CAPITOLO 32

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Camminavo lungo la strada, le cuffiette spente nelle orecchie, lo sguardo puntato sui miei piedi e il cappuccio della felpa alzato. Volevo essere invisibile al resto del mondo, invisibile a tutti quegli studenti che sorridenti uscivano dalle lezioni pomeridiane pronti a dirigersi al Y per fare aperitivo, prima di tornare nelle loro case. Chissà se dietro a quei sorrisi si celavano delle domande, delle preoccupazioni, delle questioni irrisolte. Forse anche loro, una volta chiusa dietro di loro la porta della camera, si lasciavano scivolare via dal volto quel sorriso che avevano indossato per tutto il giorno.

Io non ci riuscivo. La maschera del sorriso non mi apparteneva, né mi era mai appartenuta. Non ero mai stato bravo a fingere che andasse tutto bene quando non era così. Però ero sempre stato bravo a chiudermi in me stesso quando gli altri provavano ad allungare una mano verso di me. Ma con Taehyung non era stato così, perché lui la mano non me l'aveva allungata mai. Non mi aveva mai chiesto se avessi bisogno. Ogni volta che c'era qualcosa che non andava lui lo capiva, ed ogni volta, senza chiedermi il permesso, portava via da me quel peso, caricandoselo sulle spalle, senza lasciare che potessi riprendermelo. Quando avevo litigato con mio fratello per una sciocchezza e lui mi aveva chiamato immaturo, lui era rimasto vicino a me dicendomi che ero il suo immaturo, il più bello degli immaturi; quando l'ansia per gli esami mi stava consumando internamente, come la più bella delle farfalle esce dal bozzolo che ha costruito per mesi, il suo sorriso aveva spazzato via in un battito d'ali ogni mio singolo pensiero negativo.

Lui era diverso, lui mi capiva sempre. Ma evidentemente non valeva il contrario. Perché io non ero stato in grado di capirlo e non lo ero tutt'ora. E quel sorriso che avrei dovuto rivolgere alle persone che mi facevano un cenno di saluto per la strada non sembrava avere intenzione di nascere sul mio viso.

Le airpods non erano state sufficienti ad evitare il tentativo di approccio da parte di un compagno di corso, né il cappuccio o il mio sguardo che dai suoi occhi era finito immediatamente dall'altro lato della strada. La sua mano aveva comunque deciso di picchiettarmi sulla spalla. Non mi presi neanche la briga di togliermi le cuffie, che erano spente in ogni caso, come una barriera evidentemente fallimentare. Gli mimai con la bocca un "scusami sono in ritardo" e proseguii per la mia strada sistemandomi meglio il cappuccio, sperando che almeno quello potesse catapultarmi in un mondo senza le altre persone.

E alla fine arrivai davanti all'appartamento di Tae. Da lì in poi non avrei più potuto utilizzare scudi, avrei dovuto fronteggiare il mio ragazzo. Non volevo scappare, anzi ero felice di aver ricevuto il suo messaggio poco prima. Mi ero crogiolato nei miei pensieri tutto il giorno, pensando a ciò che era successo e cercando spiegazioni nell'etere. Era il momento di riceverne una dal diretto interessato. O forse no.

Non sapevo cosa mi avrebbe detto, ma mi ero ripromesso di dargli tempo. Forse però, a pensarci meglio, quello che aveva bisogno di tempo in quel momento ero io. Davanti a quella porta che mi divideva da lui i pensieri avevano iniziato ad assalirmi nuovamente. Non ero pronto ad affrontare una discussione, non ero pronto ad affrontare il problema, qualunque esso fosse.

Una parte di me pensò di tornare indietro, girare i tacchi e tornare al dormitorio, mettermi a letto e dormirci su. Ero io che mi ero lamentato poche ore prima di non aver avuto un confronto lui, ed ora che ne avevo la possibilità me la stavo facendo sotto. La mano sospesa a mezz'aria, in attesa che il coraggio di bussare proseguisse il gesto, venne però ritratta subito, quando di colpo la porta davanti a me si aprì. Era giusto così, dovevamo parlare, ma ciò non significava che io fossi pronto.

Tae si spaventò quasi quanto me quando aprì la porta e mi trovò sul pianerottolo. I suoi occhi si fissarono nei miei e in una frazione di secondo vidi una miriade di emozioni scorrergli attraverso: ansia, sollievo e poi di nuovo paura.

Cherry tea - TAEKOOKWhere stories live. Discover now