La Spada

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Vi fu uno scricchiolio ma, purtroppo, non provenne dalla spada: a scrocchiare fu la spalla del guerriero, il quale emise un grugnito di dolore e mollò rapidamente la presa.

«Signore, è il vostro turno» borbottò con un'evidente nota seccata nella voce, lasciando il posto a Saoirse e Neacht, le uniche due, oltre a lui, che erano in qualche modo imparentate con l'ultimo possessore della Spada di Nuada Mano d'Argento.

Neacht si chinò sulle ginocchia e, scrutando attentamente il manufatto, passò un dito sulla lama annerita. Borbottò qualcosa di indefinibile e strinse la presa sull'elsa, dandovi un lieve scossone.

Quando si rese conto che, anche questa volta, la spada non si era mossa di un millimetro, Saoirse cominciò ad indietreggiare.

«No. No, no, assolutamente no» sentenziò, allungando le mani davanti al corpo come se si volesse fisicamente proteggere da un pericolo.

«Saoirse...» mormorò Rìan, ma la ragazza lo bloccò sul nascere: «Non dire "Saoirse" in quel tono, O'Neill. Ti ricordo che tu non hai toccato la tua Lancia per più di un mese, quindi non osare nemmeno pensare di potermi dire qualcosa».

Neacht si rialzò e, raggiunta la sorella, la incoraggiò: «Vedrai che ne verremo a capo, sorellina. Non lasciare che sia la paura a dominarti».

«E tu non mi rifilare queste stronzate zen!» strillò la ragazza, iperventilando e iniziando a farsi aria con la mano.

«Okay, scusami. Volevo soltanto indorarti la pillola ma, se le mie stronzate zen non ti piacciono, allora te lo dico chiaro e tondo: se la spada è tua hai un dovere, Saoirse. Hai un dovere verso le streghe, verso la tua congrega e, soprattutto, verso te stessa» disse seccamente Neacht, posandole le mani sulle spalle e fissandola con severità.

«Ma non la voglio...» piagnucolò Saoirse, con la voce spezzata.

«Nemmeno Rìan la voleva. E neanche Rowan. Ma alla fine hanno dovuto affrontare la verità e hanno accettato i Doni» ribadì la sorella, in tono bonario ma autoritario.

Saoirse sbuffò pesantemente e, senza guardare in faccia nessuno, raggiunse il sarcofago e afferrò con forza l'elsa.

«Contenti?!» sbottò ma, quando strattonò la spada, questa non si mosse per la terza volta di fila.

Un silenzio desolato calò nella caverna.

Saoirse ci riprovò di nuovo e, non riuscendoci, si rialzò con un sorriso sbarazzino: «Non era destino!».

«Cosa significa?» mormorò Declan, avvicinandosi con circospezione al sarcofago.

«Possibile che ci sia un'altra spada... da qualche parte?» domandai, guardandomi intorno in modo quasi febbrile.

«No» Rìan scosse la testa, «Quando ho guardato dentro la testa del tuo antenato ho visto esattamente questo manufatto. Nero come è nero adesso, fuso con il sarcofago. La spada è giusta... siamo noi che siamo sbagliati» sbottò, calciando con ira un sasso contro la parete alle mie spalle.

«L'albero genealogico è sbagliato» comprese Grania, «Non sappiamo chi sia il vero discendente di Mathgamain... nessuno di noi può maneggiare la spada».

«Merda» imprecò Cian.

«Cosa comporta tutto ciò?» indagò Neacht accarezzandosi nervosamente la lunga treccia.

«Che dobbiamo stilare un nuovo albero genealogico... o chiedere a tutte le streghe d'Irlanda, vecchi e bambini, infermi e malati, di venire ad impugnare la spada» inveì Declan, digrignando i denti con talmente tanta forza che riuscii a udire lo scricchiolio della mandibola a due metri di distanza.

Sangue di DiscendenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora