𝐧𝐨𝐯𝐞

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𝗤uando giunsero davanti a casa di Giada, lei non voleva lasciare la macchina, e Matteo non voleva che lei la lasciasse: un silenzio agghiacciante si era protratto per quegli attimi iniziali, e per questo Giada non seppe dire come fosse cominciata la conversazione che aveva poi portato il ragazzo a spegnere la macchina e accettare il suo invito ad entrare nell'appartamento.

Forse un po' quel timore che aveva provato più di altre sere, quella sensazione di sicurezza che provava invece ad averlo vicino, e l'inevitabile riflessione sul modo in cui si guardavano e si sorridevano con il conseguente desiderio di saperne di più erano stati i motivi che le avevano dato il coraggio di porgli la fatidica domanda 'ti va di entrare in casa?'.

E Matteo, beh, dal canto suo, poteva forse rifiutare?
Aveva avuto la fortuna di essere arrivato in tempo quella sera, troncando sul nascere qualsiasi intenzione avesse quel ragazzo al bancone che forse non era altro che uno dei tanti che ci provavano con lei e con le altre cameriere, e mettendo in chiaro una volta per tutte ciò che non aveva ancora ammesso a sè stesso: quella ragazza l'aveva colpito, e voleva scoprire tutto di lei.
Aveva infatti parecchie cose da domandarle, specie dopo averla vista al Botticelli, ma prima di tutto voleva assicurarsi che stesse bene, quasi fosse un suo dovere morale accertarsi che trascorresse sonni tranquilli.

La osservò infilare la chiave nella toppa e aprire, facendo poi strada a Matteo che si richiuse la porta alle spalle. Giada accese la luce del soggiorno, poggiò sul tavolo la borsa e il mazzo di chiavi e si sfilò il cappotto.
Lanciò uno sguardo al ragazzo.
«Vuoi darmi il giubbotto o lo tieni su?» gli domandò.

Lui fece spallucce e lo tolse, porgendoglielo e osservandola mentre appese entrambi all'attaccapanni.
Un lieve abbaiare giunse dalla stanza affianco, e appunto quando Giada tornò in soggiorno, dall'altra porta entrò contento Pepe, che si avvicinò alla padrona.

La ragazza sorrise, e nel suo viso era evidente la stanchezza mentre si abbassava per accarezzare il cane.
«Ciao Pepito, sì sono tornata amore mio.» gli mormorò toccando il morbido pelo.

Soddisfatto del trattamento ricevuto, Pepe concentrò allora la sua attenzione sull'altra persona, avvicinandosi titubante a Matteo e, probabilmente riconoscendolo, iniziò a gironzolargli attorno annusando curioso.

«Occhio che ora ti attacca.» commentò ironica Giada, osservando il suo animaletto e sollevando poi lo sguardo per incontrare gli occhi del calciatore.
Si guardarono un attimo, poi la ragazza distolse l'attenzione.

«Vuoi... non so, una tisana?» domandò un po' imbarazzata. Dopotutto, l'aveva fatto entrare in casa ma non era altro che un mezzo sconosciuto, e che aveva mai a che fare con uno come lui?
Non sapeva perchè gli avesse chiesto di entrare, e anche Matteo sembrò pensare la stessa cosa.

«No, grazie. - declinò l'offerta, prima di aggiungere: - Anzi, forse se togliessi il disturbo sarebbe meglio... a te serve qualcosa?»

Giada deglutì.
«Veramente mi... serviva un po' di sicurezza.» borbottò, abbassando lo sguardo.
Non si era mai sentita in soggezione al bar tanto quanto quella sera, e Matteo giunto proprio in quel momento era stato come un dono del cielo.
Lui, tra l'altro, rimase un po' spiazzato dalla risposta della giovane.

«Oh. Ehm, se hai bisogno allora rimango un altro po'.»

«Quando giochi?» tentennò lei, certa di star sfasandogli le sue abitudini.

Lui fece un gesto con la mano.
«Quello non è un problema. Lunedì sera, comunque, e parto domani pomeriggio per Verona.»

Giada annuì.
In circostanze normali, avrebbe notato che Verona era la sua città, che il destino tornava sempre e quel filo del fato che tessevano le tre parche si stava intrecciando sempre più. Ma in quelle condizioni, non disse nulla.

𝐅𝐀𝐕𝐎𝐋𝐄 || Matteo Pessina (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora