𝐝𝐢𝐜𝐢𝐨𝐭𝐭𝐨

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𝗔lle 13.30 precise Giada terminò l'ultima lezione e avvisò i suoi amici del fatto che sarebbe andata a casa con Matteo, al che tutti e quattro espressero il loro chiaro supporto con raccomandazioni o frasi che non era il caso di ripetere - il soggetto che le aveva pronunciate non poteva che essere Davide - dandosi appuntamento per il giorno seguente al bar della sede.

Una volta trovata l'automobile di Matteo, la ragazza vi salì e lo salutò, e con una breve chiacchierata sulla giornata trascorsa raggiunsero la casa del calciatore.
Come aveva potuto immaginare, era ben diversa dal suo misero ma funzionale appartamento a ridosso della funicolare: l'abitazione era spaziosa, aveva un giardino grande e ben tenuto, pieno di fiori, qualche pianta e un salottino davvero bello, e un portico sotto al quale Matteo parcheggiò la macchina.

«Forza, ti faccio strada all'interno.» disse chiudendo la vettura e aspettando Giada mentre girò attorno ad essa e lo raggiunse sulla soglia, quindi aprì e la fece passare.

I muri, alcuni grigi ed altri bianchi, delimitavano al piano terra una stanza spaziosa nel quale era contenuta una cucina con un immenso piano cottura e un tavolo allungabile; diviso da un arco vi era anche il salotto, con un grande divano, un mobiletto sul quale si trovava un computer e alcuni suppellettili e un altro un po' più grande su cui era posizionata una TV davvero gigante.

«È... magnifico.» riuscì a dire a stento, impegnata a osservare tutto.

Matteo le indicò una porta di fronte a quella di ingresso dalla quale erano appena entrati, vicino alla quale vi era poi il vano scala che portava al piano superiore.
«Quella porta dà sullo sgabuzzino e su quella che considero una lavanderia, e la scala porta alle camere e al bagno. Vuoi che te le faccia vedere o preferisci studiare?» domandò, e Giada si voltò a guardarlo quasi divertita.

«Certo che sei davvero stronzo. - lo apostrofò, avviandosi al tavolo - Sai, penso che studierò un po'.» aggiunse poi, spiazzandolo e in un certo senso sfidandolo.

Matteo non fece trasparire il suo disappunto e annuì.
«Allora vado a finire di preparare il trolley, che stasera parto per la trasferta di Roma. Mi trovi su, se hai bisogno, e se vuoi qualcosa da bere o da mangiare chiamami o serviti pure.» disse, sgusciando su per le scale.

Giada si sedette al tavolo e prese un libro, sottolineando soltanto un paio di pagine per poi richiuderlo e alzarsi, salendo silenziosamente le scale per raggiungere, a tentativi, la stanza dalla quale sentiva provenire i rumori di ante di armadi o di cerniere del trolley.
Appoggiò la guancia allo stipite della porta, spiando dentro.

«Quando giocate?» domandò, facendolo sobbalzare.

Matteo si voltò e quando la vide sorrise. Sapeva non sarebbe rimasta a lungo giù, senza di lui.
«Domani sera. Alle 19.00 devo essere al centro di Zingonia, partiamo una mezz'ora più tardi.»

La ragazza annuì.
«Hai bisogno di una mano?» chiese, alludendo alla valigia.

«No, grazie, sto via poco, quindi ho poche cose: la divisa ce l'ho allo stadio, qui ho solo le cose da allenamento e da riposo... dovrei avere tutto.» rispose, togliendola dalla scrivania per appoggiarla a terra e richiuderla, senza bisogno di sedercisi sopra come accadeva a volte.

Giada entrò nella stanza e si avvicinò a lui per poggiare la testa sul suo petto, cercando un contatto che Matteo fu felice di darle, stringendole le braccia attorno alle spalle.
«Non sto via tanto, promesso.»

La ragazza sorrise inspirando il suo profumo e godendosi la vicinanza con lui: sentirselo vicino le faceva ancora venire i brividi.
«Mh-mh. Allora abbiamo un po' di tempo per noi.» disse, levando la testa dal suo petto per guardarlo negli occhi, allacciare le mani dietro il suo collo per baciarlo.

𝐅𝐀𝐕𝐎𝐋𝐄 || Matteo Pessina (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora