E' una cazzata.

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Our minds have new eyes and visions of youGirl, I think I need a minuteTo figure out what is, what isn'tThese choices and voices, they're all in my headSometimes you make me feel crazySometimes, I swear I think you hate me like uhI need a walk, I need a walk, I need to get out of here'Cause I need to know

13-10, Seoul.

Avevi detto che un giorno mi avresti fatto visitare Seoul, eppure mi trovo in questa città senza di te, non capisco se sei tu a non saper mantenere le promesse o se sono gli altri che si impegnano per darci ostacoli. 

Probabilmente la seconda, mi ricordo ancora tutto ed è questo che mi uccide lentamente ogni giorno sempre di più. 

Sei ancora troppo vivido dentro di me, come posso andare avanti cosi? Non posso.

L'ennesimo studio questa volta si presenta in maniera più professionale e senza delle ridicole mattonelle bianche almeno. Mi chiedo cosa possa far pensare a questi medici da strapazzo che delle mattonelle del cesso bianche siano un'ottima idea per i loro studi. Una ridicola segreteria con un neo più grande del suo naso mi indica di poter entrare nello studio più disordinato nel quale io sia mai stato. Patetico.

"Prego, chiudi la porta." Mi intima un signore da dietro la scrivania che dovrebbe attribuire il titolo di medico o qualcosa di simile. Chiudo la porta come da richiesto e mi siedo sulla poltrona marrone d'obbligo di fronte a lui. Questo penso sia il medico più brutto che io abbia mai visto negli ultimi mesi, i suoi doppi menti fanno intravedere dei peletti e i suoi pochi capelli in testa sono sporchi. Mi sta venendo la nausea a stare qui. "Allora, Jeon, ho saputo dai tuoi che non stai molto bene ultimamente." Inizia il suo discorso, come da manuale.

"Non sto bene a causa loro."

"Perchè? Cosa ti hanno fatto?" Mi hanno solo strappato di dosso la persona piu importante per me. Non rispondo. "I tuoi mi hanno detto che si sono trasferiti a Seoul perchè amavi questa città, come mai? Ci sei mai stato prima?"
"E' una cazzata. Ero solo illuso di amare Seoul, non mi piacevano le persone a Mokpa ma quella città non mi ha fatto niente di male. E non voglio stare a Seoul, mi manca l'aria in questo posto del cazzo!" Il dottore sembra davvero senza parole, pensavo che i miei l'avessero avvertito dei miei piccoli problemi di rabbia e invece sembra cosi colto di sopresa.

"Ti senti mancare il respiro??" Eccolo che scrive, che nervoso.

"Mi sento come se qualcosa mi stringesse con forza la gola."

"Cosa fai per non farlo succedere?"

"Nulla." Silenzio. 

"Pensi che se tornassi a Mokpa staresti meglio?"

"No." Perchè ormai lui a Mokpa non c'è più. Il tempo passa velocemente con tutte queste domande inutili, è quasi finita l'ora e mi arriva un messaggio da parte di un numero non salvato sulla mia rubrica.

Sono Jimin, sono a Seoul, voglio parlarti.

Ma che cazzo sta succedendo alla mia vita?? Sembra una brutta barzelletta. Gli mando la mia posizione, non saprei spiegargli in altri modi dove mi trovo. Mando un messaggio a mia madre dicendole di non venirmi a prendere, che voglio tornare a casa solo. La sua risposta speranzosa che io abbia fissato un secondo appuntamento col medico e le rispondo di si, almeno cosi posso parlare con Jimin. Dopo aver fissato il secondo appuntamento con questo puzzone dalle ascelle sudate mi affretto a raggiungere l'uscita, sta piovendo, una piccola pioggia per salutare l'arrivo dell'autunno. Jimin è fermo accanto a me, nemmeno mi sono accorto della sua presenza a causa della mia ridicola ossessione per la pioggia. Sta fumando una sigaretta ed allunga il pacchetto verso di me per offrirmene una. La accetto, sono mesi che non fumo, me lo devo.

"Cosa ci fai qui?"

"Buon compleanno a me." Ah vero, me l'ero dimenticato.

"Buon compleanno, Jimin." Silenzio, il rumore della pioggia violenta contro l'asfalto ci fa da sottofondo. Non voglio guardarlo e non voglio che lui guardi me. Sono ridicolo, sono brutto, non sono più io. 

"Cosa ci fai in questo posto?" La sua domanda sembra realmente interessata, saranno i sensi di copa.

"Non lo sai? I miei mi vogliono curare." Sospira pesantemente. Prendo il coraggio per fissarlo. Sembra uno di quei protagonisti di film francesi che Taehyung mi costringeva a guardare. Una maglietta a righe bianche e rosse, forse c'era anche il nero, è intrappolata dentro un paio di pantaloni larghi neri. Ha il suo stile.

"Io.. Io non capisco ancora cosa sia successo. Insomma, perchè avete dovuto fare tutto questo." Non mi sorprende che Jimin non capisca, non ha mai capito, ma non starò di nuovo in silenzio, non più.

"Perchè ci amiamo." Nessuna risposta.

"So che non dovrei dirtelo.. ma l'ho visto." Il mio cuore riprende a battere, dopo mesi. Era passato cosi tanto tempo da quando mi avevano dato sue notizie che neanche mi ricordavo più questa sensazione di essere interamente investiti.

"Come sta??" La mia voce è troppo acuta, ma non mi interessa, ho bisogno di sapere come sta.

"Ha tutte le braccia fasciate, non sta bene." Cosa pensavo? Che sarebbe rimasto l'allegro ragazzo di questa estate dopo tutto quel trambusto?? Come sono ridicolo. "Ha scritto il tuo nome su tutte le su braccia." Una piccola pausa per ispirare il fumo. "E' terrorizzato dall'idea di dimenticarti." Come biasimarlo? Ogni sera prima di andare a dormire cerco di ricordarmi qualche nostro episodio particolare per non dimenticarmi la sua voce cosi calma. Il mio incubo più grande.
"Dove vi siete visti?"

"Questo non posso dirtelo, i tuoi non mi permetterebbero più di parlarti."

"Non gli ho detto che mi vedevo con te."
"Ma io si o non avrei ottenuto il tuo numero." Altro silenzio.

"Per il resto? Come sta?"

"I suoi hanno divorziato ed ora abita con la madre. Ha detto che è una pazza e non ha intenzione di comprargli un telefono nuovo. La sua famiglia si preoccupa di più per un telefono che delle sue braccia, è assurdo." Non è questa la cosa più assurda, caro Jiminie. Abbasso lo sguardo sulle mie scarpe bianche, vorrei tanto tornare indietro ed essere più cauto. 

"Ti ha detto altro di me?" Getta con rabbia la sigaretta contro una pozzanghere voltandosi completamente verso di me, con le spalle appoggiate al muro tinto molti anni prima con un orribile giallo appassito. 

"Ha detto che non smetterà mai di cercarti, Guk, che continuerà a farlo. Te lo sto dicendo in modo che tu possa essere preparato nel caso dovesse riuscirci."
"Non si trova a Seoul, vero?" La mia voce è incrinata, il pianto mi sta tradendo, vorrei tanto sembrare più forte.

"Mi dispiace, Guk, non si trova a Seoul e non penso tornerà in Corea ormai."



FUUBUTSUSHI | TAEKOOKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora