18. Come neve al sole

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AXEL

"Fammi capire bene..." Ben si muove in fretta, senza una ragione ben evidente. "Hai incontrato tuo padre di notte, al cimitero, e lui ti ha lasciato una pendrive con dentro alcuni documenti per provare la sua innocenza?" aggrotta le sopracciglia confuso e poi si poggia sul suo letto per evitare di cadere per terra.
Annuisco senza dire una parola. Mi rendo conto che assimilare tutto ciò di punto in bianco è difficile, ma Ben se la sta cavando meglio del previsto.

"Sapevo di tuo padre, della sua fuga, ma questo è davvero...wow" spalanca gli occhi castani e arriccia le labbra sottili, assumendo un'espressione buffa.
"So che è difficile da crederci, ma è la verità ed io ho bisogno del tuo aiuto."
Ben mi guarda. I suoi occhi mi scrutano con attenzione, sta riflettendo; lo capisco dallo sguardo, dal silenzio assordante che ci circonda.
"Sei proprio antipatico lo sai? Certo che ti aiuto, non potrei mai dirti di no" sbuffa scuotendo la testa e poi accenna ad un piccolo sorriso.
Tiro un sospiro di sollievo. Avere il suo appoggio mi consola.
"Grazie" dico e senza preavviso lo stringo in un abbraccio amichevole. Gli do una pacca sulla spalla e poi ritorno al mio posto, assumendo la solita espressione seria e distaccata.
"Andiamo a cena adesso" annuncio avviandomi verso l'uscita dalla stanza.

Apro la porta della mia camera da letto ed esco seguito da Ben. Scendiamo le scale silenziosi, immersi nei nostri pensieri. Lui sicuramente starà pensando a come sia possibile tutto ciò, a cosa potrà mai essermi utile; mentre io penso a solo una persona: Riley.
Avrei dovuto parlarne prima con lei, riflettere insieme a lei e decidere se potesse essere d'aiuto oppure no.
Invece sono stato un egoista, come sempre.

"Una cosa però non mi è chiara..." mi blocca poco prima di prendere posto.
"Cosa c'entra Riley in tutto ciò?" domanda.
Ancora una volta i suoi occhi mi fissano con attenzione, non si allontanano nemmeno un secondo dal mio viso. Ho come l'impressione che se mentissi in questo momento, lui riuscirebbe a capirlo.

Scusami Riley.
Sono uno stronzo.

"Riley lavora segretamente al cimitero di Windsburg. È grazie a lei se mio padre è riuscito a mettersi in contatto con me."

Scusa Riley.
Non ti merito nella mia vita.

***

RILEY

"Allora tesoro, come va a scuola?" mi chiede mio padre dall'altro capo del telefono.
"È sempre tutto un po' frenetico, ma direi che va bene" sorrido.
"Ti andrebbe di venire questo fine settimana a New York? Ai gemelli manchi tanto ed io e Sam non vediamo l'ora di abbracciarti."
"Certo! Devo solo organizzarmi, ma puoi tenermi in considerazione per venerdì sera" dico, "adesso però devo andare, un bacio pà"
"A presto piccola mia."

Chiudo la chiamata e contemporaneamente chiudo anche il mio armadietto. Mi guardo attorno sperando di incontrare due grandi occhi verdi, ma i primi che attirano la mia attenzione sono invece due occhi castani.
"Ciao!" una voce squillante mi invade le orecchie. I lunghi capelli castani sono ben acconciati in una treccia alla francese perfetta per la sua forma del viso.
"Hey, Gwen!" rispondo e lascio due baci sulle sue guance rosee.
"Ti ho disturbata? Ho visto che stavi parlando al telefono."
"Oh, no" ridacchio, "parlavo con mio padre, ma stai tranquilla...avevo già chiuso la chiamata."
Gwen mi sorride dolcemente, mettendo in evidenza i suoi splendidi denti bianchi perfettamente allineati. Anche oggi, come sempre, è di una bellezza disarmante. Semplice, ma d'effetto.
"Ti va di pranzare insieme oggi?" mi chiede iniziando ad incamminarsi verso la prossima lezione, che fortunatamente abbiamo in comune.
"Certo! Ormai è un appuntamento fisso, non ti libererai di me" rido prendendola in giro.

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