11.

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«Everything you say to me

Takes me one step closer to the edge

And I'm about to break.

I need a little room to breathe

'Cause I'm one step closer to the edge

And I'm about to break»

Faccio partire la musica a palla che viene riprodotta nelle cuffiette: le note dei Linkin Park si diffondono nelle membrane del mio cervello, mentre assaporo il cioccolato della brioche mattutina in perfetta armonia con il cappuccino.

Il preside ha avuto la spettacolare idea di concedere l'autorizzazione della vendita esterna alla mensa, a diversi stand, per questo gli studenti hanno una varia scelta di distribuzione. Tra le mie riflessioni confortanti, la voce vigorosa del cantante e le note legate perfettamente tra loro dal chitarrista della band, mi concedono di entrare in un mondo tutto mio fatto di rock. Avverto i raggi del sole colpire la mia schiena con forza, trapassando gli strati di stoffe della giacca e della semplice canottiera bianca.

Non mi capacito ancora integralmente della giornata stravolgente di ieri: non ho avuto modo di ragionare appieno sulla faccenda, peggiore del previsto. In realtà, neanche oggi avrò il tempo necessario ad immagazzinare la circostanza, dal momento che bisogna partecipare attivamente alle lezioni.

La prima dell'elenco, in comune con la mia amica, è Informatica, tuttavia Hay non è ancora arrivata e questo fa si che io mi preoccupi, perché vuol dire che si è addormentata nuovamente, dopo la mia prematura uscita.

L'aula non è scrupolosamente come la immaginavo, abbastanza limitata, tuttavia ben equipaggiata: cartelli indicativi sono appesi alle pareti, ogni banco è dotato di un computer collegato a quello principale, ovvero quello posizionato sulla cattedra della professoressa. Dietro quest'ultima, si erge una lavagna pronta all'uso, estesa su buona parte della parete, ed un proiettore, indirizzato alla volta del muro adiacente. La docente è una signora sulla cinquantina: gli occhiali viola che si incrociano tra i capelli a caschetto, le donano un'aria rigorosa, ma allo stesso tempo lievemente sbarazzina. La prima apparenza ha imposto questa idea nella mia mente: un'ora teorica con un'insegnante noiosa, che non impegna al massimo le sue facoltà umoristiche. E invece no: la lezione della professoressa Kirke si basa su un uso appropriato del computer, ciò sta a significare che, in pratica, passiamo l'ora davanti allo schermo. È una brava istruttrice, esigente e severa, ma non cattiva come ci si potrebbe aspettare da un qualsiasi altro insegnante, messo alle strette dalle nuove regole dettate. All'interno del corso non ci sono nemmeno tante persone, al massimo venti, meno una, che in questo caso è Hayley. Durante l'ora che si rivela coinvolgente, approfondiamo alcune informazioni fondamentali che vengono apprese di solito al primo o al secondo anno, una specie di ripasso fulmineo essenziale alla donna per comprendere il nostro livello di formazione nei confronti di questi nuovi oggetti tecnologici, dopo di che ci anticipa che nella prossima lezione ci estenderemo ad argomenti più importanti, ad esempio la programmazione, concetti che saranno utili per qualsiasi altra tipologia di esami o verifiche da parte del ministero.

Al suono della seconda campanella, rilascio i libri nell'armadietto, che mi è stato assegnato a inizio anno, e raggiungo la classe di recitazione, per me completamente nuova. Il professore è già in aula, perciò apro la porta adagio, imbattendomi in una stanza sufficientemente spaziosa: le sedie di numero preciso, prese forse in prestito da un'altra stanza, sono riposte in cerchio attorno ad un piccolo palcoscenico improvvisato, coperto da una tenda di velluto rosso, e all'insegnante che gesticola in modo esagerato, portando l'attenzione dei suoi pupilli su di sé.

Noto ragazzi di tutte le età, partecipanti gremiti di entusiasmo e divertimento, così mi siedo in un angolo per non attirare tutti gli occhi sulla nuova arrivata.

Storm SoulWhere stories live. Discover now