Chiarimenti

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Non appena fui all'esterno, la pioggia gelida mi colpì come uno schiaffo in pieno viso, facendo tremare violentemente tutte le mie membra a causa del violento shock termico. In pochi secondi mi ritrovai completamente zuppa, con i capelli appiccicati al viso e i jeans incollati alle cosce. La visibilità era ridotta al minimo, tanto che Labhraidh, pochi metri avanti a me, non era altro che una sagoma indistinta.

Piccoli torrentelli si erano già formati lungo la collina e l'erba fradicia slittava sotto le mie scarpe, rendendo la discesa estremamente complicata.

Scivolai un paio di volte, rischiando di spezzarmi le caviglie nel tentativo di non rovinare a terra, e ad un certo punto Michan, appena dietro di me, perse l'equilibrio e cercò di mantenersi in piedi reggendosi a me. Purtroppo per lui, la mia stabilità era molto precaria e, in men che non si dica, ci ritrovammo entrambi con il sedere a terra, a sguazzare nel fango come due maiali nella porcilaia.

«Ce l'ho in bocca, che schifo!» lo sentii strillare, per poi vederlo sputare terriccio marrone con espressione disgustata.

Le risate di Saoirse e di Declan superarono in intensità lo scrosciare della pioggia, subito seguite dalle mie e da quelle di Michan.

«Forza, muoviamoci che fa un freddo cane!» esclamò quindi Michan, superandomi e correndo dietro a Labhraidh, che era ormai lontano.

Riuscimmo ad arrivare al parcheggio senza altri intoppi, e qui trovammo Labhraidh rintanato dentro la macchina di Rìan, con il riscaldamento acceso e le mani davanti alla bocchetta di aria calda.

Corsi sul lato del passeggero e, sbattendo con forza la portiera, strillai esaltata: «Hai le chiavi?».

Il mio migliore amico mi rivolse un ghigno malvagio: «Quel genio della tua Strega Guida le ha lasciate nel quadro».

«Forza allora, andiamocene! Voglio farmi una doccia bollente» lo incitò Saoirse, sporgendo la testa bionda dai sedili posteriori.

Labhraidh non se lo fece ripetere due volte e, ingranando la retromarcia, fece manovra, per poi immettersi sulla strada principale.

Procedendo a passo d'uomo a causa della nebbia che si mangiava il paesaggio e a causa dei tergicristalli che faticavano a stare al passo con la pioggia torrenziale, alla fine ci impiegammo mezz'ora secca per percorrere i sette chilometri che ci separavano dalla locanda.

Quando finalmente arrivammo, parcheggiammo alla bell'e meglio la macchina di Rìan e, rapidi come il vento, ci catapultammo all'interno della bettola.

Non appena Bern ci vide entrare, si alzò rapidamente dallo sgabello sul quale era svaccato, e venendoci in contro con il ventre che ondeggiava e con gli occhi luccicanti di curiosità, ci domandò: «Li avete visti? Avete visto i fantasmi?».

«Eccome se li abbiamo visti, amico mio!» sbottò Labhraidh e, tirando su la manica della felpa che indossava, gli mostrò l'avambraccio: «Guarda qua, quei piccoli bastardi ci hanno attaccati! Mi hanno morso!».

Il volto di Bern perse ogni colore, divenendo improvvisamente bianco come quello di un cadavere: «Che... che diamine!» balbettò, poi, grattandosi la testa con espressione confusa, ipotizzò: «Si saranno spaventati per il temporale... povere bestiole, chissà se hanno delle tane per ripararsi da tutta questa pioggia!».

«A proposito!» esclamò quindi, sbattendosi il palmo sulla fronte, «Vi servono forse delle camere?».

Gli rivolsi un sorriso riconoscente: «Sì grazie, Bern. Potremmo magari anche fare la doccia? Abbiamo preso un freddo del diavolo».

«Oh, certo, sicuro!» esclamò l'oste, «Seguitemi, vi faccio vedere i bagni. Sono comuni, mi dispiace» aggiunse poi, guardando me e Saoirse con un'espressione corrucciata.

Sangue di DiscendenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora