La cura.

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Dopo aver finito di cenare, prima di alzarci da tavola, restammo un po' a chiacchierare e
mentre Sebastian accendeva la televisione, aiutai sua madre a sparecchiare.
Volevo rendermi utile e non starmene con le mani in mano a far nulla, quindi cominciai a posare piatti, posate e bicchieri nel lavello.

-Grazie per l'aiuto Margo, ma prima che tu vada da Sebastian, io e mio marito volevamo dirti che siamo orgogliosi che tu sia la persona che nostro figlio ha scelto.
Non avremmo potuto desiderare di meglio per lui.- esordì Heike.

-Per quel poco che ti abbiamo conosciuta, ci sei apparsa subito disponibile, cordiale e allegra, proprio come ci aveva descritto Sebastian. Vogliamo darti il nostro benvenuto in famiglia.- continuò Norbert, suo padre.

Ero rimasta davvero a bocca aperta.
Alle loro parole mi cadde una lacrima, di commozione, di gioia.
Non riuscivo a credere di avere di nuovo una famiglia.
Era da tanto, troppo tempo, che non sentivo quella parola.
Mi asciugai velocemente gli occhi ed Heike mi abbracciò.
Sebastian si avvicinò a me e mise entrambe le mani sulle mie spalle guardandomi negli occhi.

-Vuoi salire e parliamo un po'?- ancora non riuscivo a comprendere come facesse a leggermi negli occhi.

Scossi la testa per risposta; dopo aver augurato la buonanotte ed esserci congedati, andammo nella sua stanza.
Si sedette sul letto e mi prese le mani.

-Non potrei essere più felice di così.-
-All'inizio, quando parlavo di te ai miei genitori erano abbastanza diffidenti, dopo la brutta esperienza che ho avuto con Hanna...- aggiunse.

Era comprensibile che ricordare, per lui fosse ancora doloroso.

-Seb, se non vuoi far riemergere questi ricordi, possiamo parlare d'altro.- risposi rassicurandolo, ma lui sembrò deciso a raccontare ciò che gli era accaduto.

-No, affatto. Lei è un capitolo chiuso ormai da tempo; anzi, parlartene non potrebbe che aiutarmi a dimenticare tutto.
Io e lei abbiamo condiviso tanti bei momenti; alcuni, nonostante mi imponga di dimenticarli, ormai sono indelebili.
Siamo stati insieme dal liceo fino all'anno scorso, ma la nostra relazione anche se non era stata ufficialmente "troncata", si era conclusa già da tempo: non c'era più amore come una volta, anzi, non ce n'era proprio.
Mi accorgevo che ogni giorno che passava, con me, era sempre più fredda e distaccata, cercava sempre di accampare scuse quando le chiedevo di stare un po' assieme e, quando eccezionalmente accettava, finivamo sempre per litigare e aveva anche la faccia tosta di insinuare che la colpa fosse mia, che quello cambiato fossi io, ed ero così stupido che ci credevo.
Da ragazzini eravamo più maturi e adulti di adesso: almeno, i problemi e le incomprensioni ce li sbattevamo in faccia e li risolvevamo insieme; ma, crescendo, ci siamo nascosti davanti alle difficoltà e abbiamo finto che andasse tutto bene, vivendo all'interno ad una bolla di ipocrisia.
Poi siamo arrivati ad un punto senza ritorno; io mi ero stancato di farla giocare con i miei sentimenti, così le ho rinfacciato tutto. Abbiamo litigato, lei ha aperto la porta, se n'è andata e non è più ritornata.
Non si è fatta più sentire, né io l'ho più chiamata.
Ho sofferto, ho pianto, mi sono maledetto per averla lasciata andare, ma è stata la cosa più giusta da fare, per quanto mi riguarda.
A volte avrei voluto solo essere accettato così come sono, senza per forza dover giustificare il mio comportamento e i miei sbalzi d'umore.
Senza dover fare la lista dei miei difetti e, credimi, sono tanti.
Avrei voluto qualcuno, che chiamasse i miei difetti qualità e non una persona che mi giudicasse dalla mattina alla sera.
Ero in frantumi, il mio cuore era in frantumi e, ringrazio Dio di averti incontrata, perchè sei riuscita con amore e pazienza a rimetterne insieme tutti i pezzi.
Grazie a te, sono di nuovo io e, nonostante i problemi, riesci a farmi tornare di nuovo il sorriso.
Promettimi solo di non abbandonarmi, anche se sono così complicato, senza te, io...- si bloccó, non riuscendo ad andare avanti.

I suoi occhi erano talmente lucidi, che sembrava sul punto di esplodere in un pianto e, così accadde.
Non appena mi avvicinai per abbracciarlo, mi sentii le gote bagnate dalle sue lacrime.
Gli presi il viso tra le mani e accarezzandogli le guance, cercai di incontrare il suo sguardo, che fino a quel momento era rivolto verso il pavimento.

-Seb, guardami...guardami negli occhi. Io non ti abbandoneró mai.- Avrei voluto dargli più conforto, avrei voluto fare sentire di più la mia vicinanza, ma in quel momento, ogni parola nonostante sembrasse rassicurante, mi sembrava così scontata.

Finalmente riuscii ad incontrare i suoi occhi color ghiaccio, gli stessi occhi che la prima volta che li vidi, mi fecero innamorare perdutamente, ora solo più lucidi, più rossi, più stanchi.

-Io resterò con te, Seb. Resterò con te perché sei la cosa più bella che mi sia mai capitata. Può sembrare banale, ma lo sei. Resterò con te perché da quando ci sei tu, sorrido constantemente, perché la tua sola presenza, mi fa stare bene. Resterò con te, perché sei l'unica persona che mi ha dimostrato quanto fossi importante. Resterò perché ti amo e non posso immaginare la mia vita, senza di te.- aggiunsi.

Subito mi distesi e lo attirai a me, lasciando che appoggiasse la testa sul mio petto, accarezzandogli il viso e dandogli un bacio sulla fronte.
In quel momento mi venne in mente una canzone "La cura" di Franco Battiato.
Quando la compose, nel 1996, ero ancora molto piccola, avevo soltanto cinque anni, ma ricordo ancora che quando la sentivo passare in radio, mi faceva commuovere, tant'è che chiedevo sempre di cambiare stazione, se veniva trasmessa.

"Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali,
Lo spazio e la luce
Per non farti invecchiare
E guarirai da tutte le malattie,
Perché sei un essere speciale,
Ed io, avrò cura di te."

Pensavo che fosse una canzone triste, ma non perché ne conoscessi le parole, bensì per la parte strumentale; crescendo capii che era un vero e proprio inno all'amore, così cominciai a riascoltarla.
Mi risvegliai dai miei pensieri e notai che Sebastian si era addormentato sul mio petto, con ancora i vestiti della giornata, perciò per non svegliarlo, non mi cambiai nemmeno io.
Così allungai il braccio fino ad arrivare all'interruttore della lampada da comodino, ma prima di spegnere la luce, lo guardai dormire e gli sussurrai:

"Io sì, che avrò cura di te."

SPEED|| Sebastian VettelWhere stories live. Discover now