Capitolo diciannovesimo

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Un pallido raggio di sole invernale si fece strada sul suo viso; Sophie strinse gli occhi per quel leggero fastidio e poi li aprì: si trovava ancora in quella stessa stanza, seduta dritta col capo leggermente piegato verso destra, a poggiare verso la spalla; a giudicare dal giro che il sole aveva fatto attorno alla casa, fino a raggiungerla lì, doveva essere già mezzogiorno. Era da parecchio che non dormiva così tanto.

Muovendosi fece cadere dalle proprie spalle uno scialle che non ricordava di aver indossato da sola. Si stropicciò gli occhi e guardò attorno a sé: Vincent non era più lì, e la sua apparizione della sera precedente sembrava essere sempre più come un sogno, un'illusione. La ragazza si alzò di scatto, come se lo avesse perduto di nuovo. Un tumultuoso timore nacque nel suo cuore.

Vide il corpo del signor Ernest: ancora l'anziano giaceva lì a letto, freddo e rigido come una statua di marmo. Il suo viso era però rilassato e sereno, mostrava quella che pareva essere una beatitudine invidiabile; ogni sofferenza e male terreno lo avevano definitivamente abbandonato. Si avvicinò a lui, facendo tesoro della pace che emanava il suo volto, e gli diede un bacio in fronte. Non doveva essere triste per lui, ora era nella casa del Signore, al sicuro. Fece un respiro profondo e si diresse fuori dalla stanza; le sue gambe si mossero da sole sempre più velocemente a controllare in più posti: Vincent non era nella propria camera, né in sala, in salotto, in cucina o nella sua adorata biblioteca. Non era da nessuna parte. Sophie si mosse ancora con un po' di agitazione, e con un ultimo disperato tentativo di poterlo trovare uscì dall'abitazione. Con stupore Vincent era davvero lì, seduto indifferente sul muretto con una sigaretta tra le labbra.

«Buongiorno, Sophie!» disse solamente quando la vide avvicinarsi, abbozzando un sorriso e facendo cenno di un saluto con la mano.

«Buongiorno» rispose lei, con il volto che si fece più tranquillo come il proprio respiro, che si era fatto affannoso per la corsa. «Credevo foste partito di nuovo. Mi ero preoccupata.»

«Per quanto io possa partire, o scomparire, in un modo o nell'altro torno sempre qui. Pare sia inevitabile.» disse Vincent espirando un po' di fumo. Quella mattina il suo aspetto era decisamente più in ordine. Doveva essersi svegliato molto prima di lei per potersi essere sistemato in quel modo. Aveva indumenti puliti ed eleganti, con un nastro nero al colletto per il lutto, e aveva accorciato sia barba e baffi che capelli; il suo viso, ora più maturo e non più così fanciullesco come lo aveva lasciato, era ancora bello e fine, e non più nascosto dall'abbondante peluria lo si poteva vedere meglio. Il sole di quella giornata inoltre illuminava la sua distinta figura così che la ragazza lo poté scrutare in completezza.

«Avete mangiato qualcosa? Vorrei che mi seguiste per una passeggiata. Non sapete quanto mi sia mancata quest'aria pulita!» aggiunse lui alzandosi in piedi e spegnendo il mozzicone di sigaretta nella neve, «State tranquilla, non vi farò percorrere troppi chilometri. So che non vi piace camminare, e credo che siate anche piuttosto stanca. Quest'ultimo periodo dev'essere stato davvero duro per voi, ad occuparvi dei miei nonni.»

«Vengo volentieri a passeggiare con voi!» replicò rapida Sophie sorridendo gentile, e aggiunse: «Solo aspettate che prenda qualcosa per coprirmi; quest'oggi non è caldo, nonostante sia una bella giornata.»

Detto ciò la ragazza rientrò nella dimora per prendere un cappotto e tornò da lui. Non mise nulla sotto ai denti ma in quel momento non sentì nemmeno la fame. Si avvicinò a lui ed iniziarono a camminare con naturalezza, sprofondando i piedi nella neve ancora fresca; così bianca da riflettere i raggi del sole. Era una sensazione strana, sembravano passati secoli dall'ultima volta in cui si videro, ma allo stesso tempo parevano essere solo secondi. Il tempo aveva preso strane vie, rapide ed eterne, fino a quel ricongiungimento, pensò la ragazza.

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