18. «Ali»

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🎵 ALI : Irama

' S L E E P L E S Swithout you '

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' S L E E P L E S S
without you '

ANGOLO AUTRICE:
Ben trovati in SWY !
Mi scuso per gli aggiornamenti più sporadici che esistenti ma come ben sapete, il blocco dello scrittore che mi affligge da mesi, non vuole sentir ragioni. Tuttavia sono riuscita a buttare giù questo nuovo capitolo che come scoprirete non è lungo ma contiene un plot twist bello grande che molti di voi capiranno quasi nell'immediato.
Spoiler? Qualcosa che avete già letto, qualcosa di mio e che una buona parte di voi potrebbe avere in uno dei tanti scaffali di casa. 👀

Jungkook non aveva toccato cibo, nemmeno una misera briciola di quel sandwich bruciacchiato e fin troppo condito che Joonwoo gli aveva preparato quella sera per cena. Dopo quella scenata con Shin non si era più sentito lo stesso. O forse non era mai stato il Jungkook che credeva lui stesso, forse c'era un lato nascosto di sé, magari quello vero, quello autentico.

Sua madre era uscita. Ad attenderla, il turno di notte al lavoro e ad accompagnarla, il proprio cuore; spezzato e troppo pesante da trasportare tutta sola. Poi il fardello costante di essere una donna, di essere una madre sola e con due figli da gestire. Da accudire, amare. Jungkook quella sera aveva toccato il fondo con le dita e si era inevitabilmente scottato. Perché la verità e la consapevolezza di un rapporto ormai morto, marcio...avrebbe sempre e per sempre fatto male da morire.

"Kook...mangia, ti prego...fratellone..." Tentò per l'ennesima volta Joonwoo, ottenendo solamente la figura di suo fratello ficcato nel letto, irremovibile. Mortalmente depresso.

"Joonwoo, esci per favore. Voglio stare da solo e non ho fame." Sputò diretto e conciso lui, affondando sempre di più tra quelle lenzuola scure usate. E più si abbandonava alla disperazione, più quelle stelle stampate sui tanti poster nella sua stanza, divenivano lontane e irraggiungibili. Quasi invisibili. Mai come in quel momento si era sentito così solo, senza una ragione di vita. Per cosa aveva lottato fino a quell'istante? Che senso aveva avuto tutto?

Eppure era lui la stella che cercava ogni notte, prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi al piacere del sonno. E non appena udì in lontananza il leggero tonfo della porta chiudersi, accadde lo stesso. La storia continuava a ripetersi e questa volta avrebbe scavato di più, questa volta sarebbe tornato con delle risposte perché meritava di capire, di sapere. All'inizio si erano presentati come dei semplici flash confusi e troppo brevi, soprattutto a notte fonda. Ma c'erano dei momenti in cui poteva vedere e sentire cose, anche di giorno. Gli bastava concentrarsi abbastanza da farsi venire l'emicrania subito dopo.

Un ragazzo piuttosto slanciato, magro ma non troppo. Con la schiena ricurva, appoggiato contro la ringhiera ferrosa di un ponte sospeso molto alto.

Fumava una sigaretta e sembrava tanto triste, solo.

Poi lo affiancò qualcuno. Un uomo leggermente più alto, vestito completamente di nero, con indosso un cappello elegante e tra le mani una ventiquattrore di pelle scura.

Jungkook era distante da quelle due figure, eppure riuscì ad ascoltare la loro conversazione breve e sicuramente non tanto amichevole. Era certo di non conoscerli ma quel sogno era inquietante e dalle fattezze fin troppo reali per esserlo. Tuttavia dormiva, non c'era modo che potesse trovarsi lì per davvero e questo lo confondeva, lo agitava e iniziò a tremare, fradicio di sudore. Sentiva le palpitazioni al massimo della potenza, tanto da avere la sensazione precisa che il suo cuore potesse quasi uscirgli dal petto. Come se qualcuno avesse affondato le mani nella carne e le unghie in quel muscolo involontario ricoperto di rosso bordeaux.

"Ciao, Jungkook." Disse l'uomo senza nome con il cappotto nero, copiando la postura dell'altro. Quest'ultimo non si voltò, continuò a guardare il fiume di fronte a sé, come se di fianco a lui non ci fosse nessuno.

"Per caso non mi vedi?" Sottolineò ancora.

Jungkook gemeva nel sonno. La testa gli scoppiava e ormai i vestiti erano umidi di sudore, così come le sue guance; rigate dalle lacrime che scendevano copiose prive di significato. Per quale motivo il suo organismo aveva bisogno di piangere? Perché sentiva una morsa tanto stretta e dolorosa alla trachea che gli impediva di respirare correttamente? No, non poteva mollare, non poteva far sì che il dolore lo risvegliasse da quel sogno. Si era ripromesso che lo avrebbe attraversato ad ogni costo, che avrebbe finalmente trovato la risposta che cercava.

Doveva, o sarebbe presto impazzito.

Più tentava di avvicinarsi a quelle due figure scure e avvolte nell'ombra, più era come se venisse trascinato all'indietro, come se una forza invisibile volesse impedirgli di ascoltare. Di conoscere la verità. Ma poi le urla furono troppo forti, assordanti, tanto da far vibrare i nervi anche ad un sordo.

"Jungkook!! Fermo!" Gridò l'uomo con il cappello, in panico. L'altro sembrò non ascoltarlo e si sporse ancora di più. Tuttavia venne afferrato per il cappuccio della felpa nera e ricadde all'indietro battendo e grattando i gomiti sull'asfalto.

Jungkook sussultò nel sonno, dimenandosi e stringendo i pugni al suo fianco tra le lenzuola sgualcite. Perché quel ragazzo aveva il suo stesso nome? E perché aveva appena tentato di uccidersi?
Ma più di tutto, chi era l'altro? E per quale razza di motivo, seppur tanto distante, odorava in quel modo?

Come odorava Taehyung.

L'uomo alto con il cappotto nero cominciò a piangere e quel ragazzo dal suo stesso nome gli toccò il viso.

Jungkook vide le lacrime lucide rigargli il volto e più di tutto notò la cicatrice argentata che spiccava parecchio in tutto quel nero che contraddistingueva Taehyung. E come una falena attirata dalla luce, Jungkook fu attratto da quella cicatrice luminosa e la sfiorò con il dito senza rendersene conto. Percepì un brivido invadergli la spina dorsale insieme all'integrità del suo corpo, e vide.

La testa pulsava da morire e Jungkook era sveglio. Ansimante, fradicio, e non ci pensò due volte a spogliarsi di quei vestiti fastidiosamente bagnati. Appoggiò i palmi delle mani aperti sul materasso rigido e si mise seduto con gli occhi spalancati, confuso. Inorridito. Solo e impaurito.

Perchè ciò che aveva visto non poteva solo essere un sogno. Non poteva essere solo la sua mente che tentava di giocargli un brutto scherzo; doveva significare qualcosa di più, qualcosa che probabilmente non avrebbe avuto le capacità di capire ma che forse, adesso, aveva un senso. Ciò che aveva sognato non era lui, e non era nemmeno Taehyung. O almeno non di quel tempo e di quello spazio.

Tuttavia erano identici. Avevano lo stesso volto, le stesse fattezze, alcune caratteristiche al contrario e soprattutto quattro vite completamente diverse. E nonostante questo, nonostante il fatto che Jungkook avrebbe potuto passarci sopra, dimenticare tutto quanto ed etichettarlo semplicemente come un brutto incubo dovuto allo stress, non ci riuscì. C'era qualcosa che glielo impediva, qualcosa che lo tratteneva in quella dimensione. Una parte di lui avrebbe perfino voluto che si addormentasse per sognare ancora e ancora. Per far sì che quella tortura procedesse nella sua mente friggendogli il cervello.

Perché il dolore che quel Jungkook e quel Taehyung avevano esternato, lo aveva provato anche lui. E aveva fatto dannatamente male. Ma quel sogno non aveva risolto un bel niente, non gli aveva dato nessuna risposta, ma solo più domande, più dubbi e ferite. E una particolare consapevolezza, gli provocò un brivido tanto forte da costringerlo a digrignare i denti.

Anche lui era ossessionato dalle cose luminose e quando notò con la coda dell'occhio il luccichio dello zippo argentato sul comodino, non ebbe più alcun dubbio.

Sleepless Without You | TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora