𝐪𝐮𝐢𝐧𝐝𝐢𝐜𝐢

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«𝗖om'è andata stasera? Clienti scomodi?» domandò Matteo, fissando la strada e guidando verso casa di Giada.

«No, tutto nella norma. - rispose lei, seduta al lato passeggero, sistemandosi sulle gambe la borsetta - E a te, alla cena, com'è andata?»

«Tutto a posto, i ragazzi sono davvero simpatici. Te li farò conoscere, prima o poi.» disse Matteo, e gli angoli della sua bocca si sollevarono un poco.

La giovane sorrise. Era lusingata del fatto che egli volesse farle conoscere i suoi compagni di squadra, sembrava un invito veramente elitario, il che la faceva sentire ancor più importante per lui di quanto probabilmente non fosse davvero.

Arrivati all'appartamento, Matteo parcheggiò e i due entrarono in casa.
Pepe li accolse, sfregando le zampette sulla caviglia del ragazzo, invitandolo ad abbassarsi e accarezzarlo.

Giada lasciò sull'appendiabiti il proprio cappotto, la borsa e poi anche la giacca del suo ospite.
Solo quando tornò verso la cucina e osservò meglio l'atalantino, notò quanto fosse elegante, con i pantaloni neri classici, una camicia bianca e la cravatta al collo.

Si soffermò a guardarlo forse un po' troppo, tanto che fu colta sul fatto proprio dal diretto interessato.
«Che c'è?» chiese infatti, accennando un sorriso, in quel modo che lo caratterizzava e che gli faceva spuntare quelle adorabili fossette sulle guance.

Giada inclinò il capo continuando a fissarlo; ingenuamente e molto sinceramente rispose:
«È che... vestito così, sei proprio un figo.»

Matteo scoppiò a ridere, e si intenerì di maledetto nel vedere gli occhi grandi di lei continuare ad essere inchiodati su di lui, con un'espressione seria e quasi incantata. Solo allora colse l'occasione per guardarla: ora che non indossava i soliti jeans strappati o larghi e non si perdeva nelle sue felpe giganti, riuscì a far scorrere gli occhi su di lei, senza essere ingannato dalla larghezza dei vestiti.
Il maglione era accompagnato da una gonna che le arrivava a metà coscia, fatta apposta per metterle in risalto le curve che, tuttavia, nel suo caso non erano mai sbocciate del tutto.

Il ragazzo aveva già visto il suo corpo, fin troppo attentamente nelle ultime sere, e pensò con egoismo di volerlo contemplare di nuovo anche quella notte.
Aveva perso la testa per lei, nonostante all'apparenza non avesse niente di speciale? Assolutamente sì.
La amava? Decisamente, ma non riusciva a dirglielo.
Lo sapeva, suonava così strano pure alle sue stesse orecchie: si conoscevano da poco, solitamente era troppo presto per mettere in gioco i sentimenti.
Ma loro... beh, per loro era tutto un altro discorso.

«Vedo che nemmeno tu sei messa male...» mormorò, avvicinandosi a lei con un sorriso - probabilmente da ebete - stampato sul volto.
Giada cercò di trattenere un sorriso, mentre gli zigomi le si tinsero di rosso.

«Tisana?» domandò lei, afferrandogli la cravatta e iniziando ad attorcigliarsela distrattamente attorno al dito.

Matteo sorrise e le posò le mani sui fianchi, attirandola a sè.
«Mh, mi sa che passo anche stavolta.» rispose, prima di baciarla con trasporto.

Giada si sentiva in paradiso, il modo in cui la faceva sentire quel ragazzo era del tutto nuovo: la trattava come se avesse paura sempre di farle del male o di spaventarla, si preoccupava per lei e la guardava sempre, sempre. I suoi occhi scuri erano sempre fissi su di lei, come a tranquillizzarla e dirle cose che a parole non sarebbe mai riuscito a spiegare.

Non si rese nemmeno conto di stare camminando, per inerzia, verso la sua stanza.
Niente tisana, nemmeno quella sera.

****

«Tu sai tanto di me, ma io poco di te.»

Giada aveva la testa sul petto di Matteo, che le stava accarezzando i capelli, e osservava il soffitto pensosamente. L'affermazione le era uscita piuttosto naturale, senza che potesse tenere a freno la lingua.

𝐅𝐀𝐕𝐎𝐋𝐄 || Matteo Pessina (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora