Fifth rule: fall in love with me.

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La giornata di Ridley non stava per niente andando nel migliore dei modi.
Si era proposta di restare in quell'inferno che i genitori comunemente chiamavano scuola solo per vedere lui, il suo amore platonico, che frequentava lo stesso corso.
Il problema era che, lei, in quell'edificio, per quanto le costasse ammetterlo, aveva passato i momenti migliori della sua giovinezza. Non poteva certo definirsi un topo da biblioteca, ma ciò per cui era più portata nella sua misera ed inutile vita era indubbiamente lo studio.
Aveva una dote naturale nel ricordare tutto, persino i dettagli più stupidi. Se qualcuno glielo avesse chiesto, probabilmente avrebbe saputo dire anche come si vestiva Napoleone quando non era impegnato in una delle sue campagne militari.
La sua fortuna stava in un'innata curiosità, che la spingeva a chiedere qualsiasi cosa le passasse per la mente e a svolgere ricerche anche sugli argomenti più inutili.
Ma ciò che probabilmente la caratterizzava maggiormente, rendendola per certi aspetti strana, era la sua passione per l'orrido.
Ogni cosa fosse in qualche modo gotica, macabra, terrificante e persino sadica, Ridley la amava a dismisura. Non sapeva da dove le derivasse il desiderio di conoscere i particolari più spaventosi di ogni mondo, ma era talmente affascinata dalla morte e dal mistero da conoscere riti e costumi legati al sangue e a pratiche disgustose di qualsiasi popolo e cultura.
E tutto questo, naturalmente, non poteva che essere in contrasto con il suo viso quasi angelico, la sua attitudine da brava ragazza e la sua impeccabile educazione.
Ridley godeva di una reputazione invidiabile, a scuola e fuori. Aveva numerosi amici che le volevano bene, un fratello amato ed intelligente quanto lei e genitori fantastici.
Insomma, la sua si poteva definire la vita perfetta, in fin dei conti.
Lei, dal canto suo, non aveva mai infranto le leggi, quelle delle società, quelle delle scuola e quelle di casa sua. Rispettava sempre le regole e questo la faceva sentire in qualche modo orgogliosa di sé, ma, forse, era proprio questo andamento regolare della sua vita a spingerla a trovare una via d'uscita che di dolce, delicato e felice aveva ben poco. La sua era una passione di cui nemmeno i suoi migliori amici erano a conoscenza e, certo, lei non ne avrebbe fatto parola con nessuno data la stranezza del caso. Pensava che l'avrebbero presa per pazza.
Soprattutto il ragazzo per cui aveva una cotta -ma più che altro un'ustione- da quasi tre anni.
Ecco perché sentiva che la giornata non sarebbe andata affatto bene: quella mattina si era tagliata con il coltello in mensa, mentre lo fissava come un'idiota. In pratica come faceva ad ogni pausa pranzo da tre anni a quella parte.
Il problema era che aveva perso sangue dalla ferita e lei, paradossalmente, odiava il suo sangue. Era un brutto segno, per quanto la riguardava. E ora, mentre era lì in biblioteca ad aspettare qualcuno di cui non le avevano detto assolutamente nulla, il taglio aveva ripreso a sanguinare.
«Ti serve una mano? Forse ho un cerotto in cartella» esordì qualcuno alle sue spalle, facendola sobbalzare. Si voltò, ritrovandosi di fronte quello che probabilmente era il ragazzo che avrebbe dovuto aiutare. Lo osservò curiosa, come era naturalmente portata a fare: non lo aveva mai visto a scuola, stranamente.
«No, grazie, sto bene così.» Il ragazzo si sedette di fianco a lei, davanti al lungo tavolo in legno della biblioteca.
«Sicura? A me sembra che tu stia perdendo un po' troppo sangue. È una brutta ferita, non credi? Dovresti disinfettarla» osservò, prendendole la mano. Il primo impulso di Ridley, ovviamente, fu quello di ritrarsi, ma il modo in cui lui si mise ad esaminarle il taglio, la spinse a lasciarlo fare.
«No, davvero... io credo che vada bene così. Non fa male» ammise la ragazza. Odiava i cerotti. Lui alzò le spalle con noncuranza.
«Come ti pare, però non sporcarmi i libri che sono nuovi» disse quindi lui, tirando fuori un pacco di libri e quaderni ancora bianchi.
«Quindi... immagino tu sia qui per il corso di recupero, giusto?» chiese titubante Ridley. A dir la verità le pareva strano dato che lui doveva avere almeno due anni in più di lei, era decisamente più che sedicenne.
«Mi hanno detto di venire in biblioteca al tavolo dieci. È questo, giusto?» domandò lui, stirando le gambe e le braccia. La ragazza annuì e pensò a come portare avanti quella conversazione. Aveva preso parte a quel progetto a scopo puramente personale, tuttavia sapeva di essere perfettamente in grado di aiutare degli studenti in difficoltà e soprattutto sapeva che pochi -o forse nessuno- lo avrebbero fatto meglio di lei. A dirla tutta aveva ancora qualche perplessità sull'età di quel ragazzo, ma se lo avevano affidato a lei sicuramente avevano avuto un valido motivo per farlo.
«Sì, è giusto. Io sono Ridley, piacere» si presentò, allungando la mano. Il ragazzo la strinse con energia, sorridendole. Aveva labbra molto carnose e un sorriso splendido. In quel momento non le pareva più tanto grande, c'era un che di infantile e splendido in quel sorriso. Era indubbiamente uno dei più belli che Ridley avesse mai visto e temette di sprofondare nell'imbarazzo quando si rese conto di averlo pensato.
Distolse lo sguardo, perché lui non notasse le sue guance probabilmente già colorite sulla pelle bianca.
«Ridley... che nome strano» mormorò lui, probabilmente più a se stesso che alla ragazza.
«Già... è un nome da ragazzo, ma c'è anche la variante femminile. Sai... a mio padre piacciono i nomi particolari, ecco. Però può chiamarmi Rid, se ti va» esclamò, prendendo a malapena un po' d'aria. Era sempre così quand'era nervosa: cominciava a parlare a raffica ed era difficile fermarla.
Lui sembrò pensarci un attimo, poi sorrise di nuovo.
«Bene, Rid, io sono Michael, ma puoi chiamarmi Mike se ti va.» Ridley annuì sollevata, nonostante l'aspetto sembrava simpatico.
Indossava una t-shirt bianca semplice, pantaloni neri molto stretti e molto, molto a vita bassa, il tutto coronato da una giacca di pelle che rendeva il complesso decisamente sensuale, per quanto le costasse ammetterlo. I suoi capelli, che sembravano neri, erano schiacciati sotto un cappellino di lana nero.
Non era decisamente il tipo di ragazzo che normalmente sarebbe piaciuto a Ridley, però doveva riconoscere che era stranamente affascinante, in un modo del tutto suo.
Quello che più l'aveva colpita, oltre al sorriso, erano i suoi occhi che, in un primo momento, non seppe giudicare se fossero azzurri o verdi. Erano chiari e dentro poteva leggervi una strana inquietudine, come se qualcosa lo turbasse.
«Bene, Mike... allora... da dove dovremmo cominciare?» chiese, esitante. Temeva di non poterlo aiutare come avrebbe dovuto.
«Beh, ecco... è che mi sembri... piccola» farfugliò lui, distrattamente. Ridley si sentì andare a fuoco: detestava quando le dicevano che era piccola.
«Ho sedici anni! Non sono piccola!» sbottò. Michael non poté far altro che sorridere, vedendola arrabbiarsi così. Aveva subito pensato che dovesse essere una ragazza molto dolce.
Ridley aveva uno di quei visini tipicamente angelici. Grandi occhi verdi scuro e grigi, che Michael trovava bellissimi, ma nascosti sotto un paio di occhiali neri dalla montatura elegante. I capelli biondi erano raccolti in una coda alta e le lasciavano scoperto il collo, anche se i suoi vestiti, a differenza di quelli di molte ragazze, non lasciavano intravedere molta pelle.
Aveva un tenero naso un po' a patata, addolcito da una fila di lentiggini appena sotto gli occhi.
Probabilmente era una di quelle brave ragazze tutte casa, chiesa e scuola. Però non gli dispiaceva, sembrava simpatica.
«Beh... io ne ho diciannove, però!» ammise lui, facendole notare la loro differenza d'età. Gli era parso strano che lo avessero affidato ad una ragazza tanto piccola per aiutarlo a recuperare nello studio.
«Beh... ti stupirò, allora!» Michael le sorrise dolcemente, divertito dal suo fervore.
«Comincia a dirmi perché sei qui, tanto per iniziare» aggiunse quindi, dando un'occhiata ai suoi libri.
«Beh... andavo in un'altra scuola, ma... mi sono dovuto trasferire qui per vari motivi. Diciamo che non sono una cima a scuola, ecco. Quindi... avrei bisogno una mano» ammise, leggermente in imbarazzo. Era rimasto sul vago, non gli andava di dirle il vero motivo per cui era in quella scuola.
«D'accordo... allora, beh... dimmi da cosa vuoi cominciare» propose Ridley, squadrandolo. Lui alzò le spalle e additò il libro di storia.
«Sono arrivato qui tre giorni fa e mi sono già perso. Il programma qui è leggermente diverso rispetto a quello della mia vecchia scuola. Pensi di riuscire ad aiutarmi a ricordare le cose?» domandò. Beh, non ci sarebbero stati problemi se era tutto ciò che gli serviva. Ricordare le cose era sempre stato il suo forte.
«Certo. Comincia a sottolineare i concetti fondamentali, poi ti mostro come fare qualche schema efficace per sistemare bene le cose» spiegò quindi, aprendo il libro sotto gli occhi di Michael che, dopo aver preso un profondo respiro, si decise finalmente a studiare dopo tanto tempo.
Stavano lavorando da quasi dieci minuti quando lui arrivò, il ragazzo dei sogni di Ridley, l'unico motivo per cui lei aveva accettato di partecipare a quello stupido progetto di recupero. Sussultò quando si sedette al tavolo di fronte al loro e abbozzò un sorriso che lui probabilmente non notò nemmeno. Era sempre così. Tutti i pomeriggi si metteva a studiare di fronte a Ridley e la degnava a malapena di un saluto quando era fortunata.
«Dovresti smetterla di fissarlo così. Non è il metodo giusto.» Michael attirò la sua attenzione, facendola sussurltare. Sentì le guance andare a fuoco e pensò di mentire, per mantenere una parvenza di dignità.
«I-io... non stavo...»
«Rid... ti conosco da meno di venti minuti e ho già capito che sei cotta di lui. Lo vedrebbe anche un cieco. Lo stai fissando! Andiamo! Come si chiama?» Ridley abbassò il capo, più imbarazzata che mai.
«Ashton. Ashton Irwin» mormorò, ancora sconvolta.
«Uhm... e in quanti sanno che sei pazza di lui?» domandò ancora Mike, alzando il viso per guardare l'oggetto dei desideri di Ridley.
«Oh, beh... mio fratello e i i miei amici. È bellissimo, vero?» cominciò a divagare, come sempre quando si parlava di Ash. Era da sempre il suo punto debole.
«Beh... io di solito guardo l'altro sesso, ma devo ammettere che obiettivamente è un bel ragazzo. Da quanto va avanti questa storia?» domandò ancora. Non aveva ancora fatto nulla da quando era in quella scuola e le vicende amorose di quella ragazzina tutta pudore e vergogna lo intrigavano.
«Beh... circa tre anni. Da quando sono qui» mormorò, sempre più imbarazzata. Michael non la conosceva nemmeno e già si permetteva di farle domande così private. Era decisamente troppo sfacciato per i suoi gusti.
«Bene. Io penso che oramai se ne sia accorto anche lui. Senti... e se ti proponessi un patto, per esempio?» Non aveva davvero voglia di annoiarsi in quel posto, magari con Rid si sarebbe divertito. Lei sembrava così ingenua che avrebbe potuto farle credere ogni cosa. Ad ogni modo l'avrebbe anche aiutata comunque.
«C-Che... che tipo di patto?»
«Beh... visto che nessuno ti paga per darmi ripetizioni... per ripagarti della tua fatica ti aiuterò a conquistare Ashton» spiegò, testando la sua reazione.
Ridley lo fissò sorpresa. Non sapeva davvero come si stesse permettendo di entrare così tanto dentro la sua vita, ma qualcosa la spingeva a dargli retta. D'altronde aveva buttato via tre anni della sua vita dietro ad Ash senza concludere nulla. Forse era ora di accettare qualche consiglio.
«E come pensi di fare ad aiutarmi?» chiese, incuriosendosi.
«Beh, ecco... dovrai seguire cinque semplici regole per conquistarlo» spiegò il ragazzo. Ridley non era convinta, ma d'altro canto seguire le regole era il suo pane quotidiano.
«Quali regole?» Lui sorrise, quella volta in modo più malizioso.
«Prima: sii sensuale» cominciò, squadrandola poco convinto. Lei sbuffò, esasperata, esortandolo a continuare. «Seconda: parla di argomenti che gli interessano... non so, calcio o altri sport. Terza: riempilo di complimenti sui suoi risultati. Anche per le cose più stupide. Quarta: impara a cucinare. E la quinta è la più importante.» Ridley deglutì preoccupata. Non era pronta per nessuna di quelle regole, non sapeva cosa aspettarsi dall'ultima.
«E quale sarebbe la quinta regola?» Lui rise, notando il suo imbarazzo.
«Innamorati di me.» Ridley sgranò gli occhi, scioccata. Si ritirò sulla sedia, guardando Michael come se avesse detto una pazzia.
«C-Cosa? Ma che... che significa?»
«Significa che fingerai di essere innamorata di me, se accetti il mio aiuto. È risaputo che noi ragazzi ci rendiamo conto di quello che potevamo avere solo quando è di qualcun'altro!» spiegò, sicuro. Ridley seppesò le parole per qualche secondo, preoccupata. Avrebbe dovuto accettare? Michael le metteva ansia, per qualche strano motivo.
«D'accordo. Ci sto!»
Sapeva già che se ne sarebbe pentita.

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Buonasera ragazzuole :)

Ho appena finito di fare i biscotti al cocco, gnaam.
By the way, questo è il primo capitolo e sia io che Giada, speriamo vi piaccia.
Questa Fan Fiction è dedicata a tutte le Ashton's girls e.... A tutte le Michael's girls, come noi ahahha. Ho notato che ci sono poche FF su di lui, in confronto a tutte le altre, ed è anche per questo, quindi, che ho deciso di trascrivere Disobey. Tra l'altro, cosa di cui mi sono dimenticata di parlarvi, questa Fan Fiction è la quinta tra le più popolari del Fandom 5 Seconds Of Summer, sul sito di EFP, quindi beh, speriamo di non deludervi, e sappiate che ne varrà la pena (detto da lettrice a lettrici :D). Fatemi sapere cosa ne pensate, con commenti e stelline a volontà, farebbe piacere sia a me, e ne sono sicura, anche a Giada (verrà informata di tutto, don't worry) Personalmente adoro quando il capitolo si intasa di commenti, quasi ci fosse un botta e risposta tra coloro che seguono la storia. Anche solo per dirmi: Sara, parla di meno, e copia di più ahahahah. Ora vi lascio, aggiornerò tra 4/5 giorni, non di più, I swear.
Un bacione, Sara.

Disobey.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora