Ventitre

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Skylar's POV

Quando mi svegliai, Caden era sparito.

Mi lasciò un po' confusa, più di quanto non fossi di solito al mattino, perché non ricordavo di essere andata a letto -non in questo letto king-size, con questo soffice piumino addosso- la scorsa notte. Francamente, non ricordavo molto di ieri sera.

Non era stato un blackout totale, ma il mal di testa da sbornia e il fatto che il lato sinistro della mia faccia martellasse quasi febbrilmente non mi stavano davvero facendo pensare in modo chiaro.

Mi misi a sedere e gemetti, strofinandomi lentamente la parte posteriore della spalla e guardandomi intorno nella camera da letto in cui mi trovavo. Come il resto di questa casa, appena iniziai a ricordare dalla notte scorsa, qui c'erano dei mobili minimal. Le pareti erano bianche e non erano state affatto dipinte, il che lasciava la stanza piuttosto fredda. Vuota.

Mi chiesi, probabilmente per la cinquantesima volta, di chi fosse veramente questa casa.

Spinsi da parte il piumone e mi alzai dal letto, avvolgendomi tra le braccia quando un brivido mi percorse. Sotto quelle lenzuola faceva caldo, ma qui fuori senza giacca faceva molto più freddo. Dov'era anche la mia giacca? L'avevo lasciato in quel vicolo?

"Cazzo," gemetti di nuovo, strofinandomi tutta la faccia questa volta. Dio, speravo di no.

C'erano i raggi del sole mattutino che attraversavano le tende traslucide tirate davanti le finestre. Mi diressi a piedi nudi verso una porta di legno scuro che, aprendola, conduceva al bagno. Chiusi la porta dietro di me e mi appoggiai ad essa, guardando lentamente intorno.

Quando ebbi finito di fare una doccia veloce, grata per l'acqua tiepida dopo quel sonno agitato, mi fermai vicino al lavabo e mi guardai allo specchio. Un piccolo sussulto lasciò le mie labbra quando notai l'inizio e la parte bassa della mia mascella. Il livido non era così grande, ma di una brutta sfumatura di giallo violaceo. A parte questo, avevo anche un piccolo graffio lungo lo zigomo, uno che per fortuna non era così orribile come il livido.

Poi distolsi lo sguardo e i miei occhi si posarono su qualcosa che era stato messo proprio lì sul bancone di marmo lucido di fronte a me, qualcosa che in qualche modo non avevo notato. Non fino ad ora.

Una bottiglia di pillola aperta. La presi con cautela, notando che fosse per metà riempita con capsule blu e bianche. Flurazepam, diceva l'etichetta di prescrizione. Aprii il minuscolo armadietto sopra il lavabo e ne trovai un'altra identica lì dentro. Questa era vuota, però.

Ed entrambi, mi resi conto mentre li tenevo tra le mani, avevano il nome di Caden stampato sull'etichetta.

Deglutii e le riposi proprio dove le avevo trovate, il cuore mi batteva in un modo che mi lasciò turbata. Avevo già visto quelle pillole. Ricordavo vagamente che papà le aveva portate dietro quando avevo forse dodici anni e quando le sue emicranie avevano iniziato a diventare un po' troppo difficili da gestire. Soprattutto durante le notti. Ne prendeva sempre una dopo cena, e la giovane me era sempre stata curiosa.

Ma Caden non aveva problemi di emicrania. Penso di sapere che aspetto avesse una persona con emicrania. Avevo vissuto con una per quasi tutta la mia vita. Allora a cosa servivano queste pillole?

Lasciai la stanza dopo essermi sbarazzata dei miei vestiti puzzolenti di alcol e aver indossato una delle felpe di Caden, e rabbrividii ancora una volta quando il freddo colpì le mie gambe nude. Ruotando dolcemente la spalla sinistra fino a quando il dolore non si placò, entrai in un corridoio. Un corridoio semplice e vuoto. Le pareti qui erano dipinte di un beige chiaro che notai quasi all'istante. Scesi le scale ed entrai nel soggiorno, guardando oltre la cucina e gli sgabelli che fiancheggiavano il bancone della cucina, quello su cui Caden mi aveva fatto sedere proprio la sera prima mentre mi aveva medicato il livido sulla faccia.

Lost Heart | ✔ (Italian Translation)Where stories live. Discover now