cuarenta y cuatro

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Anita si svegliò di soprassalto, destata dal forte rumore prodotto dalla mano che batteva insistentemente sul vetro del finestrino, accanto a lei. La ragazza si stropicciò gli occhi, incredula: non pensava minimamente di addormentarsi durante il viaggio, eppure aveva trascorso un'ora e mezza immersa nel mondo dei sogni... per fortuna suo padre si era premurato di cercarla lungo i vagoni del treno fermo in stazione per assicurarsi che scendesse!
Anita abbandonò il suo sedile e si alzò sulle punte dei piedi per afferrare il voluminoso bagaglio dalla cappelliera, poi si diresse in fretta verso le porte del convoglio e con un balzo atterrò sulla banchina. Suo padre la attendeva con le braccia spalancate, pronto ad avvolgerla in una calda sciarpa che l'avrebbe protetta dallo sbalzo termico.
"Sai, mi sembri quasi cresciuta" affermò commosso l'uomo, fermandosi a osservare la sua bambina. "Com'è andato il viaggio? Hai dormito bene? Se non ti avessi svegliato io chissà in che città saresti capitata... ma vieni, andiamo a casa, così mi racconti tutto... ultimamente le tue telefonate erano telegrafiche, avrai mica conosciuto qualche interessante barcellonese?" aggiunse poi, prendendola sottobraccio e trascinandola verso le uscite.
"Calmo, papà!" esclamò Anita ridendo. "Abbiamo un sacco di tempo: parlerò quando ci sarà anche la mamma, altrimenti mi tocca ripetere tutto due volte..."
"Hai ragione, hai ragione" concordò il padre della ragazza, rallentando il passo. "Ah, dammi, ti tengo io la valigia. Sono proprio contento di riaverti qui con noi a Saragozza" concluse abbracciandola.

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"Sì?" domandò Pilar, mettendo il naso fuori dalla porta d'ingresso. "Chi è?"
"C'è Anita?" chiese Pablo da dietro le sbarre del cancello, tentando, nonostante la forte tensione, di apparire il più possibile rilassato.
"No, mi spiace, è partita questa mattina per Saragozza" rispose gentilmente la donna. "Tu sei Manolo? Credevo ti avesse avvertito della sua partenza."
"Ah... sì sì, me l'aveva detto" mentì il calciatore. "Solo che pensavo avesse il treno stasera."
"Eh no, era due ore fa" gli assicurò Pilar. "Hai bisogno di qualcos'altro?"
"No, grazie..." disse Pablo stiracchiando un sorriso. "Grazie mille e buon Natale."
"Anche a te, caro, buone feste" lo congedò la donna.
Il calciatore si scostò dal cancello, fece una decina di passi e poi si lasciò cadere su una panchina. Anita era tornata a Saragozza, non era più lì. Anita non era più a Barcellona! Pablo non riusciva a crederci.
"Sono stato io a permetterle di andarsene" disse ad alta voce, rivolto a sé stesso. "La colpa è solo mia... ma che mi è saltato in mente? Avrei dovuto trattarla meglio, non avrei mai dovuto metterla al secondo posto... è proprio vero che ci si accorge del valore che ha per noi una persona solamente quando non l'abbiamo più vicina..."
Ma alla fine Pablo decise che, se era stato capace di farla andare via, sarebbe anche stato in grado di farla tornare. Ne era fiducioso.

Todo lo que quiero - Pablo GaviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora