Capitolo 19

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James aveva sempre saputo di provenire da una famiglia speciale. Fin da piccolo aveva subito frequenti intrusioni di giornalisti e curiosi, come se il solo essere figlio di Harry Potter lo rendesse una bestia rara. Da ragazzino aveva in qualche modo apprezzato la notorietà, si era sentito famoso, unico. Si era vantato per anni di portare quel cognome.

Poi era cresciuto.

Aveva deciso di essere indicibile per non essere più famoso solo per il suo nome, ma per le sue azioni, voleva essere speciale. Voleva distinguersi dalla sua famiglia, sapere più cose di loro e poterli battere in qualcosa.

Eppure... Harry Potter aveva già fatto anche questo.

Sapeva che l'uomo seduto davanti a lui, per quanto potesse sembrare suo padre nell'aspetto e nei modi, non era altro che un ricordo.

Sapeva che la missione era usata anche nell'accademia auror ed era scontato che ci fossero anche alcuni di loro sul campo.

Sapeva che questo non avrebbe cambiato niente, che suo padre non lo poteva riconoscere. Non era neanche sicuro di essere già nato ai tempi della missione.

Eppure, un senso di disagio si era impossessato di lui. Il sorriso si era fatto più teso, le sopracciglia si erano aggrottate e la voce sembrava averlo tradito. James, però, era un futuro indicibile e non avrebbe lasciato che suo padre rovinasse la sua missione.

"Buonasera signor Potter" rispose al saluto dell'uomo abbassando gli occhi "serata tranquilla, lei?"

"Ancora a darmi del lei!" rise l'uomo "Quante volte ti dovrò ripetere di chiamarmi per nome e senza quel pomposo titolo?"

Un osservatore esterno avrebbe pensato che Harry fosse perfettamente tranquillo e a suo agio, ma James conosceva fin troppo bene come il padre esprimesse l suo nervosismo. Lo aveva imparato a sue spese, a suon di sgridate e castighi.

La mano sinistra dell'auror continuava a scompigliare i lunghi capelli neri, non ancora striati d'argento, mentre la destra era stretta in un pugno e lasciava intravedere la scritta non devo dire bugie.

Neanche per un secondo il ragazzo sospettò che quello potesse essere un impostore, nessuno avrebbe potuto imitare così bene l'uomo e le sue idiosincresie.

"Potter" borbottò l'uomo seduto tra padre e figlio, non troppo soddisfatto dalle attenzioni che Kate stava dedicando al nuovo arrivato.

"Goyle" rispose con lo stesso tono l'uomo "Kate se puoi lasciarci da soli, dovremmo discutere di faccende di lavoro".

James si rabbuiò, si era appena fatto soffiare da suo padre un ottimo aggancio per il clan di mangiamorte. Si ricordava bene quando, pochi anni prima, Goyle era stata arrestato per aver praticato la maledizione cruciatus su alcuni babbani innocenti.

Controvoglia si allontanò dal bancone, dopo aver salutato gli uomini con un cenno, e osservò con attenzione il locale. Riconobbe molti dei suoi compagni impegnati in discussioni con individui ben poco raccomandabili, non riuscì, invece, a vedere da nessuna parte lo spilungone in cui si era trasformata Toshiko.

James imprecò sottovoce, si era fatto battere di nuovo! Ed era quasi esclusivamente colpa di quel pallone gonfiato di Harry Potter.

"Calma ragazzina" gli bisbigliò una voce profonda all'orecchio.

La 'ragazza' sobbalzò, ma tirò presto un sospiro di sollievo notando il corpulento uomo che le aveva rivolto la parola.

"Cosa ci fa tuo padre qui?" chiese Eveleen con le sembianze di babbo natale.

"È una missione degli Auror probabilmente è qui per il nostro stesso motivo, ma mi ha appena soffiato l'aggancio per i mangiamorte. A te come sta andando?" rispose James tentando di sembrare più naturale possibile e di non scoppiarle a ridere in faccia, era dura pensare alla sua vecchia amica nascosta dietro a quel barbuto omone.

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