𝐪𝐮𝐚𝐭𝐭𝐫𝐨

1.5K 82 10
                                    

𝗜l pomeriggio seguente, Giada fu totalmente libera da corsi: ne aveva frequentato un paio al mattino, quindi decise di recarsi al parco insieme a Pepe, come ormai era consuetudine, per continuare lo studio di un manuale.

Per quella volta, Pepe insistè per rimanere accoccolato con il musetto sulle sue gambe, quindi Giada restò seduta sulla solita panchina con il libro tra le mani e gli AirPods nelle orecchie, con una playlist degli Oasis a farle compagnia.

Sfogliò, sottolineò, ripetè nella mente e staccò la spina osservando gli anziani chiacchierare, i cani passeggiare e i bambini sfrecciare sulle biciclette o sui monopattini seguiti dai genitori.

Perse il conto delle ore passate lì: tre di sicuro, e si accorse dell'avvicinarsi dell'ora di cena solo perché qualcuno si sedette dall'altro lato della panca.
Matteo.
Le cose iniziavano a quadrare.

La giovane tolse un auricolare, ma in un primo momento non sollevò lo sguardo dal libro.

Con la coda dell'occhio, tuttavia, lo vide esibire un sorriso e poggiare il braccio sullo schienale della panchina.
«Non mi avevi detto che lavorassi per l'Eco di Bergamo

Giada annuì, chiudendo definitivamente il libro per sollevare lo sguardo e posarlo su di lui.
«Non mi avevi detto che giocassi nell'Atalanta.»

Matteo ridacchiò.
«Hai ragione, te lo concedo.» commentò.

«Perchè non me lo hai detto? - domandò la studentessa - Quando mi hai detto che non frequentavi.»

Il ragazzo sospirò e accavallò le gambe.
«Ti sei mai chiesta perchè mi siedo sempre a questa panchina isolata, perchè vengo qui a questa ora quando non c'è così tanta gente, perchè ho cercato te oggi e anche l'altro giorno? - fece, guardandola attentamente - Gioco nell'Atalanta, non posso permettermi di andare a prendere un paio di scarpe che la gente mi assale per foto e autografi; li capisco, sia chiaro, sono stato io il primo, da piccolo, a sperare di incontrare il proprio idolo, e ancora ieri vedere giocare mostri sacri come Modric, Kroos e gli altri mi ha colpito, tanto che al tedesco ho chiesto la maglia a fine partita.
Beccare qualcuno che non ti conosce per quello che gioca nell'Atalanta è raro, tu eri una di questi e avevo bisogno di... di normalità. Di andare al parco, sedermi e studiare come un normale ragazzo. Nel vedere che mi sei venuta incontro, immaginavo volessi una foto o un autografo, invece... invece non mi hai riconosciuto, e devo ammettere di essertene grato. Mi hai fatto sentire un ragazzo normale, e per me significa tanto.»

Giada lo osservò colpita dal suo pensiero profondo, e soprattutto da quanto fosse difficile la vita da calciatore.
Insomma, da fuori sembrava facessero la bella vita, anzi sicuramente la facevano, ma la ragazza non aveva mai pensato al fatto che ogni giorno dovevano affrontare quei 'problemi' di notorietà.

«Non ti ho riconosciuto, e lavoro per l'Eco di Bergamo sognando di diventare giornalista sportiva. Quanto sono messa male?» si chiese affranta.

Per un attimo ci fu silenzio tra loro, finché Matteo non lo spezzò:
«Ti ho vista quando siamo passati con il pullman. - disse incrociando le braccia al petto - C'era un gruppo di ultras in festa e tu ti sei appostata lì sotto e hai scattato una foto. Pensavo fossi lì per incoraggiare, come tutti quei tifosi, poi ho visto, sul muretto appena dietro, il computer aperto con un'impaginazione giornalistica. Lì ho capito tutto.»

Giada sorrise maliziosa.
«Sì, non montarti la testa, - scherzò - non mi occupo di calcio, solitamente. Stilo articoli in generale, su ciò che mi chiede la relazione, spazio su più sport. È stato un caso che mi sia trovata al Gewiss l'altro pomeriggio.»

Anche Matteo distese le labbra in un sorriso.
«Eppure non mi hai conosciuto.» borbottò, facendola ridere.

«Te l'ho detto, non mi occupo solo di calcio. - ribattè, prima di lanciare un'occhiata a Pepe che giocherellava con la pallina di gomma che Giada si era premurata di comprargli - Ho fatto molti sacrifici per arrivare dove sono ora, vorrei che diventasse il mio lavoro a tempo pieno. Ora faccio solo su richiesta, solitamente nel weekend. Per questo dico che mercoledì non sarei dovuta essere lì.»

𝐅𝐀𝐕𝐎𝐋𝐄 || Matteo Pessina (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora