14.

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Prima che Ran potesse anche solo reagire, Shinichi si separò da lei. Si rialzò in piedi in fretta, come se avesse appena commesso il crimine più grande del mondo, e evitò lo sguardo di lei.
-Scusa. Non volevo farlo. -disse guardando in basso. -Io... è meglio che vada.
Sotto lo sguardo sorpreso di Ran, il detective recuperò la giacca dal divano (l'aveva appoggiata lì quando era arrivato, quel pomeriggio) e si diresse verso l'ingresso per mettersi le scarpe.
Proprio in quel momento la karateka riuscì a riprendersi dalla sorpresa, si alzò dalla sedia e lo raggiunse.
-Shinichi! -lo chiamò.
-No. Io... io ho fatto una cazzata, Ran. Fai finta che non sia successo niente. -disse lui mentre legava le stringhe di una scarpa.
-Ma...

Shinichi si mise l'altra scarpa e si alzò in piedi: -Non è successo niente. Non...
-Invece è successo! -esclamò Ran, a voce alta. -Perché vuoi negarlo? Mi hai baciato sulle labbra. E quindi? Non ti uccido mica!
Il detective si voltò finalmente a guardarla. Sembrava arrabbiato, molto arrabbiato. Lei lo aveva visto poche volte così.
-Possibile che non ci arrivi? Che mi dici del padre di tua figlia? Non è così improbabile che reagisca bene al fatto che abbia una bambina, sai?
-Ma adesso lui sarà sicuramente con un'altra! -Ran sentiva di nuovo le lacrime agli occhi. Odiava litigare con Shinichi e quella discussione la stava facendo soffrire come non mai. Eppure... perché non riusciva a dirgli tutto? Perché, ogniqualvolta che provava a rivelargli la verità, la gola le si chiudeva?
-Come fai ad esserne così sicura? Lo hai visto?
-N-No, però...

Calò il silenzio e Ran abbassò gli occhi, che le bruciavano. Shinichi sospirò: -Io vado. Ne parliamo domani.
E uscì dall'appartamento chiudendo la porta alle sue spalle. Ran rimase lì a fissare il legno chiaro per alcuni minuti, poi prese le chiavi, infilò velocemente le scarpe e uscì a sua volta.
Non aveva mai sceso le scale così in fretta, neppure quando era in ritardo per la scuola o il lavoro. Per fortuna però aveva il passo veloce, perché riuscì a raggiungere Shinichi, che era appena uscito dal condominio e cercava inutilmente di proteggersi dalla pioggia che aveva iniziato a scendere qualche attimo prima.
-Shinichi, aspetta!
Lui non la ascoltò e continuò a camminare.
-Shinichi! -tentò di nuovo lei. Non ottenendo risposta per la seconda volta si mise a correre e si fermò davanti a lui.
-È meglio finirla qui, Ran. -disse il detective.
-Vuoi scappare un'altra volta? -fece lei. -Te ne vai per non affrontare i tuoi problemi?
Con quelle ultime domande riuscì a catturare la sua attenzione. Ricordava bene l'espressione che aveva mentre le raccontava di quanto si fosse sentito un codardo quando aveva deciso di non dirle niente dell'organizzazione.
-Io non...

-E allora baciami. Fregatene di quello che potrebbe succedere e baciami. -Ran ormai era partita in quarta. Non riusciva più a trattenersi, non dopo che Shinichi le aveva fatto capire di ricambiare inconsapevolmente i suoi sentimenti.
-Perché io non ho mai smesso di pensarti, in questi anni. Nonostante abbia Aika, nonostante tu fossi scomparso e non sapessi niente di te. Avresti anche potuto essere morto, ma io non avrei smesso di pensarti. -Ran si avvicinò a lui fino ad essere a pochi centimetri dal suo petto. -Io ti amo, Shinichi Kudo.
Shinichi spalancò gli occhi, ma poi fece come gli era stato ordinato. Le prese il viso e la baciò sulle labbra, stavolta però fu diverso. Ran avvertì quella scossa elettrica che aveva sentito per anni, tutte le volte che Shinichi le dava un bacio. Riuscì a sentire il sapore amaro del caffè bevuto neanche un'ora prima, il respiro di lui che si mischiava al suo e poi le sue labbra. Dio, le erano mancate così tanto!
Fu lei ad approfondire il bacio. Diede un piccolo morso al labbro inferiore del detective, che l'assecondò senza pensarci due volte, mentre le mani andavano a posarsi sui suoi fianchi per attirarla più vicino al suo corpo. Ran si mise a giocare con i suoi capelli, tirandoli appena. Sapeva bene che effetto gli faceva quel gesto.

La pioggia intanto cadeva fitta su di loro, ormai bagnati fradici dalla testa ai piedi. Un volta, durante l'ultimo anno di liceo, erano stati sorpresi da un'acquazzone proprio mentre tornavano a casa. Avevano corso, risate permettendo, per cercare di bagnarsi il meno possibile. Ovviamente non c'erano riusciti e il giorno seguente erano entrambi a casa, bloccati a letto con una febbre da cavallo.
Fu proprio ricordando quella volta che Ran si separò da lui.
-Ti amo anch'io. -disse Shinichi appoggiando la fronte alla sua. Lei gli sorrise.
-Siamo proprio senza speranza io e te, eh? -domandò. Lui annuì, divertito.
-Non ci posso fare niente però.
Un tuono li fece sobbalzare e solo a quel punto Ran si rese conto che la camicia di lui era diventata praticamente trasparente a causa della pioggia. La sua maglietta, invece, era appiccicata alla pelle, fradicia.
-Forse dovremmo rientrare. -disse, arrossendo.
-Sì, forse è meglio.

La figlia di Shinichi KudoWhere stories live. Discover now