quindici - arthur rimbaud e paul verlaine

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VIOLENZA DOMESTICA

-Sarà una spiegazione un po' lunga. -proferì Felix, cercando così di dissuaderlo dal suo volere.

Non riusciva proprio a capire perché Hyunjin si fosse impuntato a voler fare lezione a quell'ora, portandolo via dalla cena con i loro genitori come se si trattasse di una questione di vita o di morte, non lasciandogli nemmeno il tempo di salutare educatamente la signora Hwang e i suoi stessi genitori.

Lo aveva semplicemente preso sotto il braccio in una stretta ferrea, quasi avesse paura gli sarebbe scappato, sotto gli sguardi attoniti e perplessi dei loro genitori, iniziando improvvisamente una corsa verso quella che aveva capito essere la sua stanza, per poi chiuderla a chiave.

Si stava comportando in modo strano, quasi come se Felix avesse avuto bisogno di essere salvato da qualcuno intenzionato a fargli del male e lui era accorso in suo aiuto, portandolo via.

Probabilmente si trattava soltanto di una sua impressione, da chi avrebbe voluto salvarlo Hyunjin?

Nessuno della sua famiglia aveva intenzione di nuocergli, né credeva che fosse l'obiettivo della signora Hwang.

Non appena Hyunjin chiuse la porta, si accasciò contro di essa, boccheggiando in cerca di aria.

Sembrava che avesse appena corso una maratona lunga chilometri e chilometri e avesse bisogno di regolare il proprio battito cardiaco, normalizzando il respiro.

Era una reazione piuttosto esagerata da parte sua, ma Felix avrebbe comunque voluto sapere il motivo della loro corsa improvvisata, pur sospettando che Hyunjin si sarebbe rifiutato di dirglielo.

-Non importa, ho tutto il tempo del mondo. Anzi, sai una cosa? Non vedo l'ora di ascoltarla. -dichiarò Hyunjin, lasciando Felix sconvolto dalla sua affermazione e dal suo tono infervorato, come se fosse impaziente.

-Sei serio? Non mi stai prendendo in giro, vero? -chiese per sicurezza, incerto se avesse sentito bene.

Hyunjin scosse la testa più volte, convinto del proprio volere.

Felix corrucciò la fronte, ancora dubbioso, ma iniziò comunque a parlare, sedendosi sul proprio letto, mentre Hyunjin rimase seduto contro la porta della sua stanza, pronto ad ascoltarlo sul serio, cosa che lo lasciò senza parole.

Perché all'improvviso era così interessato alle sue lezioni?

Cosa gli aveva fatto cambiare idea?

Aveva forse riconsiderato il suo stesso comportamento, deciso finalmente a mettersi a studiare, come si augurava sua madre?

Tossì leggermente, prendendo fiato.

-Si tratta di un argomento un po' particolare, un approfondimento che ho fatto per conto mio e che non si trova sul mio libro di letteratura. -iniziò, notando con stupore di averlo incuriosito.

-La sera del 24 settembre 1871 si incontrarono a Parigi due poeti, uno dei quali aveva già pubblicato la sua prima opera a soli 22 anni, i Poèmes saturniens, l'altro invece era ancora agli inizi della sua carriera poetica. Il loro era stato un amore tumultuoso e turbolento, segnato da numerosi litigi e crisi, dovuti alle differenze caratteriali. Per farsi conoscere nel mondo letterario, il diciassettenne Arthur Rimbaud iniziò una corrispondenza epistolare con il poeta ventisettenne Paul Verlaine, residente a Parigi, che rimase profondamente colpito dai versi del ragazzo e lo invitò a venire a trovarlo per presentarlo ad altri poeti, offrendosi addirittura di pagargli il biglietto del treno. Rimbaud accettò senza esitazione la sua proposta, giungendo a casa sua nel settembre dello stesso anno. Verlaine, accompagnato da un suo amico, decise di andarlo a prendere alla stazione, ma non lo riconobbe a causa del suo aspetto umile e modesto, mentre lui aveva abiti borghesi. Rimbaud, avendo il suo indirizzo di casa scritto su un foglietto, riuscì ad arrivarci senza difficoltà, trovandovi all'interno la moglie di Verlaine, Mathilde, incinta del loro primo figlio, e la suocera, Antoinette Flore. In quella casa soggiornera per un certo periodo, con i suoceri di Verlaine e sua moglie, che lo considerava un ragazzino capriccioso e altezzoso. Qualche ora dopo i due poeti finalmente si incontrarono, dando inizio ad una delle storie d'amore omosessuale più conosciute della letteratura. Verlaine presentò il giovane poeta al suo circolo letterario, dove avevano la possibilità di leggere e parlare di poesia. Passavano molto tempo da soli, frequentando caffè, teatri e addirittura ubriacandosi con l'assenzio, mostrando atteggiamenti equivocabili che destavano molti sospetti, inducendo le persone a voler indagare sulla vera natura del loro rapporto, che non credevano solo di amicizia. Il 7 luglio 1872 Verlaine decise di andarsene di casa, lasciando la moglie e il figlio per iniziare una relazione con Rimbaud, che gli aveva rubato il cuore. Quest'ultimo gli propose di lasciare Parigi e Verlaine, anche se titubante, accettò, prendendo l'ultimo treno che partiva dalla stazione di Gare du Nord e che giunse ad Arras. In seguito soggiornarono a Bruxelles, da dove Verlaine scrisse due lettere a sua moglie Mathilde, chiedendole di inviargli vestiti, carte personali e alcuni appunti privati. La donna capì che la fuga del marito non fosse dovuta a motivi politici, avendo trovato nel suo scrittoio delle lettere che si era scambiato con Rimbaud, inequivocabili. La sera del luglio 1872 Mathilde e sua madre arrivarono a Bruxelles con la ferma intenzione di riportare Verlaine a casa, quasi riuscendo nel loro proposito, ma Rimbaud li segui, a loro insaputa. Quando il convoglio si fermò alla frontiera di Quièvrain tutti i passeggeri scesero per il controllo, ma quando fu il momento di risalire le due donne non trovarono più Verlaine, che fu convinto da Rimbaud a restare con lui. Mathilde, tornata a Parigi, decise dunque di chiedere il divorzio, imputando a Rimbaud la causa dello scioglimento del matrimonio. Verlaine e Rimbaud, nel frattempo, visitarono il Belgio e poi Londra, vivendo con grande passione la loro storia d'amore. Il 3 luglio 1873 Verlaine e Rimbaud ebbero l'ennesimo litigio. Il primo lasciò il suolo inglese e raggiunse Bruxelles con l'intenzione di tornare a Parigi, ma Rimbaud gli scrisse una lettera nella quale lo supplicava di tornare da lui. In seguito, Arthur raggiunse Paul a Bruxelles. La sera del 10 luglio i due andarono in un ristorante, dove si ubriacarono con l'assenzio. In albergo, Rimbaud confessò a Verlaine di volerlo lasciare e tornare a Parigi. Paul, accecato dall'ira, prese la pistola che aveva comprato, sparandogli due colpi e ferendolo al polso sinistro. Uscito dall'ospedale, Rimbaud ebbe intenzione di partire ma Verlaine lo raggiunse alla stazione, minacciandolo di nuovo e costringendolo a chiedere aiuto a un poliziotto. Ad agosto Verlaine venne condannato a due anni di reclusione e al pagamento di una somma di denaro. In questo modo si concluse la loro tormentata storia d'amore. L'ultimo loro contatto ci fu quando Rimbaud ebbe spedito il suo manoscritto di Stagione all'inferno a Paul Verlaine, che si trovava ancora in carcere. -terminò il suo racconto, sospirando a causa della mancanza di fiato.

Si girò verso Hyunjin, sentendo il suo sguardo intenso bruciare su di sé, analizzando ogni sua minima espressione, estremamente preoccupato per quello che aveva appena capito.

Felix non poteva aver scelto quell'argomento a caso, doveva per forza esserci un motivo dietro, un fondo di verità mal celata che lui non voleva far trapelare, ostinandosi a nasconderla agli altri, ma prima di tutto a se stesso, come se non volesse accettarla.

Ma Hyunjin non era stupido, aveva collegato gli indizi ricevuti nel corso di quell'inutile cena, che però si era rivelata fondamentale per lui per poter arrivare alla verità, con il racconto di Felix, ottenendo così un quadro più o meno completo della sua situazione famigliare.

-Dimmi la verità, Felix. Non puoi scappare all'infinito, rifiutandoti di accettarla. -affermò con tono pacato, benché dentro si sentisse in preda alle fiamme, dovute alla rabbia accecante che gli aveva provocato la consapevolezza di aver scoperto, accidentalmente, l'oscuro segreto di Felix, mandando a monte la sua copertura di anni e anni.

-Di cosa stai parlando? Non capisco. -il ragazzo corrucciò la fronte, sinceramente confuso.

-Tuo padre ti picchia, non è così? Perché stai cercando così disperatamente di nasconderlo, perfino a te stesso? -chiese Hyunjin, iniziando ad alterarsi.

Involontariamente, il suo tono di voce si alzò, facendo sussultare Felix per la paura, ma anche per la consapevolezza che il suo più grande segreto era stato scoperto.

Sentirlo dire a voce alta faceva ancora più male, su di lui ebbe l'effetto di una pugnalata nello stomaco.

Si rese conto di star piangendo, singhiozzando e annaspando alla ricerca di aria.

-Tu non capisci. Lui lo fa per il mio stesso bene, desidera solo il meglio per me. Vuole che io sia perfetto. -mormorò, abbassando la testa.

Le parole di Felix lo lasciarono sconvolto, colpito profondamente dalla loro stessa violenza.

-Stai scherzando, spero. Stai davvero difendendo a spada tratta l'uomo che vuole inculcarti a suon di botte un ideale di perfezione che non esiste neanche? -sbottò, non riuscendo più a trattenersi.

Si alzò di scatto, con le mani che gli prudevano dal desiderio di prendere a pugni quel verme di suo padre e fargliela pagare amaramente.

Come osava fare una cosa del genere al suo stesso figlio? Sua madre ne era al corrente?

-Hyunjin ti prego, tu non capisci. Sono abituato a vivere in questo modo, mio padre mi ha sempre supportato in qualsiasi cosa facessi, mi vuole davvero bene. -singhiozzò tra le lacrime.

-Non puoi pensarlo sul serio. Non vedi che ti sta distruggendo, sia fisicamente che psicologicamente? Non riesci più a distinguere il bene dal male, ti ha fatto il lavaggio del cervello. -mormorò, sconvolto, tirandosi i capelli, cercando di alleviare almeno un po' il dolore che stava provando.

Chissà per quanti anni avesse dovuto subire le sue angherie, prima che Hyunjin si rendesse conto della gravità della situazione.

Gli era bastata una sola occhiata per capire che quell'uomo abusasse di suo figlio, tenendolo ben stretto in pugno, tra le sue grinfie.

-Devi assolutamente dirlo a tua madre. A meno che tu non voglia che lo dica alla mia. -lo minacciò, dedicandogli uno sguardo glaciale.

Quel bastardo doveva pagare per le sue azioni, lui non sarebbe certo rimasto zitto e inerme di fronte al dolore di Felix.

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