𝐯𝐞𝐧𝐭𝐢𝐪𝐮𝐚𝐭𝐭𝐫𝐨

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𝗠atteo non aveva mai aspettato così tanto un giorno dell'allenamento dopo il riposo.
Lunedì e martedì erano state due giornate infernali, passate a combattere contro se stesso dal non contattare Giada o passare da lei a portarle qualcosa da mangiare, o anche solo un po' di compagnia di cui, nonostante continuasse a negarlo, aveva grande bisogno.

A Zingonia mister Gasperini aveva pianificato, prima di una seduta di allenamento leggero, l'analisi tecnica della partita contro il Bologna, sostenendo che nonostante l'ampiezza del risultato ci fossero alcuni concetti da sistemare - anche perchè, se lo chiedevano tutti, dopo cinque gol aveva davvero qualcosa da lamentare?!

«Mi siete sembrati parecchio disattenti dopo il quarto gol. Non bisogna mai abbassare la guardia, nemmeno sul 4-0. - stava dicendo l'allenatore, guardando i suoi giocatori seduti di fronte alla lavagnetta con gli schemi annoiati e desiderosi solo di correre e fare esercizi fisici e non di 'fare gli scolaretti', come alcuni dei ragazzi chiamavano lo stare in ufficio a studiare partite già giocate - Dobbiamo mantenere il controllo della partita e manifestare appieno le nostre potenzialità, mettere in campo le nostre idee di gioco.»

Matteo si fece sfuggire uno sbadiglio, ma lo nascose dietro alla mano che gli sosteneva il capo mentre, silenzioso, seguiva distrattamente le istruzioni di Gampiero Gasperini.
«Ruslan, mi sei piaciuto in questo match. Hai recuperato parecchi palloni importanti a centrocampo e ti sei messo a disposizione della squadra. - continuò, complimentandosi con Malinovskyi, che in quella partita aveva davvero fatto bene - Ora parlo invece ai difensori: bisogna stringere un po' di più e impedire agli avversari di finire in area, dobbiamo migliorare l'approccio iniziale. Pierluigi, hai fatto buone parate, ma non sarebbero state necessarie se voi - disse, rivolgendosi principalmente a Toloi, Romero e Djimsiti - non aveste concesso troppo nei primi venti minuti.»

Fece una pausa, controllando poi sul foglio le sostituzioni che aveva effettuato per manifestare il proprio disappunto o la propria sorpresa nei subentrati.
«Poi tu, Teo, sei entrato un po' malaccio. - constatò l'allenatore, tirando la testa del numero 32 giù dalle nuvole - Eravamo già sul 4-0 ma mi aspettavo più aggressività, una marcatura di un certo spessore sull'avversario, invece eri molto distante dall'azione. Te l'ho detto anche in campo, no?»

Matteo annuì, ricordando le istruzioni del mister che gli chiedevano di non stare in fase difensiva ma di andare in pressione per cercare spazi e, perchè no, conclusioni in porta.

«Sì, me l'ha detto.» borbottò, arrotolando nervosamente il polsino della manica della felpa nerazzurra che indossava.

«Dove stavi con la testa?» chiese, inclinando il capo e guardando uno dei suoi ragazzi più bravi - e non talentuoso solo a giocare a calcio, ma anche in termini umani - che in quei giorni gli sembrava perso in un tunnel buio.

«Non sul campo, mister. - ammise, alzando gli occhi - È stato solo un fine settimana nero, non accadrà più.»

Gasperini annuì.
«Ci conto. Sai cosa mi aspetto da te.» fece, prima di buttarsi nuovamente a capofitto nell'analisi tecnica di Atalanta-Bologna di cui Matteo riuscì a seguire ben poco.

Al termine della sessione d'allenamento durata poco meno di un'ora, Matteo si recò verso la propria vettura per tornare a casa.

Strada facendo gli si avvicinò Marco Sportello.
«Il mister non mi è sembrato molto felice oggi.» cominciò, e Matteo si trovò d'accordo con lui.

«Già, avrà avuto dei validi motivi.» rispose, tirando dritto per raggiungere l'automobile il più in fretta possibile per andarsene a casa e cercare un modo per ammazzare il tempo senza pensare alla persona che nell'ultimo mese gli aveva cambiato la vita.

𝐅𝐀𝐕𝐎𝐋𝐄 || Matteo Pessina (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora