Dublino

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Buongiorno!
Questo capitolo è più descrittivo del solito, ma spero vi piaccia lo stesso.
Mi è servito un po' come "rampa di lancio" per i capitoli successivi, quindi preparatevi perché le cose si faranno a breve più interessanti.
Buona lettura!!

***

Mi svegliai nell'udire una portiera che veniva chiusa con forza. Sobbalzai con il cuore in gola e mi guardai in torno guardinga, cercando la fonte dell'imminente pericolo, ma tutto ciò che trovai fu la bocca di Declan, a pochi centimetri dai miei occhi, incurvata in un sorriso divertito.

«Dormito bene?» mi domandò lui e, quando riuscii a liberarmi dal torpore del sonno e a mettere il ragazzo a fuoco, mi resi conto di aver dormito contro la sua spalla per tutto il viaggio.

Mi stropicciai gli occhi e, arrossendo leggermente, borbottai: «Questo è decisamente imbarazzante. Mi dispiace, scusa...».

«Non ti preoccupare» mi rassicurò Declan, rivolgendomi un sorriso gentile, «E poi sei carina, quando dormi» aggiunse.

Rimasi qualche secondo interdetta, fissandolo come un pesce lesso: «Oh, ehm... grazie?» balbettai, presa in contropiede.

Aveva detto che ero carina? Carina come?

Il ragazzo si lasciò sfuggire una mezza risata e, senza una parola di più, scese dalla vettura.

Scossi la testa, ancora intontita dal sonno, e mi tirai uno schiaffetto sulle guance: «Sveglia, Rowan. E basta con le figuracce».

Aprii la portiera e misi il naso fuori dalla macchina, guardandomi intorno incuriosita: ci trovavamo in un parcheggio in centro città, ed eravamo circondati da alti edifici colorati. La nebbia si era diradata e un pallido sole faceva capolino fra le sparse nuvole, che macchiavano con ciuffi bianchi l'altrimenti azzurro cielo d'Irlanda.

Un estivo torpore permeava l'aria, e alle grida dei gabbiani si accostavano lo squillare dei clacson e il risuonare delle sirene, rumori cittadini ai quali non ero mai stata abituata.

Eravamo arrivati a Dublino.

«L'hotel di Ceara è appena oltre l'angolo» mi riportò alla realtà la voce di Solamh e, sollevando li occhi su di lui, lo vidi incamminarsi verso l'uscita del parcheggio.

Gli trotterellai dietro ma, poco prima di raggiungerlo, dei tonfi provenienti da una delle automobili mi fecero bloccare di colpo.

Saoirse, che si trovava poco distante da me, aggrottò le bionde sopracciglia e domandò: «Lo senti anche tu?».

Annuii perplessa e, con tutti i sensi all'erta, tornai sui miei passi e mi avvicinai silenziosamente alle macchine, cercando di comprendere la natura dei colpi sordi che riuscivo distintamente ad udire.

«Mi sembra vengano dall'auto di tua sorella» sussurrai a Saoirse, indicandole la parte posteriore del veicolo, che ondeggiava piano, ammortizzato dalle ruote.

«Che cazzo...» mormorai, ma uno strillo mi interruppe prima che potessi concludere la frase: «Ehi! Apriteci, siamo qui dentro!».

Sgranai gli occhi e, incredula, sbottai: «Sembra... Labhraidh? Sei tu?».

«Rowan, finalmente! Aprici, siamo nel bagagliaio di Neacht!» ululò la voce del mio amico, seguita da tonfi e imprecazioni provenienti dall'auto in questione.

Saoirse mi precedette e, non appena fece scattare l'apertura della porta posteriore, un groviglio di membra rotolò fuori dall'auto.

«Deficiente, mi sei caduto sulla gamba!».

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