22. Vampires will never hurt you

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Buongiornissimo amici! Come state? Ho un'ansia da prestazione per questo capitolo che HELP. So che queste spiegazioni sono state molto attese, quindi spero vi piaccia e non deluda le vostre aspettative! Scusate se ci è voluto un pó, ho tipo cambiato il capitolo mille volte. Quindi ditemi se vi aspettavate questo o avevate idee completamente diverse sul passato della nostra gerarda. Una cosa importante: se tutto va secondo i piani, -9 capitoli alla fine. Piango. Grazie di essere qui, di tutto, spero di avervi migliorato un pochino il lunedì, e alla prossima ❤️

- La parte in corsivo sono ovviamente ricordi -





Vuoto.

Tutto quello che Gerard riusciva a sentire, a vedere, a respirare persino, era vuoto. Ci sprofondava dentro con entrambi i piedi, come un mare così gelido da fargli perdere sensibilità ai nervi, ma mai abbastanza da affogarlo. Noia. Orizzonte piatto. Un'insoddisfazione di fondo, addirittura esistenziale, che non riusciva a scrollarsi di dosso neanche provandoci. Da tutta la vita.

Allungò un braccio per prendere la sua gomma smozzicata dal bancone e cancellò con rabbia sul foglio. La ributtò accanto a lui senza guardare e riprese a disegnare sulla pagina ora stropicciata, lisa per lo sfregamento. Calcò con la matita, rabbioso, tratteggiò e sfumò e annerì. Rosso. Ci voleva più rosso. Cercò il pastello accanto a sé e ne consumò la punta sul disegno.

Si accorse dell'ingresso di un cliente soltanto per lo scampanellio che lo accolse alla porta. Gli fece un cenno con le dita, lanciò un'occhiata giusto per assicurarsi che sembrasse un tipo a posto, e tornò a concentrarsi. Era rimasto in quella posizione per tutta la mattina, da quando aveva aperto il negozio e si era appeso al petto lo stupido cartellino che lo identificava come un membro dello staff – come se ce ne fosse bisogno, in quella stanza che non poteva superare i quaranta metri quadri nella quale si trovava solamente lui. Stravaccato sulla sedia sgangherata oltre la cassa, con le gambe sollevate e i piedi incrociati sopra l'angolo del bancone, il blocco da disegno appoggiato sulle cosce e i capelli neri che continuavano a cadergli sugli occhi. Ne spinse una ciocca spettinata dietro l'orecchio, proprio mentre il suo capo compariva oltre la porta.

<<Buongiorno>>, lo salutò, trattenendo un mezzo sorriso.

Il signor Pratt era un uomo sulla sessantina, con un parrucchino economico di capelli brizzolati e le ossa dello sterno che quasi si potevano contare sotto la camicia. Lo guardava sempre con una commistione di fastidio, pena e circospezione. A volte Gerard pensava che avesse persino paura di lui. Meglio così, fintanto che non lo licenziava. Infatti, rispose solamente con uno sguardo cauto e un gesto della testa, prima di sparire nel retrobottega. Gerard si fece sfuggire un ghigno e tornò a guardare il blocco. Gli serviva un bel giallo. Uno di quelli brillanti, che stavano solamente nei suoi disegni, mai nelle strade che aveva intorno. Chiuse il taccuino disordinato con uno schiocco, incastrando i fogli volanti sotto la copertina.

<<Visto che è qui, io andrei>>, avvisò ad alta voce, mentre infilava alla rinfusa i suoi pastelli nello zaino consumato.

Non ricevette risposta. Quello valeva come un sì, per il signor Pratt. O forse anche come un no, ma probabilmente non l'avrebbe mai scoperto. In realtà, il signor Pratt era stato una manna dal cielo per lui. Quel ruolo di commesso in un negozietto di cianfrusaglie era l'unico lavoro che fosse riuscito a trovarsi. Senza un titolo di studio che valesse più di una firma su un foglio di carta, senza aspirazioni né alcuna intenzione di guadagnarsi veramente i soldi che prendeva, non era esattamente un candidato appetibile. Ma anche il signor Pratt non aveva poi tanta voglia di impegnarsi, e in quel quartiere non poteva aspettarsi un dipendente migliore.

How to disappear and never be found againWhere stories live. Discover now