sedici

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VIOLENZA DOMESTICA

La mattina successiva Hyunjin decise di non andare a scuola, lamentandosi di un presunto mal di gola, a detta sua insopportabile.

Per fortuna sua madre gli credette sulla parola, astenendosi dal riempirlo di domande su come avesse fatto a prendersi un raffreddore, non essendosi mai ammalato seriamente nel corso della sua adolescenza.

Soltanto da bambino aveva avuto un sistema immunitario debole, causa principale di numerosi brutti raffreddori e influenze che si beccava quasi ogni mese.

Quel pomeriggio Felix non sarebbe venuto, non lo avrebbe rivisto per una settimana, limite di tempo massimo che gli aveva concesso per confessare finalmente la verità a sua madre.

Lo aveva temporaneamente liberato dal suo impegno quotidiano per far sì che trovasse il coraggio di denunciare quel verme, consegnandolo alla polizia e facendolo passare un bel po' di tempo dietro le sbarre, il posto che gli spettava per aver osato sfiorare anche solo con un dito il suo stesso figlio, facendogli del male, non solo fisicamente, ma anche a livello emotivo, lacerandogli l'anima.

Quelle erano ferite che non si sarebbero mai rimarginate, destinate a sanguinare al solo ricordo di quell'inferno subito da un genitore.

Hyunjin ne sapeva qualcosa, per questo motivo non sarebbe rimasto a guardare Felix distruggersi con le proprie mani, accettando ripetuti atti ed episodi di violenza come se tutto quello gli fosse dovuto, come se lui se lo meritasse.

No, non avrebbe mai permesso a Felix di rassegnarsi al dolore che riceveva quotidianamente, di farlo proprio, considerandolo parte di se stesso.

Lui non poteva e non doveva giustificare il comportamento di suo padre, che Hyunjin stentava a definire tale, dopo tutto quello che gli aveva fatto, nel tentativo di fargli raggiungere un fallace ideale di perfezione, un concetto effimero e inesistente.

Quell'uomo vile e meschino aveva cercato di sopprimere la sua voce, i suoi tentativi di ribellione, esercitando il pieno controllo su di lui e sui suoi sentimenti ed emozioni, manovrandolo a proprio piacimento, come se fosse un burattino.

Gli aveva tolto la libertà di espressione, di parola, di pensiero, minacciando di punirlo.

Lo aveva assoggettato completamente alla sua volontà, rendendolo suo prigioniero, umiliandolo, schernendolo, sminuendo il suo valore di persona, di essere umano.

Gli aveva fatto credere di non essere abbastanza, di non valere niente, di essere un incapace e uno buono a nulla.

Lo aveva rinchiuso in casa, impedendogli di provare a fare amicizia con i suoi coetanei, di uscire per socializzare e relazionarsi con altre persone, allo scopo di farlo dedicare esclusivamente allo studio, limitando drasticamente ogni possibile svago o divertimento, perché non si lasciasse distrarre da quello che contava di più, non tanto il futuro e la felicità, il benessere, di Felix, quanto la sua stessa sete di soldi e successo, guadagnati a spese del proprio figlio e della sua stessa salute, fisica e mentale.

Quell'uomo lo stava privando dei suoi anni migliori, facendolo soffrire per la mancanza di rapporti sociali e per l'estremo bisogno di riposare, dedicandosi alle sue più grandi e sincere passioni, ritagliandosi momenti di pausa dall'intenso studio al quale si dedicava quotidianamente.

Pretendeva sempre il massimo da lui, in qualsiasi situazione, ma quando suo figlio riusciva ad ottenerlo, non era mai contento, mai soddisfatto pienamente.

Il ragazzo non aveva il diritto di mostrarsi debole e di fallire, doveva essere sempre all'altezza, perfetto e impeccabile in ogni occasione, perfino sul piano dell'aspetto fisico, di cui doveva prendersi cura in modo maniacale.

romanticizing school // hyunlix Where stories live. Discover now