34. Te ne vai?

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"Si può sapere dove sei stato?" Esclamo dirigendomi a grandi falcate verso di lui. Le spalle larghe di Axel si abbassano mentre dalle sue labbra esce un sospiro.

È passata una settimana dall'ultima volta in cui ci siamo visti, precisamente quando abbiamo appreso che il nonno di Axel ha lasciato in eredità tutto a suo nipote.
Dopo che il notaio ha riferito ai familiari le ultime volontà dell'uomo, Ben e Gwen erano visibilmente in imbarazzo; così come me. Siamo andati via e da quel giorno non abbiamo più visto il neo proprietario delle Haynes Industries.
Inutile dire che non sentirlo e non vederlo per tutti questi giorni, mi ha provocato una certa ansia; una pensantezza al cuore continua dovuto ad un mix tra la paura che gli fosse capitato qualcosa e il pensiero di perderlo.

Quando finalmente riesco ad incastonare i miei occhi cerulei nei suoi occhi smeraldo, il fastidio al petto sembra sparire. Mi sembra di tornare in pace con me stessa. Come se l'equilibrio del mondo fosse appena stato assestato ed io mi trovassi in un limbo.

"Tutto ok? Sei sparito per giorni" dico fermandomi ad un palmo dal suo petto. Nel momento in cui china il suo viso verso di me, trattengo un sorriso. Mi guarda dall'alto, con il suo solito atteggiamento da strafottente, ma ormai so che il suo è solo un modo per non far vedere la sua vera natura.
"Ho avuto un po' di casini a casa" afferma gelido. Il suo tono di voce mi fa corrugare la fronte.
"Che succede?" chiedo.

Axel porta una mano dietro la nuca, inizia a grattarsi la testa velocemente come se provasse un certo imbarazzo.
Distoglie il suo sguardo, sbuffa più volte e il suo atteggiamento evasivo mi fa realizzare che è davvero qualcosa di serio. Solo dopo questo suo strambo modo di fare noto le valigie non molto distanti dal suv nero parcheggiato sul vialetto di casa sua.
Immediatamente mi irrigidisco. Faccio un passo indietro mettendo della distanza fra noi.

"Te ne vai?" la voce tremante riporta alla realtà il giovane. Segue il mio sguardo comprendendo di essere stato sorpreso mentre tentava una fuga silenziosa.
Rimaniamo in silenzio un paio di secondi, senza avere il coraggio di dire un'altra parola. "Sì..." bisbiglia dopo attimi che mi sono sembrati un'eternità, "per il momento solo un paio di settimane, ma non so se dovrò trasferirmi di nuovo a New York."

New York.

"P-Perché?"
"L'azienda di famiglia si trova lì... ed io sono l'unico erede."
Un mezzo sorriso si forma sulle mie labbra. "Giusto..." sussurro.

No, Riley! Non è per niente giusto!

"C'è bisogno di me lì" termina. Il suo tono di voce si è fatto pian piano più piatto, più difficile da decifrare. Alzo nuovamente lo sguardo sul suo viso e in questo momento mi sembra di vedere il ragazzo impenetrabile di qualche mese fa. Quell'Axel difficile, scorbutico... ferito.
Un Axel che non ho più visto negli ultimi tempi e che non mi sarei mai aspettata di rivedere da un momento all'altro.

"Non mi avresti salutata?" chiedo, nella speranza che i mille pensieri nella mia testa trovino un po' di pace.
Mi basta l'esitazione sul suo viso a farmi capire che sarebbe andato via senza dire nulla e che probabilmente non sarebbe più tornato a Windsburg. Non sarebbe più tornato da me.
Continuando a non ricervere risposta, decido di porre fine a questo strazio.

"Fai buon viaggio, spero che la situazione con tuo zio si risolva presto..." indietreggio.
Lancio un ultimo sguardo alla sua figura, questa volta riesco a notare un velo di tristezza nei suoi occhi, ma fingo di non farci caso. Attraverso il prato all'inglese velocemente, gli do le spalle e salgo in auto per sfrecciare via da qui, via da lui.

Sento una lacrima bagnarmi il viso, ma non presto troppa attenzione a questo piccolo dettagli. Ciò che mi provoca fastidio è il vuoto che sento nel petto. Un dolore lancinante, come se mi avessero appena spezzato il cuore.

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