1.14 All water has a perfect memory

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L'acqua lo aveva sempre attirato fin da bambino. Era qualcosa che riusciva a comprendere, che sentiva in qualche modo prossima al suo essere.

Non il mare in tempesta, quello no, ma le superfici lucide e chiare, gli specchi immobili e calmi gli accarezzavano l'anima. Non riusciva a sfuggire al loro richiamo.

Una bracciata dopo l'altra, cadenzando la respirazione. Il ritmo gli era essenziale, gli occorreva per mantenere la propria lucidità e lo aiutava a mettere in ordine i pensieri. Per una mente analitica come la sua, nuotare lungo le traiettorie ordinate di una piscina era simile all'effetto che gli procurava lo stare disteso a occhi chiusi sulla terra.

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Una bracciata dopo l'altra. Sembrava non avere mai fretta, lui. Nessuna agitazione. Eppure in quel frangente avrebbe dovuto.

Anche se sarebbe stato più logico pensare che gli anni avrebbero mitigato la scorza impenetrabile che lo circondava, Raven continuava ad apparirle indecifrabile.

La linea nera che ondeggiava sul fondo della vasca era giunta alla fine. Lui era emerso dall'acqua, aveva preso fiato con gli occhi ancora chiusi e si era tirato indietro le ciocche lucide e nere con le mani. Piccole gocce argentate correvano rapide lungo le linee del suo corpo, insinuandosi e perdendosi negli angoli più nascosti. La bellezza sensuale e arrogante della sua adolescenza aveva mantenuto tutte le sue acerbe promesse.

Swan era rimasta a fissarlo per tutto il tempo con le gambe strette al petto e il mento affondato tra le ginocchia chiuse. Per quanto, negli anni, avesse provato sentimenti contrastanti nei suoi confronti, l'unico che le era sempre apparso chiaro era l'ammirazione. In qualche modo oscuro, lo ammirava per ciò che lui era riuscito a diventare, che lei non sarebbe mai riuscita a essere. Poco le importava se quel risultato era frutto di un antico dolore, di una oscura ribellione o di una discutibile presa di posizione: Raven sembrava aver  raggiunto un equilibrio. Giusta o sbagliata che fosse, lui aveva preso una decisione. Qualcosa che Swan si sentiva ancora incapace di fare.

"Hai finito di goderti lo spettacolo?".

La voce bassa, ironica, che conosceva bene, la sorprese e la obbligò a tornare al presente, cancellando con un gesto deciso i pensieri che in quel momento popolavano la sua immaginazione.

"E tu?", ribatté con lo stesso tono.

Raven si chinò a prendere il telo di spugna che lo aspettava sul bordo della piscina e se lo passò sui capelli con un movimento svogliato.

"Io sto solo aspettando che Phoenix mi sbatta fuori di casa", ridacchiò amaro. "Nel frattempo mi godo gli ultimi scampoli di ospitalità".

Swan lo studiò per qualche istante con uno sguardo serio, approfittando del fatto che lui non lo poteva vedere, intento com'era ad asciugarsi.

"Io non sarei così sicura che rifiuterà".

"Se non ci fosse stata Ailleann l'avrebbe già fatto", rispose lui secco, senza guardarla.

"Hanno discusso a lungo, ieri notte", lo informò Swan, abbassando d'un tratto la voce.

Gli occhi grigi di Raven guizzarono sul suo viso.

"E tu che ne sai?", domandò senza più sorridere. "Sei rimasta sveglia anche stavolta?".

Lei replicò con una smorfia seccata.

"Devo davvero rispondere? Immagino tu sappia già ogni singolo dettaglio".

Il ragazzo si lasciò scivolare una camicia di lino sulla pelle, a lambire il costume ancora umido e, per la prima volta da quando avevano iniziato quella conversazione, sembrò attribuire a Swan una certa importanza.

Laminae [SEQUEL di OPERA]Where stories live. Discover now