fine che inumidiva quella serata. Dall'altra parte della parete, sentiva l'acqua scrosciare sul corpo di Frank e infrangersi sul pavimento della doccia. L'odore della sua cena ancora aleggiava nell'aria, la televisione in salotto era accesa ma muta. 

Si guardò intorno per passare il tempo, con gli stivali che squittivano appena sulle piastrelle chiare. Sfiorò le copertine di alcuni libri, la carta scrostata dal tempo, il bordo di un vecchio posacenere arrugginito. C'erano alcune fotografie, di quelli che dovevano essere stati sua madre e suo padre. In una di esse, stretto tra le braccia dei genitori, il viso di un bambino con un cappellino messo al contrario sulla testa e un paio di occhi furbi gli sorrideva di rimando. Aveva gli stessi capelli castani che gli ricadevano sulle orecchie, lo stesso ghigno da attira guai. Su una mensola, all'interno di una ciotolina con la scritta "I love San Francisco" che doveva essere un cimelio di suo padre, c'erano i tappi metallici di qualche bottiglia di birra. Gerard ci passò le dita in mezzo e quelli tintinnarono, attirando la sua attenzione coi loro colori. 

Frank non aveva alcun riguardo per la sua sicurezza; non gli importava che fossero, così piccoli e innocui, una prova abbastanza incriminante da farlo ammazzare. Quello era il suo regno, e lì dentro non poteva che essere ancora più sconsiderato di quanto già non fosse. Tra quei piccoli oggetti c'era la sua vita e Gerard si ritrovò a sperare di avere più tempo per scavarci dentro, cercare e imparare qualche pezzo di lui. Tutto quello era così diverso dalla piccola stanza spoglia in cui era costretto ad esistere Gerard, e avrebbe voluto conoscere tutto, sentirsi raccontare i ricordi della sua infanzia, figurarsi nella sua testa il sorriso ubriaco di Frank quando aveva stappato quelle bottiglie, sentire come suonava la sua voce quando scherzava con gli amici, ridere dei suoi gesti nervosi quand'era costretto ad allacciarsi una cravatta al collo la mattina. Era una sensazione bizzarra, inspiegabile. Lo faceva vergognare dei suoi stessi pensieri. Voleva tutto, di lui.

How to disappear and never be found againWhere stories live. Discover now