Il bacio

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In questo triste e piovoso lunedì (piovoso a casa mia; spero che da almeno da voi il tempo oggi sia più clemente!) vi lascio un capitoletto!
Oggi introduciamo qualcosa di nuovo... Fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto🌺

***

Quella notte sognai Finvarra.

Ero in un fitto bosco, e stava rapidamente calando la notte. Una nebbiolina bassa strisciava rasente al suolo, allungandosi come le bianche dita di uno spettro fra i sottili arbusti, avvolgendo la foresta in una coperta di muto silenzio.

Io avanzavo rapidamente lungo il terreno dissestato, con il cuore in gola e la convinzione che qualcosa di orribile si trovasse alle mie spalle. Ogni tanto mi voltavo per controllare cosa vi fosse, ma nulla vi era fuorché l'oscurità... proprio ciò da cui cercavo disperatamente di scappare.

Nella mia fuga mi ritrovai in una porzione di bosco più fitta, e scheletrici rami iniziarono ad impigliarsi fra i miei vestiti e a graffiarmi il volto.

Come se fossero artigli, le frasche parvero stringersi di più a me, tirandomi con forza in avanti. Con orrore, mi accorsi troppo tardi che i rami appartenevano alla corona di Finvarra, e che egli mi stava aspettando con i canini sguainati al centro di una radura poco distante.

Mi dibattei disperatamente, cercando di sfuggire ai rami che mi trascinavano inesorabilmente verso il Sovrano delle fate, ma ben presto mi ritrovai a fissare le sue terrificanti iridi nere come la pece.

Le ombre celate nei suoi occhi parvero trascinarmi nell'oscurità, e io annaspai in cerca d'aria, come se stessi affogando.

La perfida risata di Finvarra mi riempì le orecchie ed io cominciai ad urlare, cercando invano di sovrastare la sua voce con la mia.

Mi svegliai dall'incubo solo quando Neacht mi rifilò un ceffone sulla guancia sinistra.

Sobbalzai nel letto, annaspando fra le lenzuola umide di sudore, e i miei occhi ancora annebbiati dal sonno vagarono inquieti per la camera.

«Scusa» borbottò la Guerriera, «Non riuscivo a svegliarti» si giustificò, aiutandomi poi a districarmi dal groviglio di coperte nel quale ero rimasta intrappolata.

Quando finalmente mi fui liberata, rabbrividii nel pigiama fradicio di sudore e bofonchiai: «Ho sognato Finvarra».

Saoirse mi offrì un bicchiere di acqua e ribadì: «Lo abbiamo immaginato: continuavi a ripetere "il Sovrano ci ha trovati, egli è vicino, egli è vicino". Mi hai fatto è paura, per qualche istante» ammise, sedendosi a gambe incrociate sul letto.

Ingollai rapidamente l'acqua e, asciugandomi poi distrattamente le labbra con la manica del pigiama, mormorai: «Era solo un brutto sogno... ogni tanto mi capita».

Le mie parole, però, non suonarono convincenti, perché la paura mi era rimasta incollata addosso come una seconda pelle. Nemmeno il sorgere del sole servì a dissipare il mio malumore, e l'inquietudine di quella mattina non fece che accentuare le occhiaie nere che mi avevano cerchiato gli occhi durante la movimentata nottata.

Quando finalmente fece mattino, raccattai le poche cose che avevo lasciato in giro per la camera e le sistemai nella valigia. Sbuffai di fronte all'immagine sciupata e pallida che rifletteva lo specchio e, afferrando poi il mio piccolo trolley da viaggio, marciai a passi pesanti fuori dalla stanza.

Scesi al piano terra insieme a Saoirse e Neacht, e qui trovammo mia nonna intenta a salutare Ceara.

«Mi raccomando, avvertimi non appena arrivate a Kilbaha... e state attenti alle strade: oggi sono previsti diluvi torrenziali su tutta la costa Ovest» sentii dire dalla nostra oste in tono impensierito.

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