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Arrivò il giorno del matrimonio.
Ti saresti sposato di pomeriggio, o almeno era quello che avevo sentito dire da Hoseok, e quando quella stessa mattina vidi il mio smocking appeso su un anta dell'armadio, mi venne quasi da vomitare.

Sarei dovuto andare? Dopo tutto quello che era successo, dopo quella notte, sarei dovuto andare a vederti sposare qualcuno che non fossi stato io?

Non riuscivo a sopportare l'idea, non ce la facevo. Non ero geloso, non di lei almeno, perché non la amavi e a me bastava sapere questo. Non riuscivo, però, a credere che fosse tutto finito.

E mi domandavo cosa avessi fatto di male per subire tutto questo. Non volevo andare. Non volevo vederti baciare altre labbra, prendere in mano altre mani, giurare amore eterno a qualcun altro.

Perché a noi, allora? Mi domandavo perché fosse dovuto proprio capitare a noi: due giovani ragazzi alla ricerca di loro stessi e del proprio amore. Non lo sopportavo, non lo accettavo. Non era giusto.

«Che farai?» una voce alle mie spalle mi riportò alla realtà e, girandomi, vidi Jimin e Hoseok in piedi davanti la mia porta. Entrambi erano già perfettamente vestiti e pronti, con un sorriso tirato a completare il look apparentemente perfetto, e mi guardavano come si guarda un cucciolo smarrito, un bambino abbandonato, una persona sola. Odiavo essere compatito in quel modo. Odiavo che gli altri si dispiacessero per qualcosa che non avevano causato; non era una loro responsabilità. Non lo era.

Ma non potevo biasimarli: per un'intera settimana ero rimasto rinchiuso dentro la mia stanza, non avendo la voglia né la forza di fare niente. Mangiavo a stento e facevo finta di divertirmi le poche sere in cui organizzavano di vedersi a casa mia. Mi erano stati vicino per tutti quei giorni e non potevo prendermela con loro solo perché entrambi avevano mostrato di tenerci.

«Che volete dire?» feci finta di non capire e buttai fuori una risata forzata per cercare di alleggerire la tensione che mi stava opprimendo da più di una settimana.
«Sai di cosa stiamo parlando.» Hoseok si avvicinò a me e mi accarezzò la schiena con una mano. «Non sei ancora pronto e tra circa un'ora dovremo essere in chiesa. Quindi che hai intenzione di fare?»

Lo guardai negli occhi e deglutii prima di parlare: «Non lo so. Non ci voglio più andare.»
Lo sentii sospirare, ma non ebbi il coraggio di guardarlo in faccia.
«Non devi. Tae, non devi andarci se non vuoi.»
Jimin si affrettò a dire, ricevendo uno sguardo di ammonimento da parte di Hoseok. Non capivo perché si stesse comportando in quel modo, ma non osai domandare.

«Si che deve. Non è ancora tutto finito. » rispose allora il moro, incrociando le braccia al petto e lasciando la presa della mia vita.
«Stai scherzando, Hobi?» esclamò Jimin «Si è già illuso abbastanza, basta adesso con le cazzate. Credi che andare lì gli farà bene?» il biondo aveva alzato la voce di qualche ottava e ora non smetteva di guardarlo con sguardo truce.

Era arrabbiato, lo capivo. Era arrabbiato perché aveva dovuto vedere il suo migliore amico cadere a pezzi senza poter fare nulla e, conoscendolo, si era dato la colpa di tutto.
«Credi che invece rimanere a casa possa essere meglio? Può provare a fermare il matrimonio, far ragionare suo padre...dannazione, perché nessuno dei due riesce a capire quanto si amino? Vuoi che rimanga in questo stato?»
Non avevo mai visto Hoseok così. Era furioso, con le sopracciglia corrucciate e i pugni serrati.
Quell'espressione non si addiceva per niente alla sua personalità così solare.

«Che cosa diamine c'entra il padre di Jungkook?» ribatté Jimin. «È lui che ha deciso di andare via, conoscere quella ragazza e sposarla! Suo padre non c'entra niente.»
A quelle parole, alzai lo sguardo e guardai Hoseok con un sopracciglio alzato, in cerca di risposte.
Perché aveva nominato tuo padre?

«Non sai davvero com'è andata. » Ma appena disse queste parole, sembro pentirsene amaramente.
«Perché tu invece lo sai?» era la prima volta che aprivo bocca da quando avevano iniziato a litigare ed entrambi volsero i propri occhi su di me.

Hoseok sembrò essere preso alla sprovvista e iniziò a farfugliare parole sconnesse. «Io-Io...no, io non so niente! Perché dovrei sapere qualcosa? No, io-...»
«Hoseok...» sussurrai, sperando che in qualche modo potesse darmi le risposte che cercavo. C'era rimasta speranza? Lo volevo veramente sapere?

Egli sospirò pesantemente e si portò una mano tra i capelli, esasperato, e iniziò a tirarli forte, forse molto più di quante avesse dovuto.
«Senti, Tae...» iniziò a dire «Non è compito mio dirtelo, ma devi credermi quando ti dico non è ancora tutto finito. Per favore. »

Non è compito mio.
Aveva usato le stesse parole usate da Jin, il giorno in cui ricevetti quei strani messaggi da parte tua.
Non era compito loro e allora di chi? Perché sembrava che tutti sapessero la verità mentre io continuavo a rimanere all'oscuro di tutto?
Perché non avevi avuto il coraggio di dirmelo?

Rimasi in silenzio a pensare, ma quella volta decisi di farlo in modo razionale e non con il cuore. Ero stanco di illudermi, stanco di essere ferito. Volevo solo che questo dolore andasse via.

Un singolo pensiero si fece spazio nella mia mente che mi portò ad andare su tutte le furie.
Non so perché reagii così o perché non volli credergli, ma mi ero stufato di rincorrere la speranza.
«Mi stai mentendo, vero?» urlai dalla rabbia.
I due sembrarono sorpresi da quel mio improvviso cambiamento d'umore e fecero un passo indietro.
«Cosa? No, io-...» tentò di dire, ma lo fermai prima del tempo.
«Pensi sia divertente giocare con i miei sentimenti? Sono stanco di crederci, Hoseok! Sono stanco di illudermi! » mi sedetti sul mio letto e voltai le spalle. Volevo rimanere solo. Ero stanco, dannazione, stanco!

«Suo padre ha costretto Jungkook ad andare via! Ha minacciato la tua famiglia e Jungkook non ha potuto fare altro che assecondarlo per il tuo bene!»
Quelle parole riecheggiarono nella stanza come un eco assordante e una voglia di scappare via di lì si fece improvvisa dentro di me.
A quel tempo non ci credevo, non volevo crederci...come potevo crederci?! Mi avevi promesso che niente e nessuno si sarebbe messo contro di noi, nemmeno tuo padre, e quel giorno scoprire che il fosse davvero stata tutta colpa sua, mi distrusse in mille pezzi.
Avevo trascorso due interi anni della mia vita a darti tutte le colpe, a provare ad odiarti, a cancellarti dalla mia vita perché avevo seriamente creduto che tutto quello che avevamo provato, era stato per te solo uno stupido gioco.
O almeno era quello che pensavo prima di quella notte...

Ma se il nostro amore non era riuscito a sopravvivere all'ostacolo più grande, come avrei potuto sperare che ce l'avrebbe fatta adesso?
Ci amavamo, ma non sarebbe bastato solo il nostro sentimento a tenervi uniti e il me di quel tempo lo sapeva bene. Lo sapeva molto bene.
Nonostante feci fatica a pronunciare quelle parole, mi convinsi che fossero le più giuste.
«Andatevene via.»
«Ma Taehyung-...»
«Fuori dalla mia stanza!»
«Sto dicendo la verità, Taehyung! Non ti sto mentendo!» lo sentii ribattere, ma non mi importò più nulla.

«Hoseok, credo sia meglio andare. Si sta facendo tardi e il viaggio per arrivare in chiesa è lungo. » Jimin si intromise tra noi e, in modo più calmo, cercò di tranquillizzarlo.
Supposi che i due si scambiarono un'occhiata, perché nessuno dei due parlò, ma mi rifiutai di girarmi.

«Ci vediamo sta sera, Tae.» Jimin mormorò, mettendomi una mano sulla spalla, in segno di conforto, prima di uscire dalla stanza seguito da Hoseok. Quando sentii la porta sbattere, capii di essere ritornato solo.

Angolo autrice
Salve, salvino gente :) -2

Somebody else || JJ.K & KT.HDove le storie prendono vita. Scoprilo ora