1.11 Spare parts

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Raven indugiò per qualche istante di troppo. Fissava la punta del suo stivaletto da moto invece di parlare. Sembrava che non sapesse da che parte cominciare ed era bizzarro, oltre che parecchio preoccupante, vedere proprio lui esitare a quel modo.

"Si stanno muovendo parecchie cose a Fulham", si decise infine, senza sollevare lo sguardo. "È da un po' che cerco di capire cosa sta succedendo, ma non ve ne ho mai parlato fino a quando non ho avuto notizie sicure".

"Vuoi dire che hai finalmente smesso di sparare teorie a casaccio e hai deciso di attenerti ai fatti, Pigeon?".

Raven sollevò le ciglia scure di scatto e inquadrò Phoenix con un'espressione terribile. Sembrava aver messo finalmente da parte ogni possibile indugio.

"Voglio dire", ribatté duro, "che hanno cominciato a reclutare nuovi Custodi. E sì, mi attengo ai fatti stavolta, perché non c'è davvero nulla su cui scherzare".

L'irlandese si drizzò sulla schiena e aggrottò la fronte cercando di capire meglio il senso di quel discorso, dal momento che Eagle e Swan sembravano essersi paralizzati di fronte alle parole di Raven.

"Scusa, ma perché dovrebbero perdere il loro tempo in questo modo? Abbiamo risolto il problema anni fa, mi pare. E poi siamo ancora tutti vivi e vegeti".

L'inglese lo fissò a bocca aperta. Phoenix non aveva mai voluto avere a che fare con la Congrega e i suoi sistemi. Nei mesi trascorsi a Fulham aveva studiato e aveva cercato di aiutarli a portare a compimento l'Opera, ma il resto lo aveva rifiutato in blocco, evitando per quanto gli era possibile che i Maestri interferissero con la sua vita. Eppure quella sua presa di posizione non poteva giustificare, agli occhi di Raven, l'ignoranza delle meccaniche più elementari.

"Hai mai pensato che potrei avere un incidente con la moto? Che l'aereo di Eagle e Swan potrebbe precipitare? Che potresti affogare nella tua piscina? Tu probabilmente no, ma loro sì. Ci pensano sempre, in continuazione, e nel caso in cui accadesse vogliono avere pronti i pezzi di ricambio".

Aveva usato il suo solito tono pungente, così Phoenix tornò ad affondare nei cuscini della poltrona con aria più rilassata: almeno in quella versione assomigliava al sempre trascurabile Pigeon.

"Be', questo poteva avere un senso prima", commentò, "quando pensavano che un giorno o l'altro dovesse arrivare la Fine del Mondo. Ma quel benedetto cataclisma impiega millenni a ripresentarsi, no? A meno che non abbiano già un'altra Profezia bell'e pronta, a cosa gli serve continuare questa missione?".

A quella domanda, Raven sgranò gli occhi e rinunciò definitivamente a ogni pretesa di compostezza.

"A cosa gli serve? Potere, controllo. Denaro. Pensi davvero che, dopo aver messo in piedi una simile struttura secolare, la smantelleranno solo perché la Terra è salva e tutti possiamo vivere felici e contenti? Noi siamo potere, Phoenix. Possiamo scatenare o contenere un disastro solo volendolo. Controllare noi, o gente come noi, significa mettere un'ipoteca gigantesca su un mucchio di affari. Ci hanno concesso quello che abbiamo chiesto solo perché le nostre richieste non erano poi così assurde, non perché volessero ricompensarci. Noi non volevamo più quella vita dopo l'Opera e loro dovevano scegliere tra sbarazzarsi subito di noi o farci contenti a poco prezzo, ma da vivi valiamo molto di più, ti pare? Hanno firmato un accordo, è vero, ma non hanno scritto da nessuna parte che avrebbero rinunciato al loro programma".

Si interruppe e smise di muoversi nervosamente sull'erba, come aveva fatto mentre si infervorava in quel discorso. Si fermò a squadrare Eagle e Swan, quasi avesse sentito il bisogno improvviso di cercare il loro sostegno.

"Noi, in fondo, siamo solo un fastidio passeggero", concluse amaro.

Phoenix sembrò considerare quella lunga tirata per qualche istante, poi fece scivolare i piedi dal tavolo e si mise a sedere intrecciando le mani davanti a sé.

Laminae [SEQUEL di OPERA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora