2.15 The Moon

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Salì in macchina senza una parola. Per l'esattezza, vi si trascinò dentro, lasciandosi cadere come un oggetto inanimato. Eagle la radiografò con un'occhiata premurosa, ma non perse tempo in domande. Dovevano allontanarsi da Fulham in tutta fretta e possibilmente senza dare nell'occhio.

La pioggia aveva ripreso a cadere con maggiore forza, rendendo la vista più fosca e la strada scivolosa. Eagle si inoltrò in una serie di incroci, ma Swan era troppo scossa per seguire il filo di quel percorso. Non riusciva a formulare una frase di senso compiuto e il silenzio di lui le pesava come un muto rimprovero. Aveva l'impressione che fosse sul punto di riversarle addosso tutto il biasimo per quel fallimento di cui non erano nemmeno in grado di discutere.

Schiacciò il viso contro il vetro freddo rigato di lacrime incessanti. Il ginocchio aveva iniziato a lanciarle vampate pulsanti di calore, ma lei si sforzò di ignorarle. Strinse forte le palpebre per scacciare il dolore e insieme il pianto, e si abbandonò al movimento anestetizzante dell'auto.

Un tocco improvviso la fece sussultare. Si drizzò sul sedile con un'esclamazione di vivo stupore e si sentì una sciocca quando capì che era la mano di Eagle quella che le stringeva la spalla.

"Respira", sussurrò lui senza staccare gli occhi dalla strada e riportando subito le dita attorno al cambio.

Swan sentì l'ossigeno che le penetrava dentro e i polmoni che riprendevano a funzionare a dovere. Fece una smorfia di fronte a quella bizzarra imposizione di benessere.

"Non usare i tuoi poteri su di me", brontolò.

"Non l'ho mai fatto", ribatté il ragazzo, concedendosi un sorriso. "È divertente".

Lei non replicò. Quell'istante di sollievo si era acceso e spento come una piccola fiaccola di Capodanno, ma almeno era servito a riportare un po' di lucidità nella sua mente. Cominciò a guardarsi attorno con curiosità e, oltre il velo di pioggia, si accorse di non riconoscere il panorama che li attorniava.

Le case stavano diventando meno fitte, i viali più ampi, il verde fosco e lucido cominciava a farla da padrone sulla pietra e sul mattone. Si girò verso Eagle con uno sguardo perplesso e preoccupato.

"Dove stiamo andando?".

Eagle, stranamente, non rispose subito.

"Vedrai".

Swan inarcò il sopracciglio. Non era da lui quella replica. Non era da lui quell'esitazione. Mentire lo rendeva sempre nervoso. Di rimando, si sentì assalire dalla stessa sensazione e cominciò ad agitarsi sul sedile, dimenticando perfino il dolore.

"Siamo in macchina da quasi un'ora! Dove stiamo andando?".

Quella volta lui non si prese nemmeno la pena di dire qualcosa. Continuò a guidare, le mani serrate sul volante e le nocche in tensione. Imboccò una strada alberata e si fermò al limite di una recinzione metallica, punteggiata da fari potenti che illuminavano un ampio prato curato alla perfezione.

A quel punto Eagle scese, prese un ombrello e girò attorno all'auto per aprirle la portiera. Le porse il braccio e l'aiutò a venire fuori. Esposto alla luce violenta, il sangue raggrumato sulla gamba di Swan risaltò ancor più livido. Il ragazzo passò uno sguardo preoccupato sulle abrasioni, poi la guidò per un sentiero, attento a sostenerla a ogni passo.

Alla sua calma faceva da contraltare l'irrequietezza di Swan, che continuava a muovere la testa da una parte e dall'altra, alla disperata ricerca di indizi che potessero fornirle le informazioni che Eagle non sembrava disposto a darle.

Si rassegnò ad avanzare lungo il percorso appesantito dall'acqua. Di fronte a lei la pioggia disegnò le geometrie di una tettoia che riparava alcune persone. L'immenso prato alla sua sinistra cominciava ad assumere un aspetto più definito: al centro di un spiazzo un elicottero sembrava una libellula adagiata su una foglia carica di rugiada.

Laminae [SEQUEL di OPERA]Where stories live. Discover now