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Suono il campanello, ad aprirmi viene una domestica. La saluto con un cenno della testa e le do il mio zaino che lei va a posare in quella che fino a qualche tempo fa è stata la mia camera. - Suo padre l'aspetta nel suo ufficio - dice uno dei domestici. Quando mi aspetta a tavola è una semplice cena di "famiglia". Ma quando mi aspetta nel suo ufficio... deglutisco al pensiero e salgo al piano di sopra.

Busso alla porta e dopo aver sentito la voce roca familiare dire "Entra", faccio come mi viene detto. Mi chiudo la porta alle spalle e mi avvicino a una sedia, ma lui alza una mano bloccandomi - Resta lì -.

Faccio un sospiro profondo mentre lui si alza e si avvicina a me. Si ferma davanti a me e mi guarda col suo sguardo severo. Alla fine uno schiocco risuona in tutta la stanza e io sento la guancia bruciarmi. Non oso parlare - Cosa sono questi voti disgustosi? E credevi di nascondermeli? Invece di passare il tempo con i tuoi falsi amichetti, dovresti passarlo a studiare! - mi urla. Studiare, studiare e studiare. Mi ero proprio dimenticato che per quest'uomo lo studio è tutto. Senza studiare non si è nessuno. - Se vuoi diventare qualcuno, se vuoi farti un nome, allora inizia a usare la testa per lo studio! - stringo i pugni e prendo il coraggio per guardarlo dritto negli occhi - Ho mai chiesto di voler diventare qualcuno? - dico cercando di sembrare calmo.

L'espressione furiosa sul suo volto è spaventosa. Alza una mano per aria, io mi copro con le braccia ma il pullman mi arriva dritto in pancia facendomi accasciare sulle ginocchia. Mentre rialzo la testa per guardarlo, lui mi tira un calcio sotto alla mascella. Poi un calcio in pancia. E segue una serie di calci. E l'unica cosa che posso fare io è coprirmi inutilmente.
- Continui a ritirarti nel tuo guscio?! Stupida tartaruga! - sono abbastanza sicuro che quell'ultimo calcio mi abbia rotto qualcosa.

Lui mi prende per i capelli e mi alza dal pavimento. Apre la porta e mi lancia a terra, richiudendo la porta. Io resto accasciato nel corridoio per un po', ma alla fine mi alzo da terra e vado verso la mia vecchia stanza. Mi do una sistemata ai capelli e mi raddrizzo la schiena. Il braccio è gonfio, ma non importa.

Prendo il mio zaino ed esco dalla stanza. Fingo che vada tutto bene, fingo al meglio di non provare alcun tipo di dolore. Sono bravo a fingere, lo faccio da quando sono nato ormai. - Non resta per cena? - chiede la domestica, la ignoro e vado via.

Una volta lontano da casa mia, una volta certo che non ci fosse nessuno intorno, mi accascio a terra stringendomi alla pancia il braccio probabilmente fratturato. Urlo, urlo di dolore e lascio le lacrime uscire. Non ne posso più. Basta, basta così.

𝑪𝒍𝒂𝒔𝒔𝒎𝒂𝒕𝒆𝒔 ~ ||𝚂𝚎𝚘𝚗𝚐𝙹𝚘𝚘𝚗𝚐||•𝑅𝐸𝑀𝐴𝐾𝐸• Where stories live. Discover now