10. «Sguardo indelebile»

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' S L E E P L E S Swithout you '

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' S L E E P L E S S
without you '

Pioveva con il sole e Jungkook si prese a morsi i palmi delle mani per stare in silenzio, pur di non alzarsi, pur di non precipitarsi da quel ragazzo che per minuti interi non aveva fatto altro se non imprecare e colpire a morte il terriccio ormai fradicio con i pugni serrati. Lo sentiva urlare a squarciagola e probabilmente più tardi non avrebbe più avuto un filo di voce. Ma non si fermava, non poteva. "Dovevo morire! Dovevo m-morire soffocato come v-voi," Un singhiozzo. "Quel rumore del cazzo...io-io lo sento dappertutto, anche adesso!" Jungkook lo intravide tapparsi le orecchie e abbassarsi come se sopra la sua testa stesse sorvolando un aereo. Aveva i vestiti completamente bagnati e i capelli molto probabilmente si erano attaccati alla fronte. Poi un gemito strozzato, un filo di voce. "N-Non r-respiro-io non..."

E fu in quell'istante che le gambe di Jungkook presero vita senza nessun comando. In un batter d'occhio si era sfilato la felpa e adesso era appoggiata sulle spalle di Taehyung che batteva i denti e percepiva i polmoni bruciare come se fossero quasi in fiamme.

Taehyung non sentiva più nulla, era in apnea senza essere sott'acqua e pensò perfino di essere diventato pazzo non appena udì qualcuno al suo fianco contare. Uno, due, tre...faceva così. Improvvisamente la pioggia aveva smesso di colpirlo e non poteva vederla perchè aveva chiuso gli occhi con l'idea di non riaprirli mai più. Poi quelle che a lui sembrarono due braccia, lo avvolsero, e aprì gli occhi di scatto come se avesse appena preso la scossa, come ridestato da un sonno profondo e un sogno inconscio. Era tornato a respirare, anche se affannosamente, e non appena girò la testa di lato, un senso di nausea lo invase dalla testa ai piedi.

Iniziò a piovere ancora più forte ma nessuno dei due parve farci caso. Dopotutto, dentro ai lori occhi si stava consumando una tempesta ben peggiore. Dicono che la pioggia lava via tutto quanto, così come il tempo guarisce le ferite ma un cuore sanguinante non può essere curato nemmeno con mille cerotti. Taehyung era paralizzato, quegli occhi gli erano mancati come l'aria e vederli annegati nelle sue stesse lacrime lo faceva sentire una merda. Il suo cervello gli diceva di sollevare una mano e asciugare quelle ciglia bagnate ma il corpo non rispondeva a nessun comando. Jungkook sollevò lo sguardo incastrandolo in quello del corvino, e un tuono squarciò il silenzio intorno facendoli sussultare entrambi.

"T-Taehyung," Fu Jungkook a parlare per primo, indietreggiando appena. Il corvino lo fissò inespressivo per parecchio tempo; a tratti incredulo, imbarazzato e poi furioso: con se stesso. Smosse le spalle e con gesto secco rimosse quell'indumento a lui estraneo.
Successivamente tentò di mettersi in piedi barcollante ma una mano gli avvolse la caviglia, bloccandolo sul posto. A quel punto Taehyung si rivolse all'altro, ancora inginocchiato sul terreno ormai fradicio e fangoso.

"Stacca immediatamente quella mano dal mio piede, non lo ripeterò due volte."

Jungkook, che fino a poco prima era in pena per lui e che avrebbe tanto voluto confortarlo, sentì la collera prendere improvvisamente il sopravvento. Così fece come richiesto, ma si alzò in piedi e gli si parò di fronte.

"Mi spieghi che razza di problemi ti affliggono?! Voglio solo aiutarti, cazzo!" Adesso Jungkook aveva i pugni serrati ad incorniciare i fianchi con ancora il sale sul viso. Il più alto non rispose. Girò sui tacchi e proseguì a grandi falcate verso il cancello d'uscita.
Il più basso abbassò gli occhi confuso e sentì gli occhi ricominciare a pizzicare. Per quale motivo Taehyung si era comportato in quel modo? Sapeva di aver origliato inconsapevolmente una conversazione privata, tuttavia parlava di lui. Ogni riferimento era verso di lui e il cuore ancora doleva rinchiuso all'interno della sua gabbia toracica. Poi qualcosa di estremamente luccicante attirò la sua attenzione e si accucciò sull'erba verde ben curata e bagnata.

Era un accendino; uno zippo di metallo argentato.

Era sicuramente di Taehyung, pensò tra sé e sé. Così lo raccolse e notò incise le sue inziali mentre a passo svelto cercava di raggiungerlo, tornando nel luogo in cui poco prima aveva visto la sua Mustang rossa. Non fece in tempo nemmeno a svoltare l'angolo, che quest'ultima gli sfrecciò davanti a tutta velocità irritandolo più di quanto già non fosse.
Jungkook rimase a fissare la strada stracolma di pozzanghere e con essa anche quel puntino rosso in lontananza farsi sempre più distante, fino a scomparire del tutto, e proprio in quell'istante il suo telefono prese a squillare.

Era Yoongi.

"Pronto? Hyung?" Jungkook rispose immediatamente, cacciando l'accendino nella tasca della tuta.
"Jungkook, dove sei? Ti ho scritto un casino di messaggi." Ringhiò il maggiore dall'altra parte della cornetta, e il più piccolo riuscì quasi a vedere la sua espressione incazzata.

Min Yoongi odiava aspettare, era praticamente nato correndo.

"Ho fatto un giro più lungo del solito e mi sono beccato l'acquazzone, comunque sono a qualche isolato da casa." Gli spiegò, tirandosi su il cappuccio della felpa e cominciando a correre verso la propria abitazione.
"Hai una voce strana e ti conosco troppo bene perchè sei un coglione. Rimani lì e mettiti al riparo, vengo a prenderti. Razza di piaga." Dopodiché Jungkook sentì solo il bip prolungato della chiamata conclusa, nient'altro. Poi fortunatamente trovò una panchina riparata da una pensilina e rimase lì ad aspettare il suo migliore amico.

E nel frattempo, la sua mente continuava a girovagare e lui stringeva tra le dita quel piccolo pezzo d'acciaio freddo, passando più e più volte i polpastrelli sopra quelle tre lettere che formavano il suo nome completo; Kim Taehyung.
Proprio non riusciva a decifrarlo e voleva saperne di più, voleva ascoltare la storia della sua vita attraverso la sua bocca e le sue labbra e voleva baciarlo come non aveva mai fatto con nessun altro. Voleva disperatamente averlo vicino, vederlo e sentire ancora una volta quell'odore di mare che gli aveva punto le narici poco prima, in quel momento in cui i loro visi erano stati a un palmo di distanza dallo sfiorarsi completamente.

Poi credo proprio di essermi innamorato.

Quelle parole Jungkook non sarebbe mai riuscito a dimenticarle, ormai erano marchiate a fuoco dentro di lui e una lacrima solitaria gli rigò una guancia.

Si chiama Jungkook e i suoi occhi mi tengono compagnia quando non voglio dormire.

Quanto avrebbe voluto stringerlo a sé, quante cose avrebbe voluto sussurrargli all'orecchio. Avrebbe voluto tanto dirgli che non era più solo, che poteva piangere tutto il tempo che ne avrebbe avuto il bisogno. Voleva stringergli le mani e dirgli di non avere più paura di niente, che mostrare le proprie ferite era okay, che sanguinare era okay. Ma se una casa ha la porta chiusa a chiave e le finestre appena socchiuse, una persona non può entrare.

Almeno non completamente.
Non con il cuore.

E Jungkook voleva trovare in ogni modo e ad ogni costo la chiave di quella casa. Perchè era più forte di lui, perchè solo il pensiero di Taehyung in solitudine lo rosicchiava dall'interno e faceva troppo male.

Jungkook si stava perdendo in qualcosa di più grande di lui ma doveva salvarlo da sé stesso.

E lo avrebbe fatto.

Sleepless Without You | TaekookWhere stories live. Discover now