THE NIGHT WE MET

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È stato dieci anni fa. Avevo venticinque anni.
A quell'epoca frequentavo Diego, un ragazzo che non mi piaceva. Lo ritenevo un noioso spilungone privo di contenuti.
Non era successo nulla tra noi, ma lui si era legato già a me in modo eccessivo. Lo trovavo fastidioso, ma non avevo il coraggio di allontanarmi. Ero uscita da poco dalla storia più importante della mia vita e avevo paura di restare da sola. Così, uscivo con chiunque desiderasse la mia
compagnia.
Era estate, forse luglio, e avevo indossato il mio abitino corto preferito azzurro con le piume e le
mie immancabili sneakers bianche consunte. Avevo una rosa tra i lunghi capelli biondi, da sempre il mio punto di forza.
Diego era passato a prendermi, e io gli avevo chiesto di fare un giro sul lungomare. Come sempre, aveva ribadito che era più comodo andare in centro.
Il centro, durante l'estate, è più deserto del Sahara e non offriva nulla di vagamente interessante.
Mentre passeggiavo annoiata al fianco di quel ragazzo che non riuscivo a piantare in asso, d'improvviso lui arrestò la marcia.
«Non ci credo! Ciao! Come stai?»
Oh, no! Ha trovato qualcuno con cui chiacchierare, così mi toccherà stare qui impalata per chissà quanto tempo.

Avevo preso il cellulare, contrariata, e avevo scritto un messaggio alla mia amica Stella.
"Mi sto annoiando a morte! Help me!"
"La prossima volta vengo anch'io, così ti faccio compagnia!"
"Spero di mollarlo prima che ci sia una prossima volta!"

«Ele? Ele!»
«Cosa?» chiesi alzando lo sguardo dallo schermo.
«Ti presento il mio amico Ryan.»
Indossava gli occhiali da sole, e pensai che fosse una cosa molto stupida.
Non appena se li tolse, scattò la magia.
Non so spiegare cosa accadde di preciso in quell'istante. I nostri sguardi si incrociarono, e le nostre
anime si fusero per sempre. Si trattava molto più che un colpo di fulmine. Era come ritrovare qualcuno che avevi conosciuto in una vita precedente.
Il cellulare mi scivolò dalle mani e si schiantò a terra.
Diego si abbassò per raccoglierlo, mentre io non ero riuscita a pronunciare una sola parola.
«Ele, ma che hai stasera? Riprenditi!» ghignò Diego.
Mi ridestai.
«Scusatemi. Sono un disastro. Molto lieta, sono Elena.»
Gli porsi la mano, rendendomi conto che da seduto era alto quanto me che ero in piedi. Indossava
un cappellino da baseball, un paio di jeans corti, delle scarpe da basket e una collana da rapper. Aveva
lo stile dei gangster nei film americani. Ma qualcosa mi diceva che quello stile non avesse nulla a che
vedere con la sua anima.
«Non preoccuparti. Noi artisti siamo così! Sono Ryan» si presentò con uno strano accento, porgendomi la mano.
Quando la strinsi, sentii un profondo imbarazzo.
«Noi?»
«Non sei un'artista?»
«Da cosa lo hai intuito?»
«Dal vestito con le piume! No, scherzo! Diego mi ha parlato di te. Mi ha detto che anche tu scolpisci.»
«Io... di tanto in tanto ci provo. Tu... sei uno scultore?»
«Sì. Mi diletto da qualche anno.»
Non riuscivo a credere di aver incontrato un essere umano con la mia stessa passione.
«Ma è meraviglioso! Devi dirmi tutto!» esclamai, e senza rendermene conto mi sedetti accanto a lui.
«Ehi! Che fai? Dobbiamo andare, adesso!» gracchiò Diego.
«Oh, scusatemi! Non volevo intromettermi nei vostri impegni.»
«Ma non abbiamo da fare!» contestai, infastidita.
«Dobbiamo andare a casa mia, ricordi?»
Non è affatto vero!
Provai un eccessivo moto di rabbia, come un bambino a cui viene sottratto il videogame mentre sta giocando.
«Ciao, Ryan. Ci vediamo!» lo salutò Diego con freddezza.
Io lo salutai con la mano, e lui ricambiò con un sorriso, rimettendosi gli occhiali da sole.
«Che coglione, quello lì!» commentò Diego, una volta che ci fummo allontanati.
«Perché dici così?»
«Dico, ma lo vedi com'è conciato?»
«Ha il suo stile.»
«Stile? È spazzatura. Si crede chissà chi soltanto perché sua mamma è straniera. Quello è solo un puttaniere drogato.»
«Addirittura!»
«Non lo conosci. Io sì. So quel che dico.»
«Se lo dici tu!»
«Allora, andiamo a casa mia?»
«Non mi va.»
«Non ti va mai!»
«Non stiamo insieme.»
«Sì che stiamo insieme.»
«No! Accompagnami a casa, mi sono rotta.»
«Sei una stronza!»
«Ok, ma voglio andarmene.»
Mi riaccompagnò a casa a piedi, perché «tanto è vicino».
Provò a baciarmi, ma mi scansai.
Me ne andai senza salutarlo. Lo detestavo. Mi ripugnava. Dovevo liberarmi al più presto di lui.
Mi sdraiai pensando allo sguardo di Ryan. Non avevo mai visto e provato nulla del genere. Era un istinto primordiale. Volevo scoprire cosa si nascondeva dietro quell'aspetto stravagante e il suo strano accento.
Desideravo appartenergli.
Presa dal nervosismo, inviai un messaggio alla mia amica Lucia.

"Lucy! Mi dispiace, ma Diego proprio non lo sopporto!"
"Non dire così! È un bravissimo ragazzo."
"Prenditelo tu, allora!"
"Siamo amici da una vita, non potrei mai. Non mi piace."
"Neanche a me!"
"E allora perché hai voluto che ti dessi il suo numero?"
"Sembrava intelligente, al tuo compleanno."
"Elly, non fare casini. Smettila di illudere le persone!"
Non le risposi. Aveva ragione. La sera in cui l'avevo conosciuto, ero ubriaca e avevo avuto una percezione totalmente diversa di lui. Non era la prima volta che mi comportavo così.
Mi mancava da morire Sergio, il mio primo amore. Ci eravamo lasciati da quasi un anno, ma non riuscivo a togliermelo dal cuore.
Stavo facendo di tutto, pur di raggiungere questo intento.
Quella notte, feci un sogno talmente intimo che non si può raccontare. I protagonisti eravamo noi due.
Naturalmente non Diego e io.

Incontriamoci nei sogni [COMPLETATA]Where stories live. Discover now