CAPITOLO 34

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Le sue mani calde scorrevano, leggere, sulla mia pelle, quasi come se avessero paura di farmi male. Veloci e fluide, le sue dita, percorrevano ogni centimetro del mio corpo, al punto da percepirle ovunque nello stesso momento. Così leggere da sembrare inesistenti, eppure così precise da bruciarmi la pelle, lasciando i segni del loro percorso come a disegnare la più complessa delle mappe.

Sentivo il suo respiro, basso e roco, contro il mio orecchio. Mille brividi percorsero la mia schiena quando un gemito più profondo scivolò via dalla sua bocca rimbombandomi in testa e facendomi perdere quella poca lucidità che mi era rimasta. Non riuscivo ad aprire gli occhi, ma non mi serviva, perché potevo vedere tramite il suo tocco su di me, tramite i suoi respiri che si infrangevano sul mio collo, poco sotto all'orecchio.

"Ti amo Tae".

Quel sussurrò si mischiò ai nostri respiri, ormai fusi gli uni con gli altri. Volevo sentire la sua voce, volevo che mi guardasse e che mi dicesse quanto fossi bello, quanto mi amasse.

Feci leva con una gamba rotolando così sopra di lui, facendo scorrere le mani sul suo viso. Volevo vedere i suoi occhi nella penombra, cogliere quel bagliore, quella scintilla con cui mi guardava quando ero, a sua detta, più luminoso di ogni stella esistente.

Aprii lentamente gli occhi, a pochi centimetri da lui. Ma la mia anima si riflesse in due specchi neri, distanti. L'aria si fece pesante, quasi soffocante. Quella poca luce che filtrava dalla stanza sembrava quasi brillare sulla sua pelle pallida adornata da labbra bluastre, fredde, e da pesanti occhiaie scure. E in un secondo, con uno scatto, mi ritrovai i polsi serrati da quelle mani gelate. Il respiro mi si bloccò in gola.

"E io ti odio Jungkook."

Quelle parole sussurrate al mio orecchio scivolarono come un dardo ghiacciato fino al mio cuore senza darmi la possibilità di reagire in alcun modo. Un dolore lancinante mi pervase, partendo dal petto e diradandosi al resto del corpo.

"Jungkook"

Spalancai la bocca, ma non uscì nulla, non una singola parola, non un urlo. Niente. Mi sentivo soffocare, come se le grida invece che uscire fuori mi stessero ritornando in gola bloccandomi il respiro.

"Jungkook...Jungkook...JUNGKOOK."

E finalmente quell'urlo lasciò il mio corpo. Sbarrai gli occhi portandomi le mani al petto.

"Jungkook, amore, va tutto bene, sono qui." Le sue braccia mi strinsero più forte a lui, chiudendomi in un abbraccio.

"Tu stai...stai bene?" chiesi senza riuscire a guardarlo, l'immagine dell'incubo ancora troppo vivida nella mia mente.

Mi girò affinché potessi fronteggiarlo e unì le nostre fronti. "Sì Kook, hai fatto un incubo." Solo in quella posizione riuscii a regolarizzare il respiro. Restammo abbracciati finché non mi calmai totalmente e solo a quel punto ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi. Era palesemente preoccupato per me, quei suoi occhi castani finalmente si riflettevano nei miei, eppure una parte di me continuava a pensare all'incubo, a quella pelle diafana e a quelle occhiaie così profonde che, anche se non così accentuate, erano comunque presenti sul suo volto, come conseguenza delle notti passate in bianco, prima per lo studio, e poi per qualsiasi cosa gli stesse succedendo.

Tae mi abbracciò per quel paio di ore che ci separavano dalla sveglia. Nessuno dei due dormì, io troppo spaventato dall'incubo, lui troppo preoccupato e ormai abituato alle notti insonni.

Restammo semplicemente sdraiati senza scambiarci una parola, a goderci il calore reciproco dei nostri corpi, finché non fu per me ora di andare a lezione.

"Ci vediamo per pranzo?"

"Non posso, scusami Kook."

"Devi vederti con qualcuno?" chiesi cercando di mascherare al meglio quella punta di gelosia che aveva però comunque marcato ogni singola parola.

Cherry tea - TAEKOOKWhere stories live. Discover now