New Life.

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Ed eccoci qui con l'ufficiale, ultimo capitolo di Disobey... Sostanzialmente è un epilogo.
Se siete sensibili, prendete i fazzoletti e tenetevi forte!
Buona lettura :)

****

*7 ANNI DOPO*

Il suono acuto e penetrante di un'interferenza, costrinse tutti gli invitati a voltare lo sguardo verso il dj. Il ragazzo sorrise impacciato, ma, in fondo, grato di essere riuscito ad attirare l'attenzione tanto facilmente.
Picchiettò delicatamente due dita contro il microfono e si schiarì la voce, indicando con un ampio gesto della mano l'ingresso del locale.
«Signore e signori, con immenso piacere, ecco a voi il signore e la signora Hood!» Uno scrosciante applauso, corredato da fischi di approvazione e urla di gioia, accompagnò l'entrata di Calum, con il miglior sorriso che tutti gli avessero mai visto stampato in viso, un completo gessato che lo faceva sembrare tanto più grande e maturo di quanto in realtà non fosse e la sua mano, arricchita da una scintillante fede dorata, stretta in quella di Helena, sua moglie.
Ridley li guardò entrare e pensò che non ci fosse nulla di più bello di suo fratello e della sua migliore amica insieme, i loro sorrisi in quell'istante sarebbero stati in grado di illuminare persino un'intera città colpita da un black-out.
Helena, che per lei sarebbe sempre rimasta la piccola ragazzina dai codini sbarazzini, l'amica del cuore a cui confidare tutti i segreti, ora camminava fiera su un paio di scarpe che le ricordavano tanto quelle di cristallo di Cenerentola, stringendo la mano di Calum, che ora era suo marito, sollevando come meglio poteva l'ingombrante e pesante gonna del suo abito bianco. Lo strascico, riempito di fini perline argentate, occupava più spazio di quanto il locale ne avesse a disposizione.
Helena lo lasciò cadere a terra solo per sollevare la mano libera in un veloce gesto di saluto, mentre gli invitati riprendevano posto ai loro tavoli. Fu a quel punto che sentì tirare il tulle della gonna e, inclinando leggermente la testa, notò quella piccola manina che stringeva il suo abito.
«Oh, ciao piccola Zoe! Ma sei bellissima! Fatti un po' vedere!» esclamò contenta, lasciando la mano di Calum e inginocchiandosi di fronte alla bimba bionda. Zoe le sorrise e cercò di farsi strada in mezzo alla gonna per abbracciare Helena con le sue piccole braccia.
«Tu più bella, zia Helena! Sei principessa!» biascicò, facendo sibilare tutte le lettere perché le mancavano un paio di dentini.
«Zoe, amore... vieni da papà, dai, lascia stare la zia che ora deve andarsi a sedere. Vieni qui con me e Davìd, andiamo dalla mamma, dai» la incoraggiò Luke, tendendole la mano. Helena la salutò e la guardò allontanarsi insieme a suo padre. Luke la fece sorridere perché, nonostante i capelli perfettamente pettinati -come sempre da quando lo conosceva- e il completo che lo faceva sembrare tanto professionale, profonde occhiaie scavavano i suoi occhi chiari. La ragazza, come probabilmente qualsiasi altra con un occhio un po' esperto, notò che erano celate da un leggero strato di correttore, probabilmente applicatogli da Alice. Helena immaginò che dovesse passare intere notti insonni, ma lui era felice e questo era tutto ciò che contava.
Zoe si sedette buona buona sulla sedia di fianco ad Alice che, con la mano libera, le sistemò i capelli, intrecciati in una piccola coroncina di fiori rosa pastello.
Helena era riuscita, per una volta, a mettere d'accordo lei e Davìd in modo che portassero le fedi all'altare senza litigare e cominciare a tirarsi i capelli a vicenda. Alice e Luke non sapevano come ci fosse riuscita, ma Hel aveva un potere straordinario quando si trattava di bambini.
Zoe e Davìd, anche se eterozigoti, si somigliavano in molti aspetti. Come era naturale, visti i genitori, avevano entrambi i capelli biondi; quelli di Davìd erano lisci e corti, mentre quelli della sua gemellina erano mossi come quelli della mamma. La diversità principale tra loro due stava negli occhi: Zoe aveva ereditato quelli verdi di Alice, chiari e brillanti; Davìd, invece, aveva preso una caratteristica tanto rara quanto particolare e bella: aveva un occhio azzurro e uno verde, anche se la differenza non era nettissima.
«Amore puoi dare da mangiare a Joel, per favore?» chiese Alice, allungando il bimbo che aveva in braccio a Luke. Il ragazzo sbuffò sonoramente, massaggiandosi le tempie prima di prendere in braccio Joel.
«Non puoi farlo tu, Ali?» domandò in tono supplichevole, cercando di addolcirla con quei suoi profondi occhi azzurri che l'avevano sempre fatta cedere. Erano come quelli di Joel e Luke, in quel bambino, si rivedeva molto simile. Lui e Joel erano praticamente identici, molto più di quanto gli somigliassero i due gemelli.
Alice si accarezzò il pancione, ormai al secondo mese, grosso e teso sotto l'abito verde che aveva difficoltosamente scelto insieme a Luke e Ridley.
«Dai, Lukey, per favore, sono stanca» mormorò, il tono dolce che avrebbe dovuto intenerirlo, perché poi, quando Alice lo guardava così, Luke non sapeva dirle di no. Non ci era riuscito per tre volte e ora si ritrovava a dover dare latte ad un bimbo di sei mesi che, per sua fortuna, era fin troppo tranquillo, con due bambini di tre anni aggrappati alle gambe che bisticciavano tra di loro per ogni minima sciocchezza e una fidanzata incinta che ingigantiva la situazione solo per sfruttarlo fino all'osso. Se avesse chiuso gli occhi probabilmente si sarebbe addormentato con Joel in braccio.
Il bimbo bevve avidamente il latte, come se non mangiasse da secoli, quando invece il sia lui che Alice sapevano che il loro piccolo maialino mangiava fin troppo. Si staccò dal bieberon e, dopo aver digerito, scoppiò improvvisamente a piangere.
Luke guardò Alice, disperato: nonostante fosse al terzo figlio, non aveva ancora imparato ad interpretare i bisogni dei suoi bambini, soprattutto quelli di Joel che, spesso e volentieri, scoppiava in lacrime senza un motivo apparente.
«Ehi! Come procede la Hemmings FA?» domandò Ashton, sorprendendo alle spalle Luke, che sobbalzò con Joel ancora tra le braccia. Si voltò appena per fulminare l'amico con un'occhiataccia.
«Hemmings FA?» chiese Alice, confusa e curiosa. Luke sospirò.
«Sta per Hemmings Football Association, in pratica ci ha chiesto come procede la squadra di calcio Hemmings» spiegò, indicando i bambini con un cenno del capo.
«Oh. Pensate sempre a queste cose, voi altri!» si lamentò Alice, cercando subito approvazione nello sguardo divertito di Brianna, che si fece consegnare da Luke il piccolo Joel. Lo dondolò un po' tra le braccia e lui, subito, smise di piangere, con grande disappunto di Luke.
«Va abbastanza bene, sto aspettando il centravanti» ironizzò Luke, indicando il pancione di Alice, poi continuò: «Ma Zoe è un po' debole sulla fascia.» Ashton scoppiò a ridere e, dopo aver gettato un'occhiata furtiva a Brianna, sorrise a Luke.
«Spero di potertelo sfornare io un fuoriclasse, presto» sussurrò, sperando che la sua ragazza non lo sentisse. Luke alzò gli occhi al cielo, divertito, e gli schioccò un occhiolino.
Ashton sapeva bene che Brianna preferiva non avere figli ancora, non perché non li volesse, semplicemente perché continuava a ripetere di essere ancora giovane e di voler prima finire di sistemare la casa.
Bree aveva finito l'ultimo anno di liceo in Francia e lei ed Ashton avevano deciso di non mettersi insieme finché non avessero trovato una soluzione che andasse bene per entrambi. Volevano vedere come funzionavano le cose anche stando distanti l'uno dall'altra. Alla fine delle scuole superiori, però, nessuno dei due aveva più resistito e Brianna aveva deciso di trasferirsi in Australia, felicemente accolta dalla famiglia di Helena.
Si era iscritta alla stessa facoltà di Ash e avevano entrambi studiato economia, stavano insieme da quel momento e da poco erano riusciti a comprare casa insieme. Convivevano da circa un anno e le cose andavano per il meglio, ma Bree era decisa a finire di arredare la casa e di sistemare tutto per bene, tra abitazione e lavoro. Ash sapeva anche che, prima di avere figli, era intenzionata a sposarsi e probabilmente non l'avrebbe fatta aspettare a lungo. Aveva desiderato per tutta la vita una famiglia da sogno e, nonostante i litigi e le incomprensioni, sapeva di poterla costruire con lei.
Ashton e Bree, finiti gli studi, avevano deciso di aprire un locale, lo stesso in cui quel giorno si teneva il ricevimento di nozze di Helena e Calum. Tutto sembrava andare per il meglio e il loro pub era diventato il punto di riferimento per i ragazzi del paese, grazie anche al contributo di Michael. Ashton doveva ammettere di aver trovato in quel ragazzo, all'apparenza inaffidabile, un ottimo collaboratore.
Luke e Alice, invece, ormai convivevano da più di due anni, da dopo la nascita dei gemelli. Luke era sparito dalla circolazione per un po', sommerso da pannolini e ciucci, ma era così felice che il sorriso dei suoi bambini lo ripagava di tutte le fatiche.
Alice, incoraggiata da lui, aveva cominciato l'università, terminata con non poca difficoltà con un enorme pancione, ma ora lavorava in un'importante azienda ed era una mamma fantastica. Luke era veramente fiero di lei. E lo stesso poteva dire Alice di lui.
La seconda gravidanza di Alice, subito dopo l'aborto del primo bambino, era andata a gonfie vele nonostante le preoccupazioni di entrambi e Luke, il suo Luke, così infantile e scapestrato, sembrava essere diventato il perfetto uomo di casa. Aveva terminato il liceo trovando qualche lavoretto part time, per potersi poi permettere l'università. Dato che la matematica pareva essere la sua unica fonte di ispirazione, aveva seguito quella strada e ora lavorava in una banca, anche se, a dirla tutta, la sua vera vocazione sembrava essere quella di fare il padre a tempo pieno.
La morte del primo figlio lo aveva segnato così tanto che, una volta pronti entrambi, Luke non aveva resistito e aveva pregato Alice di costruire una famiglia insieme. Certo, nessuno dei due si sarebbe mai aspettato che, addirittura, il famoso destino da cui Luke era ossessionato, avrebbe regalato loro due meravigliosi bambini in un colpo solo. All'inizio per entrambi era stato difficile abituarsi, ma ora se la stavano cavando molto bene. E, se anche Joel era stato deciso sin da subito, il nuovo arrivato non era mai stato nei loro piani. Come anche quel cane rompiscatole che Alice lo aveva costretto a comprare. Gli aveva detto che i cani della razza degli Akita, a suo parere, erano i cani più egocentrici del mondo, esattamente come loro due, per questo gli sarebbe piaciuto. Luke, che non riusciva quasi mai a dirle di no, alla fine aveva ceduto e, oltre a tre figli piagnucolanti, si era ritrovato in casa anche un cane giocherellone e fin troppo rumoroso e bisognoso di attenzioni. Sushi, così si chiamava, si nutriva di affetto, in pratica, quasi più di quanto ne servisse ai gemelli e a Joel. Luke lo aveva detestato sin da subito, ma ora quell'odio si era trasformato in amore e a lui piaceva la sua rumorosa e complicata famiglia.
Luke, anche se all'apparenza era diventato maturo e responsabile, dentro casa era ancora il solito bambino e lo dimostrava soprattutto con i suoi figli. Aveva mantenuto la promessa fatta ad Alice, per questo Davìd aveva imparato a giocare a calcio prima ancora di camminare e maneggiava meglio un joystic di matite e pastelli colorati, mentre Zoe aveva i capelli così morbidi perché lui, tutte le sere, le dava i famosi cento colpi di spazzola raccontandole una compilation di favole inventate, perché quelle conosciute le aveva già terminate tutte. Alice sorrideva nel vederlo così e non poteva essere più felice di quello che la vita le aveva regalato, nonostante tutto il dolore che aveva provato. Ora aveva tutto.
I suoi bambini, presto, avrebbero cominciato il primo anno d'asilo e Alice si era premurata di fare in modo che finissero nella classe di Helena, la quale non vedeva l'ora di accoglierli. La sua amica lo sapeva che Helena Carter Hood era la miglior maestra d'asilo della città. Lei ci sapeva decisamente fare con i bambini e lo aveva dimostrato sin da subito, non aveva mai avuto dubbi circa il lavoro che avrebbe fatto.
Lei e Calum, dopo che Luke ed Alice avevano comprato insieme un appartamento, si erano stabiliti a casa di Calum e ora avrebbero cercato qualcosa di più grande, anche perché, benché amasse i bambini del suo asilo, Helena non vedeva l'ora di averne di suoi.
Calum, ovviamente, era dello stesso parere. Ridley non vedeva l'ora di diventare zia e glielo ripeteva in continuazione, e poi Calum ci si vedeva particolarmente nelle vesti di padre. Sapeva che sarebbe stato forte e amorevole come il suo, di papà, con una donna fedele e fantastica al suo fianco. Certo, le incomprensioni non sarebbero mai mancate, ma Calum non voleva la famiglia tipicamente perfetta: Calum voleva la famiglia perfetta per lui e quella con Helena lo sarebbe stata, perché con lei non gli mancava davvero nulla.
Lui aveva continuato il lavoro nell'officina dove aveva cominciato poco dopo il liceo, ma, alla morte del vecchio capo, la sua costanza e la sua dedizione erano state ripagate e ora aveva raggiunto i piani alti, dirigendo l'officina insieme al figlio del defunto proprietario.
Tuttavia Calum si dava ancora da fare in prima persona ed Helena sorrideva sempre vedendolo arrivare la sera, con le mani sporche di olio di motore e i segni neri sulla faccia. A volte gli faceva trovare la vasca da bagno piena e la cena in tavola e Calum finiva sempre col ringraziarla nel migliore dei modi. Ora, a coronare il loro piccolo grande sogno d'amore, mancava solo un bimbo.
A pochi isolati vicino a loro, da qualche anno, vivevano anche Ridley e Michael. Per lui decidersi di impegnarsi così tanto era stato il compito più duro, ma Ridley era felice e Michael se la stava cavando benissimo. Aveva deciso che, se aveva fatto tutta quella fatica per riprendersela, un motivo sicuramente c'era: e il motivo era che, nonostante tutto, anche se non sempre andavano d'accordo e anche se non sempre le cose andavano alla grande, lui voleva passare il resto della sua vita con lei.
Conoscendo Ridley, Michael aveva completamente perso qualsiasi altro interesse verso qualsiasi altra donna. Certo, ne aveva viste di belle, come Jasmine, ma a distanza di sette anni non riusciva ancora a perdonarsi di essere stato con lei. Anche se persino Ridley si era in un certo senso data da fare, mentre non stavano insieme, per lui finire a letto con Jasmine era stato come tradirla e aveva provato un rimorso così forte, una tristezza così ingiustificata, che non avrebbe mai lasciato accadere di nuovo una cosa simile. In qualche modo, gli era parso di aver violato il suo stesso corpo, perché lui apparteneva a Ridley e a nessun'altra. Non aveva mai sentito nulla di così forte nella sua vita.
Spesso si era domandato se anche Calum, Ashton e Luke provassero lo stesso nei confronti delle loro ragazze, quel legame così forte e impossibile da spezzare che sentiva lui quando toccava Ridley. La verità era che non lo sapeva e non lo avrebbe mai saputo se era solo lui ad essere così preso e folle, ma non gli importava, a dirla tutta, perché stava bene così. Si sentiva completo e anche se ogni tanto era difficile, tutto quell'impegno valeva decisamente la pena. Valeva la pena cercare di renderla felice se il risultato era vederla sorridere in quel modo quando la guardava. Valeva la pena se il risultato era fare l'amore con lei. Valeva la pena se il risultato era semplicemente che lei gli sfiorasse il braccio in una carezza grata quando lui faceva qualcosa di bello.
Ridley era fiera di lui e questo bastava, stava a significare che era diventato l'uomo che voleva essere. E lo sapeva anche guardando sua madre, perché, ogni volta che lei e Ridley si vedevano, il suo sguardo si accendeva come se, guardando Ridley, stesse ammirando la cosa più bella e intelligente che suo figlio avesse fatto in tutta la sua vita. Era felice che loro due andassero d'accordo. E lui, d'altro canto, andava molto d'accordo con Alicia. Forse non era ancora sulla stessa lunghezza d'onda del padre di Ridley, ma dopotutto non poteva certo biasimarlo: Ridley era la sua bambina e lui era l'uomo che gliela aveva portata via. Era così che doveva sentirsi, come se Michael l'avesse strappata a lui e alla sua casa. E, ovviamente, anche se faceva finta di non saperlo, David l'aveva capito da un pezzo che, quando erano a casa da soli, qualcosa lo facevano nella camera della sua "bambina".
Ridley, comunque, era molto legata a lui e gli dimostrava costantemente il suo affetto in qualsiasi modo possibile. Spesso Michael ed Helena si ritrovavano a cena da loro, la domenica sera, insieme a Calum e Ridley. Doveva ammettere che Helena aveva impiegato decisamente meno tempo per conquistare la fiducia della famiglia Hood, ma Michael ce la stava mettendo tutta e anche se a volte lui e David Hood finivano con lo scambiarsi occhiate truci, spesso e volentieri discutevano amorevolmente di sport e di musica, campo in cui, per fortuna, avevano trovato terreno comune.
Michael, nonostante avesse abbandonato gli studi e non avesse mai avuto granché voglia di impegnarsi, aveva deciso di darsi da fare almeno nel mondo del lavoro, così, grazie all'aiuto di Ridley che aveva ancora un particolare ascendente su Ashton, Michael aveva rilevato una quota dell'attività della famiglia Irwin. In pratica il loro locale era quasi per metà anche suo. Ashton all'inizio si era rivelato decisamente scettico al riguardo, ma Ridley lo aveva convinto a provare a dargli fiducia. E ora quell'atto di fede da parte di Ashton era stato ampiamente ripagato: nessuno sapeva spiegarsi come, ma Michael attirava in quel locale più ragazzi e ragazze di un concerto pop gratuito. Forse era il colore dei capelli che, nonostante i suoi ventisette anni d'età non era ancora naturale; forse era il suo modo di fare misterioso e naturalmente carismatico, a tratti festaiolo e pieno di voglia di spaccare il mondo. Era anche per questo che Ridley si era innamorata di lui e Michael non era cambiato di una virgola, anche se ora, almeno in casa, era decisamente più maturo.
Michael aveva il compito di gestire l'aspetto pratico dell'attività, ovvero ingaggiare i nuovi barman e i dj o le band per le serate, organizzando, ogni tanto, anche qualche nottata a tema. Ashton e Brianna si erano resi subito conto che non avrebbero mai trovato nessuno così capace come Michael. Non sbagliava mai un colpo e affidava il lavoro sempre alle persone giuste. In più, spesso e volentieri, si dilettava lui stesso nel fare il barista acrobatico, come lo definiva lui, o ad intrattenere il pubblico di ragazzini come dj o come chitarrista, a seconda dei casi. A volte faceva anche entrambe le cose in una sera sola e nessuno riusciva a capacitarsi di quanta energia avesse.
Michael aveva sempre saputo suonare la chitarra, una delle sue passioni, mentre, per quanto riguardava il resto, dopo i primi mesi di lavoro aveva deciso di prendere lezioni per diventare barman e si era anche buttato nel mondo dei dj, facendosi aiutare da ragazzi spesso molto più giovani di lui. Ridley scuoteva la testa sconsolata quando lo vedeva fare ancora il ragazzino, ma, a dirla tutta, spesso e volentieri il venerdì e il sabato sera si faceva trovare al locale. Si sedeva buona e zitta ad un tavolo a sorseggiare il suo Cosmopolitan, preparato dal suo fidanzato, e osservava stizzita le ochette a malapena diciottenni -o forse non ancora- che ci provavano con lui come se avessero qualche speranza. Perché Ridley lo sapeva che era anche la sola presenza di Michael a far riscuotere tanto successo a quel locale. E Michael, invece, sapeva che ora era Ridley quella gelosa nella coppia. A lui, comunque, questo piaceva, lo faceva sentire maledettamente importante ai suoi occhi. E poi Ridley non aveva di che preoccuparsi, glielo dimostrava ogni volta che, quando lei si presentava al locale, la presentava con orgoglio a tutti i suoi piccoli amici e soprattutto alle amiche, come la sua fidanzata. A volte, stupidamente ma con una punta d'orgoglio, la definiva la sua fidanzata sventra cadaveri: lui diceva che, in questo modo, le sarebbero tutti stati alla larga.
Ridley, infatti, appena finite le superiori, aveva rivelato a tutti la sua disgustosa passione e, alla fine del terzo anno di college di medicina, era riuscita a farsi prendere come apprendista in un obitorio come medico legale, dove, appena finiti gli studi, era stata assunta con tanto di complimenti per il suo talento e la sua passione. Da quel momento Ridley era l'anatomopatologa ufficiale della polizia criminale e Michael sapeva che nessuno sventrava cadaveri e raccoglieva campioni di schifezze meglio di lei. Anche se, quando rientrava la sera, prima di mettersi a guardare CSI insieme, Michael la costringeva a farsi la doccia almeno due volte perché potesse anche solo toccarlo. La ragazza sapeva che lui scherzava, quindi sbuffava e gli ripeteva in continuazione che lavorava con i guanti e che si lavava abbondantemente prima di tornare da lui.
Michael rideva e, alla fine, finiva sempre per fare la seconda doccia insieme a lei. Ridley, nonostante il lavoro che faceva, era sempre fresca e profumata come una rosa, esattamente come quando l'aveva conosciuta, esattamente come in quel momento, dannatamente bella e perfetta nel suo abito viola pastello firmato, orgogliosamente comprato per l'occasione con i soldi del suo stipendio. Era stata la damigella d'onore, quel giorno era stato speciale anche per lei e Michael aveva intenzione di renderlo ancora più bello.
«Perfetto... ragazze, tutte con me! Facciamo il lancio del bouquet!» annunciò Helena ad un tratto, dopo aver mangiato la torta. La serata non era ancora finita, nonostante la cena si fosse ormai conclusa, ed Helena stava per dilettarsi nel tradizionale lancio del bouquet. Chi avesse preso il mazzo di fiori della sposa, in teoria, sarebbe stata la prossima a convolare a nozze.
Si spostarono fuori, nel piazzale di fronte al locale, dove un cielo sereno e stellato faceva da cornice a quella splendida e magica serata. Le invitate, amiche e parenti di Helena, si disposero in modo disordinato di fronte a lei. Tra di loro, ovviamente, c'erano anche Alice, Brianna e Ridley, la quale era capitata più o meno in mezzo, nascosta da un paio di ragazze, completamente nascosta.
Tuttavia, prima di voltarsi di spalle, Helena rivolse un'occhiata complice soprattutto a lei, Ridley se ne accorse subito. Scosse la testa divertita, perché in quella posizione, bassa com'era, non avrebbe mai potuto afferrare il bouquet che, fra l'altro, Helena avrebbe lanciato completamente a caso, senza una direzione precisa e senza poter guardare.
Per complicare ulteriormente le cose, inoltre, i ragazzi erano usciti a godersi la scenetta e Calum, deciso a rendere il tutto più divertente, aveva fatto girare Helena su se stessa, attorcigliandola nell'immenso abito. Helena si era aggrappata a lui per reggersi in piedi, guardandolo con aria truce, poi aveva urlato: «Pronte?» e prima ancora di ricevere una risposta, aveva lanciato il mazzo di fiori colorati. Nessuno, primo fra tutti Michael, si sarebbe aspettato che la ragazza di fronte a Ridley mancasse la presa e il bouquet finisse dritto in mano sua. Persino Rid lo guardò stupita, non capacitandosi dell'accaduto. Alice, Brianna e la stessa Helena, subito accorsa saltellante di gioia, l'avevano stretta in un abbraccio, congratulandosi con lei, perché questo significava inevitabilmente matrimonio.
Ridley scosse la testa sconvolta e il suo sguardo, insieme a quello delle amiche e a quello di tutti gli altri presenti, si puntò su Michael, che aveva guardato la scena ad occhi sgranati.
Calum gli diede una sonora pacca sulla spalla, sorridendogli.
«Ti tocca, Mike! Devi prenderti mia sorella!» esclamò, ridendo. Michael sospirò, un'espressione divertita stampata sul viso. Roteò gli occhi e, con apparente noncuranza, spostò la mano di Calum dalla sua spalla. Infilò le mani in tasca e scosse la testa, guardando Ridley. La ragazza abbozzò un sorriso, forse solo un tantino deluso, prima di tornare a guardare speranzosa quel bouquet, consolata dalle incoraggianti carezze di Helena. Michael non voleva deluderla, ma Ridley certo non si aspettava cosa sarebbe accaduto di lì a poco e Mike non voleva che risultasse qualcosa di programmato, voleva che Ridley non se lo aspettasse, che pensasse a lui come al solito idiota che non sapeva cogliere i segnali.
Stavano per rientrare a ballare, quando Michael afferrò Ridley per il polso, trattenendola.
«Ehi... vieni un po' con me, amore» bisbigliò, tentando di non farsi sentire da nessuno. Ridley lo osservò perplessa, ma non esitò a prendergli la mano e a stringersi a lui, curiosa di sapere dove l'avrebbe portata.
Michael le fece strada sul retro del locale, che lui conosceva bene. Normalmente sul retro portavano la spazzatura e l'attrezzatura. Lì poteva starci solo il personale e Ridley ringraziò che quel giorno di pattumiera non ce ne fosse. Erano soli e la musica, lì fuori, arrivava piuttosto attutita. Michael la afferrò per i fianchi e si appoggiò al muretto di recinzione, trascinandola di fronte a sé. La ragazza appoggiò le mani al suo petto, sorridendogli per quell'attimo di dolcezza.
Michael non l'aveva mai fatta impazzire con la camicia e i completi eleganti, non era decisamente il suo stile, tuttavia ogni tanto le piaceva che cercasse di sembrare elegante, come quando l'aveva riconquistata o come in quell'occasione.
Giocava distrattamente con il primo bottone della sua camicia, mentre Michael le accarezzava dolcemente la schiena. Le lasciò un bacio tra i capelli e solo allora lei alzò il viso. C'era qualcosa nei suoi occhi: la stessa luce che aveva visto tante volte, la stessa che aveva visto anche il giorno in cui si erano conosciuti, come se nascondesse qualcosa e avesse voglia di urlarlo al mondo intero. Ridley voleva chiedere quale fosse il problema, ma non lo fece, perché Michael le prese la mano e le baciò tutti i polpastrelli, le sopracciglia aggrottate in un'espressione concentrata.
«Ti ricordi... quando ho conosciuto tuo padre?» chiese lui, prendendo un profondo respiro. Ridley deglutì e si rannicchiò contro di lui, cercando il calore e la protezione del suo corpo.
«Che... che vi siete detti? Non hai mai voluto raccontarmelo...» mormorò, appoggiando l'orecchio contro il suo petto, per ascoltare il rilassante battito del suo cuore. Michael rise, scuotendo la testa, perché in effetti non c'era molto da dire.
«Beh, ecco... mi chiese se preferivo Hamilton o Alonso, sai... quelli della Formula Uno.» Ridley aggrottò le sopracciglia, perplessa.
«Beh... gli dissi Hamilton, ovviamente. E tuo padre disse che ero un idiota. Poi mi chiese se preferivo il Manchester City o il Manchester United...»
«Tu ovviamente rispondesti City e mio padre disse che eri un idiota!» Michael scoppiò in una fragorosa risata che fece sorridere anche lei.
«Già, ovviamente! Poi però... beh, mi chiese se preferivo i Def Leppard o i Metallica e io dissi che non avrei mai potuto rispondere sinceramente a quella domanda. E sai cosa mi disse lui?» Ridley sollevò il viso e lo guardò curiosa, scuotendo la testa. Michael si schiarì la voce e tentò, malamente, di imitare quella del signor Hood: «Disse: "Uhm... allora forse, per un po', puoi anche frequentare mia figlia. Ma se la fai soffrire..." solo che io sapevo già la conclusione della minaccia, quindi terminai la frase al posto suo e questo lo fece sorridere, forse guadagnai qualche punto.» Ridley rise, sfiorandogli le labbra con il pollice. Voleva baciarlo, ma prima voleva sapere per quale motivo gli stesse raccontando tutto quello a distanza di anni.
«Perché ora ti sei deciso a confessarmelo?» domandò, perplessa. Michael prese un profondo respiro, stringendola a sé.
«Perché... sono passati tipo sette anni, no? Sette lunghi anni, ma alla fine ho avuto il suo pollice alzato, la sua benedizione... anche se penso che, nel suo piccolo, l'abbia accompagnata a qualche imprecazione e a qualche maledizione nei miei confronti. Forse perché preferisco il Manchester City al Manchester United!» Ridley continuò a fissarlo perplessa, sollevando le sopracciglia.
«In che senso... benedizione?» domandò, sempre più curiosa. Qualcosa le pizzicava dentro, una specie di sesto senso a dirle che presto sarebbe accaduto qualcosa.
«Dammi la mano» disse solo lui, infilando la sua nella giacca e rovistando nella tasca interna. Ne estrasse uno di quei coltellini svizzeri portatili, pieno di utensili. Ridley sussultò, ma si sentì solo tanto curiosa di sapere quello che avrebbe fatto. Michael si concentrò e, come se nulla fosse, si sfiorò il dito con la lama del coltellino, tagliandosi leggermente. Ridley gli porse la mano e lui le sfiorò il palmo con il dito, lasciandole una traccia del suo sangue.
Apparentemente doveva essere una cosa disgustosa o stramba, forse pericolosa o almeno inquietante, ma Ridley la trovò solo... romantica in modo conturbante. Infatti, senza nemmeno pensare, gli offrì il suo dito indice, mettendo il polpastrello sotto la lametta del coltellino. Michael le sorrise, grato perché lei aveva capito, felice perché era bastato uno sguardo a farle comprendere le sue intenzioni. Non le avrebbe fatto male e lei provò solo uno strano, intenso piacere, quando lui le praticò un piccolo taglio sul dito. Le porse la mano e Ridley fece esattamente come aveva fatto lui poco prima.
«Ecco... ora... siamo legati, per sempre, giusto?» Ridley scosse la testa divertita, emozionata, felice. Un oceano le rivoltò lo stomaco, il cuore, tutti gli organi e tutto il corpo.
«Oh, Michael! Quanto ti amo!» gridò quasi, stordendolo. Michael rise e le tappò la bocca con un bacio. Ripose il coltellino ed entrambi si pulirono le mani.
«Ma io non ho finito» bisbigliò, tornando di nuovo a rovistare nella sua giacca.
«Cioè... questa è la cosa più disgustosa e romantica che tu potessi fare per me e... non è tutto?» chiese, portandosi le mani sui fianchi. Michael rise per la sua eccitazione e le pizzicò la guancia, prima di tirare fuori una piccola scatola dalla tasca interna della giacca. Ridley sgranò gli occhi e lui l'aprì, rivelando il piccolo diamantino scintillante sotto le luci soffuse dei lampioni.
«Sposami, Ridley.» Lo disse semplicemente, nessuna domanda, nessuna esitazione, nessun discorso elaborato. Quasi... un ordine. Ridley sorrise, mordendosi il labbro. Di fronte a lei, riflesse in quel brillante, passarono milioni di immagini, ricordi a volte belli e a volte brutti della loro storia insieme.
"Quinta regola: innamorati di me", ecco come tutto era iniziato, probabilmente per gioco, perché Michael voleva solo prenderla in giro e divertirsi con lei. Quel gioco, il gioco degli ordini e delle regole, le aveva cambiato la vita.
Tutto era iniziato con un ordine e tutto finiva così.
«Tu una proposta come si deve non me la farai mai, vero?» chiese stizzita, ma divertita al tempo stesso. L'espressione di Michael non mutò per nulla, lui era così, non sarebbe mai riuscito ad essere dolce per più del tempo strettamente necessario. Scosse la testa, con una smorfia sulle labbra, una sorta di sorrisetto divertito.
«Uhm... no, suona meglio così, come ordine, non credi?» Ridley scoppiò a ridere e gli circondò il collo con le braccia, prima di stampargli sulle labbra un dolce bacio pieno di passione e desiderio, come piaceva a loro.
«Io so cosa stai cercando di fare, Clifford! Mi stai dando un ordine perché... è la regola, no? Sai che io non disobbedisco mai ai tuoi ordini!»

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The Eeend!
(Il finale sjgenshvsjsbwjvejs)
Ebbene si, è finita D: mi dispiacerà non postare più questa Fanfiction o, comunque, rileggerla e gioire insieme a voi (più propensamente(?) chiamato fangirlare). Magari chissà, un giorno pubblicherò anche io una delle mie FF, che custodisco gelosamente nel pc (tutte non finite D:)
Beh, che dire? Ho adorato questo capitolo, anche se speravo di leggere del matrimonio tra Rid e Mike ahaha. Alice è una sforna figli incallita, e Luke un povero papà stressato :( - Cal ed Hel sono l'amore digcrdkibsljd - mentre Ash deve darsi una mossa a sposare la francesina.
Ah, poi ho fangirlato anche per il lavoro di Rid (si, voglio fare quello pure io un giorno ahahhaha.) e beh, questo e tutto.
Senza dilungarmi, vorrei ringraziare tutte quante. Tutte le ragazze che hanno aggiunto Disobey alla loro lista lettura, a tutte coloro che hanno commentato e votato. Giada vi adora e vi ringrazia ed è felice che ogni giorno la storia venga letta e scoperta :)
Grazie di tutto, ancora.
Bacioni, Sara <3

Disobey.Where stories live. Discover now