1.9 Guilty pleasure

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Anche se aveva chiuso gli occhi, la situazione non era migliorata. Dal momento in cui Raven aveva smesso di guardarla, era stato il profumo dei suoi capelli a giocare con lui e a invadergli i pensieri. Era stato il calore di quel corpo vicinissimo al suo a trasmettergli un'agitazione che non sapeva più come contrastare.

Sospirò e sollevò nuovamente le palpebre: niente da fare, Swan era ancora lì.

Non era svanita come una di quelle fantasie che, di tanto in tanto, coloravano i suoi pensieri. Anzi, era ancora più dolce. In quell'abbandono, il suo viso aveva perso la tensione che talvolta lo contraeva, ombreggiandola di una inquieta maturità. Sembrava di nuovo la ragazza di un tempo, con le labbra bocciolo di rosa che non erano state ancora baciate a dovere, con le ciglia chiare che nascondevano dubbi e paure, con i capelli ribelli che somigliavano alle onde del mare. Di fronte a quel fantasma che aveva ripreso vita, Raven capì che non avrebbe avuto abbastanza fiato per arrivare alla fine di quella corsa.

Andarsene era senza dubbio la scelta più giusta, più coraggiosa da fare, ma lui non era mai stato un eroe, non aveva nemmeno tentato di esserlo. Era solo l'uomo versatile e scaltro che muoveva gli altri restando immobile. Non era che questo e, sebbene fosse in grado di persuadere chiunque altro, non aveva senso convincere se stesso di avere un valore che non possedeva.

Chiuse nuovamente gli occhi e quella volta lo fece solo per non guardarsi affondare, come uno che annega in mare. Sollevò le dita di una mano e le adagiò sulla guancia di Swan.

Lei sospirò lievemente, ma non si mosse, non fuggì da lui. Con un gesto teso, misurato, Raven cominciò a disegnare le linee del suo volto, risalì a sfiorarle i capelli, le accompagnò le ciocche dietro l'orecchio, scese a sfiorarle il collo.

Di colpo Swan sollevò le ciglia e lo inchiodò con lo sguardo. Sotto la minaccia di quelle iridi azzurre, lui si immobilizzò e trattenne il fiato.

"Raven", sussurrò con quel velo di tristezza che gli faceva sempre contrarre lo stomaco.

L'aveva detto una volta ancora, il suo nome. L'aveva detto come una preghiera. Resistere non aveva più senso.

Senza aggiungere altri inutili pensieri alla tensione di quella notte, Raven si spostò quel tanto che gli bastava per annullare ogni distanza. Sfiorò la punta del naso di Swan con il suo, le concesse il tempo di sfuggirgli e, sentendo che lei non si era ritratta, cominciò a giocare con le sue labbra.

Sapevano di miele, di whisky e di ricordi. Risentire quel tocco, quel sapore che era ben distinto nella sua memoria, lo catapultò indietro. Erano di nuovo loro, Raven e Swan. Avevano poco più di vent'anni e la vita era ancora sospesa, indecisa, piena di possibilità.

La bocca di Swan si strofinò piano sulla sua, come un silenzioso invito. Raven, che fino a quel momento aveva saggiato il terreno con timore, muovendosi sul filo di carezze distratte, pronto a farsi indietro se lei si fosse irrigidita, tolse la sicura al proprio istinto. La mano corse a prendere possesso della sua nuca e lui affondò in quel bacio sospirato, cercandole la lingua come se ne fosse stato il padrone.

Si fermò solo per riprendere fiato e per concederle l'ultima possibilità di cambiare idea, ma Swan ansimava lievemente all'unisono con il suo respiro agitato, trasmettendogli la stessa ansia, la stessa emozione, la stessa passione sopita che si stava svegliando. La strinse a sé e piombò sulle sue labbra senza darle più scampo, mentre lei iniziava a sfiorare le sue ciocche corvine.

Nella precaria intimità di quella coperta che li avvolgeva, Raven si mosse con attenzione, in punta di dita, per non alterare quel fragile involucro che li proteggeva dalle insidie della notte, che li nascondeva dagli sguardi invidiosi delle stelle. Fece scorrere piano la zip che chiudeva la felpa di Swan, insinuò la mano a cercarle la pelle. Sollevò la stoffa quel tanto che gli bastava per imprimere il proprio tocco sulla sua carne. La serrò, strappandole un gemito soffocato dai baci, poi continuò a esplorare quel territorio che aveva già conosciuto. Si inebriò al pensiero di poter disegnare la curva del suo fianco e tremò quando il palmo incontrò i capezzoli tesi in attesa delle sue carezze, come se fosse la prima volta.

Laminae [SEQUEL di OPERA]Where stories live. Discover now