La Spada pt.2

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Mi calai silenziosamente a terra, posando con una lentezza estenuante i piedi a terra, sui duri ciottoli di sasso, e mi acquattai contro la lastra di pietra che costituiva la parete laterale del sarcofago.

«Sei una puttana» sibilò una voce rauca e baritonale nell'oscurità.

Mi tappai la bocca con la mano, maledicendomi per non essere in grado di smettere completamente di respirare.

«Ti squarcerò la gola con i denti, brutta sgualdrina, e porterò la tua testa sanguinante a Finvarra» ringhiò ancora la fata, grondando odio e disprezzo da ogni singola sillaba.

Tastai alla cieca tutt'intorno a me, alla disperata ricerca di qualunque cosa potesse servirmi come arma.

«Dove sei, puttanella?» cantilenò, «Vieni da me, e forse sarò clemente con te... ti ucciderò prima che tu possa vedere le tue stesse budella sgusciare fuori dal tuo ventre giovane».

Rabbrividii dal terrore, e le mie dita sfiorarono un masso irregolare e acuminato.

Strinsi la presa attorno alla mia arma improvvisata, ma così facendo feci scricchiolare qualche sassolino sotto il palmo delle mie mani.

Udii un ringhio animalesco e la bestia mi fu addosso.

I suoi denti affondarono nella mia coscia, e io strillai di dolore e terrore. Incapace di controllare le mie azioni, lasciai che l'istinto prendesse il sopravvento e iniziai a menare colpi con la pietra, gridando con tutto il fiato che avevo nei polmoni ad ogni affondo.

Percepii un brivido sulla pelle e mi resi conto che la fata, che riconobbi come uno Spriggan non appena la sua pelle si illuminò di una debole luce giallognola, stava cercando di usare la sua magia su di me.

Prima che mi potesse incantare, misi a fuoco la sua brutta testa deforme e pelosa e la colpii con il sasso, con tutta la forza che avevo nelle braccia.

Colpii e colpii, senza sentire la stanchezza nelle braccia, né il peso del masso, né il rumore disgustoso che facevano le ossa del cranio quando si frantumavano sotto la pietra.

«Rowan! Per gli dei, Rowan rispondimi! Rowan!».

Mi riscossi e, mollando di botto il masso, mi alzai in piedi barcollando.

«Rìan?» domandai, vacillando verso la luce che brillava fra le mani dell'uomo.

«Cristo santo» sibilò, e un secondo dopo sentii le sue forti mani strette alle mie spalle.

«Grazie agli dei sei viva» mormorò, «Io non... non mi sono accorto che era qui. Mi dispiace terribilmente, Rowan, avrei dovuto... avrei dovuto perlustrare gli anfratti...» blaterò, con gli occhi grigi spalancati che correvano senza sosta sul mio corpo, per sincerarsi che fossi ancora tutta intera.

«Sei ferita? Che è successo? Per gli dei, c'è tantissimo sangue» mi tempestò di domande, ed io scossi la testa per schiarirmi la mente, sperando di dissipare la nebbia che mi aveva avvolta come una coperta.

«Io...» balbettai, poi, imponendomi di fissare Rìan negli occhi per non perdermi di nuovo, continuai: «Credo che la fata sia morta. Credo di averle fracassato la testa. Mi ha morsa su una gamba, però» spiegai, cercando di essere il più coincisa possibile.

«Okay, okay. Adesso ce ne andiamo, Rowan, promesso» mi disse con voce melliflua, poi aggiunse: «Prima devo solo controllare che sia morta morta».

Fece per allontanarsi da me, ma io lo agguantai per un braccio e, stringendolo con una morsa d'acciaio, lo implorai: «Non lasciarmi da sola, ti prego. Ho... ho paura» balbettai, stringendomi a lui come una bambina.

Sangue di DiscendenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora