3.13 All of you

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L'aveva pronunciato come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.

Rebecca. Quel nome. Il suo nome.

Swan non riusciva nemmeno a contenere i due elementi, il concetto e il possessivo, all'interno della stessa frase. Le sembrava ancora di fare qualcosa di sbagliato. D'altronde non avevano più utilizzato quei nomi dal giorno in cui il mondo stava per crollare loro addosso, così il suono stesso dell'appellativo fu sufficiente a trasmetterle un brivido. Rilassò le braccia, abbandonò le mani sulla stoffa raffinata del tovagliolo e rimase a fissare Eagle senza fare un fiato. Lui si scostò una ciocca di capelli dal viso con un gesto distratto e si portò più vicino a lei.

"Ti ho invitata a cena perché voglio sapere tutto di te", proseguì, come se quello fosse stato davvero un primo appuntamento. Quel primo appuntamento che non avevano mai immaginato di poter avere, dopo una vita trascorsa insieme. "Cosa ti piace, che progetti hai...".

Swan sbatté le palpebre un paio di volte. Eagle non sembrava ubriaco, non aveva mai fatto uso di droghe e non si era nemmeno avvicinato a una sigaretta in vita sua. Se escludeva l'alcol, gli stupefacenti e la pazzia improvvisa, non le restavano molte spiegazioni.

Era senza dubbio affascinata da quella stramba situazione ma, allo stesso tempo, non riusciva a credere che fosse reale. Le sembrava solo un gioco. Un gioco che poteva diventare crudele. Certo, non era da Eagle divertirsi a quelle condizioni, ma chi può dire di cosa è capace una persona? Chi può prevedere gli intrecci del risentimento e della gelosia?

"Sei... serio?", chiese a mezza voce.

"Serissimo".

Swan esitò. Si scostò dal tavolo, si abbandonò contro lo schienale morbido della seduta e si concentrò sul movimento nervoso delle proprie dita. Pensò che forse, in quell'assurda finzione che li rendeva due sconosciuti, avrebbe infine trovato il coraggio per raccontarsi.

"Be'...", iniziò imbarazzata, "mi sono laureata in biochimica qualche anno fa, ma non ho mai lavorato... finora".

"E ti piacerebbe farlo?", si informò lui, tagliando un altro boccone dal piatto.

Lei sollevò le ciglia, lasciò vagare lo sguardo attorno, poi lo rivolse oltre le vetrate, come se qualche luce misteriosa e lontana lo avesse calamitato.

"S-sì", balbettò. "Credo di sì. Mi piacerebbe restare a Londra e fare ricerca".

Eagle le rivolse un'occhiata intensa, difficile da decifrare, e smise di mangiare.

"Perché non l'hai fatto?".

Swan schiuse le labbra senza riuscire ad articolare una risposta. Nella sua testa si era affacciata la familiare scelta già troppe volte operata in passato: dire la verità o glissare, scivolando su una qualche confortevole scusa?

Scrutò quel volto così familiare come se volesse trovarvi un segno nuovo che potesse indirizzarla. Eagle... o forse dovrei dire Damian? Qualunque fosse il nome giusto da usare, lui la stava ascoltando. Al di là di quella che poteva apparire una frivola messa in scena, sembrava interessato a ciò che aveva da dire. Forse, se fosse stata al gioco fino alla fine, sarebbe stato più facile. Magari era proprio ciò che le stava offrendo: una finzione nella quale sentirsi talmente a proprio agio da riuscire a essere vera.

Una casa di bambola, insomma. Costruita su misura per lei.

Tirò indietro i capelli argentati e prese fiato. Tornò ad appoggiarsi al tavolo e finalmente lo fissò.

"Il mio... compagno?", azzardò, cercando il suo consenso.

Eagle annuì, accettando che si riferisse a lui in modo indiretto, e Swan proseguì più sicura.

Laminae [SEQUEL di OPERA]Where stories live. Discover now