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Non avevo la ben che minima idea di quello di cui parlava. Sono felice che quelle ragazze non siano state costrette a fare qualcosa contro il loro volere, ma non sapendo chi le ha rapite e dove le ha portate non posso ancora mettermi il cuore in pace. E se ora fossero in situazioni peggiori di quelle che le attendevano? Certo, l'unica cosa peggiore di essere violate da uomini che ti trattano come oggetti comprati poco prima, è la morte. E se stessero rischiando la vita, catturate da qualche pazzo? Ho sentito che girano persone sospette che vivono nei boschi amanti della carne umana, ma si sarebbero spinto fino alle mura interne? Spesso sono uomini che vivono ai margini del Wall Maria, impazziti per il poco cibo a disposizione. No, sto divagando, come sempre. Lui sta parlando di una sola persona che ha fatto scappare tre ragazze da una carrozza ben protetta. Chiunque sia deve avere ottime capacità di camuffamento e saper bene come passare inosservata nella notte.
Devo assolutamente trovarle. Sono stata sospesa da ogni operazione del corpo di ricerca ma nessuno mi vieta di cercare delle ragazze rapite e, sentendo il primo testimone, rapite da una sola persona. Odio l'idea di dover aiutare questo disgraziato ma per il momento non c'è altro modo. E poi chissà: se le ragazze stanno bene potrei farle fuggire o aiutarle a trovare una sistemazione lontane dai lavori di mio padre. Sono persone che non hanno niente, nemmeno famiglia, e che se vengono rapite nessuno andrà a denunciare la loro scomparsa. Facile no? Ma anche triste perché chi denuncia il loro rapimento sono gli stessi rapitori a cui hanno rubato la scena. Che mondo di merda.
«[T/n]? Hey ci sei? Mi stai ascoltando?» Vengo riportata alla realtà da Sina che mi sta guardando corrucciata mentre la carrozza sobbalza tra le vie del distretto.
«Eh? Ah sì sì»
«E che ho detto?» indaga lei alzando un sopracciglio.
«Quanto tu sia fantastica?» Non stavo minimamente prestando ascolto e lei l'ha capito molto bene data la mia risposta, infatti sbuffa rumorosamente per lasciarsi cadere contro lo schienale del mezzo.
«Quello lo sapevo, non c'era bisogno di sottolinearlo. E no idiota, ora vedi di ascoltare: ho chiesto come pensi di nascondere quell'occhio nero agli altri. Se venissero a sapere che sei stata coinvolta in una rissa nelle tue condizioni...non voglio essere presente al caziatone, risparmiami i monologhi»
L'occhio pulsa ancora ma decisamente fa meno male di quando l'uomo che si definisce mio padre, anche lui non molto felice di questo appellativo, mi ha sferrato un pugno per ripagarmi e lasciarmi un promemoria per sbrigarmi a ritrovare la sua "merce" preziosa. Altro che Gune, avrebbe fatto meglio e avrebbe sprecato meno soldi se fosse stato lui ad allenarmi a combattere.
«Penso coprirò il tutto con un po' di trucco. Ma non pensiamoci ora, è tardi. Dormi pure» la rassicuro. La ragazza mi guarda un po' titubante e dopo qualche altra incitazione al riposo si stende sul sedile e cullata dall'andatura della carrozza si addormenta.
È nuovamente notte e sono tornata a essere sola nell'abitacolo con la luna a splendere in cielo. In questo momento voglio solo tornare a casa, anche se non ne ho più una fissa da molto tempo ormai, e poter riabbracciare tutti. Loro, in quello che è meno di un anno, sono diventati la mia casa. Ormai un po' diroccata per le varie perdite ma pur sempre casa. In questo poco tempo sono successe così tante cose che non lo sarei mai immaginata. Una di queste? Diventare amica di Reka.
Ricordo ancora quando ci vedemmo per la prima volta. Era un giorno come gli altri e quella mattina stavo accompagnando mia madre a fare la spesa per le bancarelle del paese. Stavo indicando quale frutta mi ispirasse, con una gran noia che mi tormentava, quando un gruppo di bambini che, ipotizzai avessero all'incirca la mia età, passarono a gran velocità vicino a noi. Ridevano e gridavano, lanciando un palla da una parte all'altra cercando di non farla cadere e schivando i passanti. Li guardavo curiosa, incantata dalla loro vitalità, e non mi accorsi che una bambina mi stava chiamando.
«...HEY!» urlò infine per risvegliarmi.
Scossa la guardai nascondendomi dietro la gonna di mia madre che mi guardò perplessa.
«Oh allora dai segni di vita!» sorrise allora la bambina dai capelli candidi. A differenza di ora che li ha molto corti, un po' più lunghi da un lato ma che non superano mai il mento, all'epoca aveva sempre i capelli lunghi raccolti in una treccia. Il suo sorriso era così ampio che chiuse anche gli occhi.
«Ti stavo chiedendo se avessi voglia di giocare con noi» squittì ancora sorridente.
Mi sorprese non poco quella proposta. Nessuno prima di allora mi aveva mai invitata a giocare. Guardai allora mia madre che un dolce sorriso mi diede il permesso e, ricambiando il sorriso, corsi subito dietro alla bambina e ai suoi amici.
«Io mi chiamo Reka, e tu?»
«[T/n]»
Passai il pomeriggio più divertente della mia infanzia finché non tornai a casa. Quando mio padre mi vide sporca di terra e con i capelli scompigliati andò su tutte le furie, sgridando me per aver preso parte ad attività tanto disgustose e arrabbiandosi ancora di più con mamma, che aveva accettato quella proposta. Da allora, per non vedere più mia madre venir trattata in quel modo, quando Reka e la sua combriccola pausavano a chiamarmi per giocare mi costringevo a rifiutare e portando, via via che venivano rigettati i suoi inviti, la bambina a odiarmi. Ogni volta che chiudevo quella porta mi sentivo sempre più triste. Volevo spiegare perché rifiutavo ma sapevo anche che, raccontando tutto su mio padre, avrei fatto fare una brutta figura alle sue attività. Ora come ora lo avrei fatto. Sarebbe stato un bene per tutti non avere a che fare con quell'uomo.

𝕄𝕌ℝ𝔸 {Jean x reader}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora