2.4 Demons

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Raven si richiuse la porta dell'appartamento alle spalle e vi si poggiò contro. Era riuscito a portare a termine un'altra giornata. Con gli occhi chiusi, si lasciò andare a un profondo sospiro, come un corridore che ha raggiunto la meta e può accasciarsi a terra senza vergogna.

Quando sollevò le ciglia, si accorse che Swan lo stava fissando. Era sul divano, al buio, semi-avvolta da una coperta. Quella vista, alla quale non era abituato, lo disorientò.

"Che fai ancora sveglia?".

"Non riuscivo a dormire. Non volevo disturbare Charles, così ho pensato di aspettarti qui".

Lui non disse nulla. Si liberò del cappotto e della cravatta, allentò i primi bottoni della camicia e si diresse verso l'angolo della cucina. Accese una sottile linea di luci che illuminò quello spazio lambendo appena il resto della stanza, poi cominciò a versarsi del liquido ambrato in un bicchiere basso.

Swan lo osservava dal suo nascondiglio. Avrebbe voluto rimproverarlo perché era diventato così indulgente nei confronti dell'alcol, ma si rese conto che in quel momento era talmente nervosa che sarebbe stata più credibile accettando un drink a sua volta.

Si sollevò, lo raggiunse, prese il bicchiere tra le mani e rubò un sorso prima di appoggiarlo sul ripiano. Raven la fissò stupito da quel gesto. Stava per lanciarle una della sue battutine, ma lei lo anticipò.

"Raven, siamo davvero al sicuro qui?".

Lui percepì la pulsante preoccupazione che galleggiava sul fondo della sua voce e si sforzò di non cedere alla paura. Si concentrò sul compito di riportare il liquido al livello precedente per non doverla guardare.

"Non esiste un posto sicuro", replicò con finta noncuranza. "Diciamo che siete abbastanza al sicuro. Non gli interessa ficcare il naso, sanno cosa ci vengo a fare di solito".

Con sua enorme sorpresa, la ragazza rise piano.

"Non avrei mai immaginato di essere così tanto sollevata a questo pensiero", commentò dolcemente ironica.

Raven, tuttavia, non sembrò trovare divertente quella frase. Schivò sia lei che il suo sguardo e si diresse verso il terrazzo stringendo il vetro tra le mani.

"Non devi esserlo per forza", replicò con un tono rigido, che si ammorbidì un attimo dopo. "Non ne vado così fiero... con te".

Swan gli dovette quasi correre dietro per afferrare quelle ultime due parole. Si fermò sul vano della finestra e lo fissò da quel punto. Raven aveva appoggiato la schiena contro la balaustra e si era portato il whisky alle labbra. I suoi occhi grigi la osservavano dal bordo ricurvo, ma non avevano il solito luccichio da predatore. Sembravano spenti, affogati dalla penombra della notte che li circondava. Sentì un brivido che l'attraversava, brusco come una frustata e triste come un cielo d'ottobre. Fece qualche passo verso di lui, che continuava a sorseggiare il drink e a guardarla senza una parola.

"E non avrei mai immaginato che ti potessi sentire tanto solo", concluse piano, quasi si vergognasse di esprimere quella considerazione ad alta voce.

Raven abbassò il bicchiere e sollevò la testa con fare deciso.

"Non è un problema", ribatté come se le sue osservazioni non lo toccassero. "Sono sempre stato solo".

A quella frase il cervello di Swan reagì in maniera diversa dal solito: le inviò la conferma che stava mentendo. Dopo aver creduto alle sue bugie per anni, si accorse di aver infine imparato a riconoscerle senza bisogno di aiuto. Scoprire che l'effetto dell'incantesimo di Raven su di lei era finito le trasmise l'euforia di una bizzarra vittoria, la sicurezza di essere la più forte. Si avvicinò ancor più, fermandosi a un sospiro da lui, e gli posò una mano sulla guancia con tutta la dolcezza di cui si sentiva capace in quella notte.

Laminae [SEQUEL di OPERA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora