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Quella mattina si era svegliata presto, si era lanciata sotto al getto fumante della doccia e si era messa a scuriosare all'interno della cassettiera alla ricerca di un paio di boxer, dei calzini e una maglietta con cui potersi cambiare.

Arrossì vistosamente al ricordo di come Mikhail con delicatezza e accortezza si era cimentato nel vestirla, accarezzandole la pelle pallida con la punta delle dita lunghe. L'aveva toccata anche in quell'occasione, si rese conto la ragazza portandosi scioccamente il tessuto della maglietta che si era appena tolata al naso, annusando il suo odore mischiato a quello dell'indumento. Ancora una volta l'immagine di Mikhail che le sfiorava la pelle le fece venire la pelle d'oca.

Scelse una maglietta bianca che la copriva fino a metà coscia, si infilò dei calzini morbidi e alti e un paio di boxer puliti, lasciando gli indumenti usati in un angolo del bagno. Avrebbe dovuto richiedere degli abiti della sua taglia in modo tale da poter andare in giro senza doversi vergognare dei lividi che le deturpavano la pelle. Doveva riuscire a riscattarsi e doveva farlo il prima possibile, lo doveva a sé stessa e un po' lo doveva anche all'uomo che l'aveva portata via dalla vita miserevole che aveva vissuto fino a quel momento.

Legò i capelli ancora bagnati in una treccia morbida che si appoggiò sulla spalla destra sentendo il tessuto della maglietta inumidirsi al contatto con i capelli bagnati. Scese le scale, diretta al piano inferiore, determinata ad avere delle risposte alle domande che l'avevano tormentata durante la notte. Se davvero doveva diventare parte di quella società allora aveva bisogno di saperne di più, non poteva rimanere all'oscuro delle dinamiche all'interno di quella casa.

Entrò in cucina sovrappensiero, spingendosi la treccia bagnata oltre alla spalla in un gesto automatico nello stesso istante in cui aveva varcato la soglia. Esitò appena quando una serie di occhi indesiderati si poggiarono su di lei e in particolare su qualcosa che spiccava sulla sua maglietta. Rimase rigida sulla porta, gli occhi sbarrati e la mascella contratta a causa del disagio che quegli occhi portavano con loro.

Non fece in tempo ad abbassare lo sguardo per guardare cosa ci fosse di strano che una serie di fischi e commenti in tono lascivo in una lingua a lei sconosciuta la fecero irrigidire. Tutti gli uomini presenti in quel momento in cucina avevano tratti molto similari, con gli occhi leggermente allungati e i visi squadrati.

Abbassò lo sguardo verso la sua maglietta per notare nel più totale imbarazzo che la treccia aveva lasciato una macchia bagnata che aveva reso trasparente il tessuto bianco della maglietta. Il tessuto ormai invisibile le si era attaccato ad un seno, mettendo in luce il capezzolo più scuro che si inturgidì all'istante. Altre risate e altri fischi si susseguirono, facendola girare verso l'uscita pronta a scappare da tutte quelle attenzioni indesiderate, un braccio stretto contro il seno in un inutile tentativo di coprirsi.

Sentiva le guance bruciarle dalla vergogna e dovette forzarsi di respirare in modo naturale, per evitare le lacrime.

-"Dove te ne vai, солнышко?"- la richiamò un uomo dal forte accento russo strattonandola in malo modo per il polso. Thalia boccheggiò a quel contatto rude e doloroso che cercava di tirarla indietro, in modo da mostrare ancora una volta a tutti quello spettacolo che aveva deliziato loro la mattinata. A colpo d'occhio aveva qualcosa nello sguardo che le fece immediatamente pensare a Mikhail, ma non seppe dire cosa di preciso.

-"Lasciami..."- singhiozzò sentendo il cuore esploderle nel petto e sentendo ancora una volta quella sensazione di impotenza assalirla, rendendola niente più che una bambola di pezza incapace di agire. Cercò di divincolarsi da quella presa ferrea che sicuramente le stava macchiando di vermiglio la pelle diafana del polso e scoppiò a piangere quando si sentì tirare all'indietro contro le ginocchia dell'uomo che la stava strattonando. Sentì una presenza dura ed invadente sotto la stoffa dei jeans dell'uomo spingersi verso la sua intimità facendola scattare in avanti per cercare di allontanarsi quanto più possibile.

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