•21 - A testa alta.

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Il tempo trascorso con Chaerin, è passato troppo in fretta e tornare a casa mi rende vuoto.
Non posso ancora portarla con me.
«Quanto potrò venire a vivere con te?» Mi chiede, con uno sguardo triste. «Presto, te lo prometto.»
Le accarezzo la guancia e dopo averla abbracciata, salgo sull'aereo.

[...]

Stare con mia sorella, per una settimana, mi ha fatto molto bene e adesso posso concentrarmi e smetterla di piangere sentendo la sua mancanza.
Devo solo sistemare alcune cose, poi lei verrà a vivere qui. Con me.

«Tieni» Taehyung, mi porge un calice con dello champagne, così lo prendo. «La noia che trasmettono questi party è imparagonabile.»
Ridacchia. «È lavoro.»

Sospiro, bevendo lo champagne e appoggiando la testa contro al muro. «Farò del mio meglio.»

Afferra il mio fianco con una mano, portando il mio corpo vicino al suo. «Non esiste nessuno, a questo mondo, in grado di essere migliore o come noi negli affari. Sopporta e avremo un mucchio di soldi» sussurra, accarezzando la mia guancia con il pollice.
«Siamo due figli di puttana, amore» dico.
«Due figli di puttana fuori di testa.»

Piego le labbra in un sorrisetto, ma prima che possa baciarmi, una voce ci interrompe.
«Così, ci rivediamo.»
Giro lo sguardo e sgrano gli occhi. Cazzo.
«Ispettore, non mi aspettavo di trovarla in un posto come questo» dico. «E io lei.»
«Sa che noi due abbiamo una conversazione in sospeso, riguardo a l'angelo della morte?»

Aggrotto le sopracciglia, quando il suo sguardo si posa su Taehyung che sta stringendo i denti.
Appoggio il calice. «Non ho idea di dove voglia andare a parare» spiego, portando le braccia al petto. «Penso che invece tu l'abbia capito benissimo.»

Mi lecco le labbra e appena capisco, una stretta allo stomaco mi colpisce. L'angelo della morte ha una relazione con Kim Taehyung.
«Non ho niente da dirle» sbotto, poi afferro la mano del mio ragazzo. «Andiamo, Taehyung.»

Raggiungo il corridoio e sospiro.
«Jungkook, porca puttana! Sei cretino o cosa?!»
Inclino la testa di lato. «Che intendi?»
«Come cazzo mi hai chiamato, davanti a quell'uomo?»
«Col tuo nome.»
«Appunto, con il mio nome! Per lui, sei tu Taehyung, non io!»

Sgrano gli occhi, guardando in basso. «Cazzo.»
«No, aspetta. Se per lui sono Kim Taehyung e loro sanno che Kim Taehyung ha una storia con l'angelo della morte, vale a dire che...per loro...l'angelo della morte...»
Sospira. «Sono io» dice, al posto mio.
«È assurdo, non volevo arrivare a questo...»

Mi prendo la testa tra le mani, scuotendola. «Non so come risolvere la s-situazione» dico, a bassa voce, cercando di stabilizzare il respiro.
Mi sta esplodendo la testa, non capisco più niente.
«Ehi,» alza il mio viso e mi accarezza le guance con i pollici, «risolveremo questa situazione.»
«Lo faremo insieme.»

Appoggio le mani sul suo petto, poi lui fa scontrare le nostre labbra.
Non so come finirà tutto questo, non so se riusciremo a cavarcela o se ce la faremo a non finire tra le mani della polizia, ma da quando sto con lui, ho capito che non importa quanto una situazione sia intricata, vale sempre la pena di lottare. Di farlo insieme. E noi due siamo insieme.

È vero, siamo due figli di puttana totalmente pazzi, assassini, criminali d'alto rango e non siamo di certo brave persone ma nonostante tutto, qualcosa di buono l'abbiamo creato.

Non si tratta di male o bene, si tratta solo ed esclusivamente di sopravvivenza e di qualsiasi cosa serva per garantirla.
Se non sei abbastanza forte, questo mondo finirà per abbatterti, bisogna guardare avanti, con la testa alta, sempre.

Sempre e per sempre a testa alta.

Si allontana e sorride. «Sembri più tranquillo.»
«Sì, lo sono» rispondo.
«Allora devo raccontarti una cosa.»

TAEHYUNG

Incrocia le gambe sul divano, mentre mi guarda in attesa che parli.
«Tempo fa, mi hai chiesto per quale motivo, quelli che hanno messo la bomba nel Red Bullet, volessero uccidermi.»
Annuisce. «Si tratta di qualcosa che è successo qualche anno fa.»

Lascio cadere la cenere nel piattino.
«Il Red Bullet, non era mio, inizialmente. Era di un uomo, che faceva parte dell'alta criminalità, di quel gruppo di persone che vengono chiamati gli intoccabili. E anche io ne facevo parte ma quello che facevano e che continuano a fare, era troppo orribile da guardare.»
«Cosa facevano?» Mi chiede. «Cose mostruose. Portavano dei ragazzini di neanche quindici anni, li stupravano per giorni, li seviziano, usavano i loro corpi come oggetti. Tagliavano parti del corpo a donne e bambini. Torturavano ragazze e le violentavano.»

Posa una mano sulla bocca, con gli occhi lucidi.
«Il Red Bullet, era il loro luogo. Poi, un giorno, sono stati portati due ragazzi di diciasette anni.
Erano amici. Uno di loro, è stato abusato ed è morto per un'emoraggia, l'altro è riuscito a scappare.»
«Come?»

Stringo le labbra. «Io, l'ho aiutato. Quel giorno, sono finito sulla loro lista nera, dopo che ho sparato a sangue freddo a quell'uomo, che gestiva il Red Bullet. Mi sono preso il locale e grazie agli hackers, la polizia ha scoperto di loro e la maggior parte, sono stati arrestati.»

Si alza in piedi, camminando fino alla vetrata e guarda fuori, con le braccia al petto.
Lo raggiungo, fermandomi dietro di lui.
«Dì qualcosa, ti prego.»

«T-tu non hai mai...abusato di quei bambini, vero?»
«No! Certo che no!» Esclamo. «Sono una merda, ma non fino a questo punto.»

Si gira e tira su col naso. «Sì, è vero, tu sei proprio una merda.»
Stringe la mia maglietta tra le mani e mi guarda negli occhi. «Più di me.»
Sospiro, annuendo. «Lo so.»

Stringe le labbra. «Avresti dovuto dirmelo prima.»
Si allontana, ma poi si ferma.
«Che è successo a quel ragazzo che hai aiutato?»

«Lui...» sospiro, «lui e io abbiamo avuto una relazione, poi...»
«Poi?»
«Poi sei arrivato tu.»

Si gira di scatto, con gli occhi sgranati.

«Minseok» dice, con un filo di voce, ma abbastanza alto da essere capito.
Sospiro, annuendo. «Sì, è Minseok.»

Si siede sul divano. «Cosa provavi quando guardavi quei ragazzi che venivano...»
«Disgusto. Rabbia. Tristezza. Compassione.»

Ridacchia. «Compassione» sussurra.
«Io sono stato stuprato per sei mesi!» Esclama, alzando la voce. «E cazzo, avrei solamente voluto che...q-qualcuno mettesse fine a tutto! Volevo morire, Taehyung.»

Scuote la testa, con le lacrime agli occhi. «Non avevo bisogno della compassione di nessuno! Tu non p-puoi saperlo e s-sei fortunato, ma i-io lo so. Lo s-so benissimo.»
Ingoio un groppo, senza parole. «Pensavo che sarei morto dissanguato e dal dolore, ma il giorno dopo, tutto ricominciava. La notte mi curavano e il giorno ero solo un oggetto. Hai mai sentito parlare di Prometeo?»

Prometeo, il titano punito da Zeus per aver rubato il fuoco e averlo donato agli umani.
La sua punizione atroce era quella che un'aquila divorasse il suo fegato, il giorno e che la notte ricrescesse, in modo che il giorno dopo l'aquila sarebbe tornata.

Prendo un respiro profondo e mi siedo accanto a lui, che tiene gli occhi su di me.
«Mi dispiace» dico, scuotendo la testa. «Per averti mentito e per quello che ti è successo...»
Stringe le labbra.
«Lo so, so di essere solo un bastardo» aggiungo.

Annuisce. «Sì, sei proprio un bastardo» sibila.
Si lecca le labbra e stringe la mia maglietta con le mani. «I-il mio bastardo.»
Deglutisco e appoggio una mano sulla sua guancia, lo guardo negli occhi e poi faccio unire le nostre labbra.
Afferro le sue natiche, facendolo mettere a cavalcioni su di me. Stringe le mie guance, mentre ricambia il bacio e io tengo i suoi fianchi tra le mani.

Si allontana. «Ti amo da morire» sussurra.
«Ti amo da morire anche io» rispondo, sfiorando le sue labbra con il pollice.

E non importa cosa succederà, lo amerò sempre e per sempre, per il resto della mia vita e della mia morte.

ANGEL of DEATH 2                                                   City of Sins Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora