Capitolo 18_Get It Right

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Bradley

La casa in cui avremmo alloggiato per i successivi due giorni si trovava poco distante da Wichita Falls e i ragazzi mi avevano raccontato meraviglie su quel luogo.

Pensando al Texas, si fantasticava erroneamente di praterie senza fine da percorrere a cavallo, sole cocente, ranch ad ogni angolo e rodei.

Ovviamente, appena giunto ad Austin, mi ero ricreduto su tutti i pregiudizi che avevo. Le città erano molto più simili a quelle che avevo visitato nel resto degli Stati Uniti, in quanto a modernità, che a quelle viste nei classici film western. Tuttavia, ve ne erano alcune che riprendevano alla perfezione tutti quei dettagli che facevano ancora parte dell'immaginario collettivo ed era sempre eccitante visitarle.

Peccato che non avremmo avuto modo di vedere nulla in quel fine settimana, a parte ciò che concerneva le nozze tanto attese.

Dovevo aver trascorso almeno tre maledette ore ad appiattirmi il culo sul sedile posteriore di quel catorcio a quattro ruote e già non ne potevo più.

Tuttavia Calder era talmente compiaciuto, mentre raccontava di come fosse riuscito a costruirsi quella carretta dal niente, nel corso del liceo, che mi fece quasi tenerezza. Non gli dissi che con meno di mille dollari se ne sarebbe potuta comprare una di gran lunga migliore. Forse fu quella strana inflessione d'orgoglio nella sua voce, che mi frenò.

Sembrava bello essere fieri di qualcosa portato a termine con le proprie forze. Non avevo mai provato una sensazione simile in tutta la mia vita.

Durante il tragitto infinito verso la sospirata cittadina in cui si sarebbe tenuto il matrimonio, mentre Jill dormicchiava sul sedile anteriore, Annabeth si avvicinò scoccandomi un sorrisetto infantile. "Giochiamo a Scarabeo! Ho la versione da viaggio" propose, tirando fuori dalla sua onnipresente tracolla una scatola verde scuro. "Ci stai?"

"Andiamo, Ann. Non cominciare" brontolò Calder.

"Zitto e guida!" lo rimbrottò secca. "Mi annoio a morte e anche lui. Non è vero, Ragazzo Punk?" mi domandò, sbattendo le ciglia.

Non potevo affermare il contrario. "Eccome"

"Appunto. Quindi si gioca!"

Neanche venti minuti dopo...mi stava facendo a pezzi. Letteralmente. Arricciai le labbra davanti alla parola appena composta. "Che cazzo sarebbe la telestesia?" la interrogai stizzito.

Lei ridacchiò, prima di schiarirsi la gola e assumere un'espressione da maestrina. "Dicasi telestesia quel fenomeno paranormale per il quale un individuo ha percezione di un avvenimento o di un oggetto distante nello spazio o nel tempo"

"Te la sei inventata"

Ridusse gli occhi a due fessure, oltraggiata dalla mia insinuazione, così armeggiò col cellulare e mi mostrò il risultato. Lessi con attenzione e un cipiglio contrariato. Merda. Aveva ragione.

"Si può sapere come fai a conoscerla?"

Scrollò le spalle. "A volte mi diverto a leggere il dizionario e memorizzo le parole difficili e il loro significato" spiegò con noncuranza.

L'hobby più strano del mondo.

"Per questo motivo nessuno vuole mai giocare con te" specificò Calder.

Non aveva tutti i torti. Essere battuto alla grande grazie a parole come 'agnizione' o 'zeugma', mai sentite prima, mi fece girare le palle non poco. Una cosa era certa: non avrei mai accettato di fare partite a Scarabeo con lei scommettendo soldi o mi avrebbe ridotto sul lastrico!

Let It All Go [sequel di Both Sides Now]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora