9. Beautiful people will ruin your life

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La storia la scrivono i vincitori.

Quella era una delle frasi che suo padre amava ripetere fino allo sfinimento, come piccole pillole di saggezza sparse qua e là nelle conversazioni. E a quella stava pensando Frank in quel momento, a quasi tre settimane dalla notizia della sua morte, nel mezzo di una riunione di lavoro, seduto a un tavolo troppo lungo e troppo lucido in una stanza con troppe distrazioni. Ricordava ancora la prima volta che l'aveva sentita, in una serata piovosa di un passato così distante e nebuloso da fargli dubitare che fosse stato realtà. La prima volta che aveva trovato uno dei libri che suo padre nascondeva nel doppio fondo di un vecchio armadio, nel corridoio semibuio della loro casa. Aveva la copertina stracciata, le pagine ingiallite, odorava di polvere e umidità. L'aveva fatto starnutire. 

Le bugie dei vinti diventano infamia, Frank. Le bugie dei vincitori, invece, diventano storia.

Libri come quello non se ne trovavano in giro. Nessuno dei suoi amici conosceva il nome di quell'autore, defunto chissà da quanto tempo. Frank aveva otto anni quando iniziò ad interrogarsi su ciò che lo circondava. Quando iniziò ad intrufolarsi in quel grande armadio di legno dalle pareti graffiate, mentre la casa era buia ed addormentata, con una pila tremolante tra le sue mani piccole e la curiosità che gli sbocciava dentro per colargli addosso come vernice brillante. Se provava a parlarne con i suoi compagni di classe, se anche solo nominava quelle strane parole di cui neanche lui conosceva il significato, quelli lo guardavano come se gli fosse spuntato un terzo occhio. Cos'è il proibizionismo? Cosa c'era prima della fondazione di Norna? Siamo noi i vincitori? Nessuno aveva voglia di porsi le domande che quella collezione proibita faceva sorgere spontanee. Nessuno ne sentiva il bisogno. E più suo padre gli diceva che essere strani era sempre meglio di essere mediocri, più la sua frustrazione cresceva.

Tanto vincitore non si sentiva, mentre guardava la città fumosa oltre le vetrate immacolate della sala riunioni. Il pomeriggio si trascinava lento e straziante, l'ultima luce di un tramonto nascosto dalle nuvole irrorava di una luce biancastra i palazzi circostanti e gli occhi di Frank la seguivano, annoiati. Stava seduto composto su una delle poltroncine color latte, coi pantaloni eleganti che gli stringevano leggermente i fianchi e l'orologio digitale al suo polso che sembrava chiamare la sua attenzione ogni due minuti. Era seduto lungo uno dei due lati lunghi del tavolo, accanto al suo capo, che teneva i gomiti fasciati dalla giacca blu sul legno lucido e parlava a ruota libera da un tempo interminabile. A quanto pareva era piuttosto soddisfatto del suo lavoro, abbastanza da fargli annusare una promozione. Davanti a lui, oltre l'altra fila di suoi colleghi che discutevano le manovre da applicare nel mese successivo, il panorama da cui non riusciva a distogliere lo sguardo. Non è che fosse granché, come vista. Maestosa, psichedelica, certo. Ma noiosa, anche. Monotona. Insipida. Iniziava a stargli stretta più che mai prima di allora. A volte, il pensiero che avrebbe trascorso tutta la sua esistenza davanti a quella stessa immagine gli faceva venire voglia di urlare.

<<Il nuovo spot a sfondo rosso ha fatto aumentare le vendite approssimativamente del due percento>>, disse invece, le parole ordinate e monocordi che gli scivolavano sulla lingua.

Il suo capo annuì concentrato e spostò lo sguardo dal tavolo a lui.

<<Quel due deve diventare almeno un tre e mezzo. Cosa mi dici di quell'indagine di mercato della settimana scorsa?>>.

<<Il dodici percento degli intervistati ha affermato di non sentire il bisogno di possedere una vettura propria>>.

Con quelle due frasi e un ultimo sorriso, si esaurì il contributo di Frank alla conversazione e lui poté isolarsi nuovamente.

How to disappear and never be found againOù les histoires vivent. Découvrez maintenant