Capitolo ventinovesimo

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Londra, 1892.

I minuti passarono lentamente e avvolti da un completo silenzio, lasciando un'atmosfera ansiosa in quella stanza d'ufficio; il signor Ainsworth, seduto alla scrivania di fronte a lei, non disse una parola e non mosse il viso in nessuna espressione particolare, continuando a fumare il proprio sigaro mentre voltava le pagine odoranti di fresca stampa. La donna stette anch'ella in silenzio, in piedi ad attendere una risposta, con le mani unite a strofinarsi tra loro, e un leggero batticuore.

«Mmh» farfugliò infine l'uomo dopo l'interminabile attesa, spegnendo il sigaro e abbassando sul tavolo il malloppo cartaceo che teneva tra le dita spesse, «Il contenuto non è male. Mi ripetete il vostro nome, signorina?» domandò puntando gli occhi su di lei. Ella sorrise a quell'affermazione, tirando un sospiro di sollievo dentro sé, sperando fosse la volta buona.

«Smith», rispose, «Sophie Smith.»

«Bene, signorina Smith» fece lui appoggiando i gomiti alla scrivania e incrociando le dita tra loro, «Avete scritto davvero voi questa roba?» sottolineò il concetto indicando con lo sguardo il manoscritto.

«Sì, signore.»

«E dove avete trovato l'idea?» domandò ancora.

«Nella mia mente, signore» rispose affabile, «E in parte nel mio cuore, da dove dovrebbe provenire ogni storia.»

L'uomo la fissò incuriosito mentre lei rimase immobile di fronte a lui, col viso dominato da un mansueto sorriso, e lui proseguì chiedendo: «E di cosa vi siete occupata fino ad oggi, signorina Smith?»

«Quest'autunno saranno sette anni che lavoro per l'editoria», rispose, «Ho scritto un paio di articoli, per lo più di cronaca, e alcuni racconti brevi su rivista; questo è il mio primo romanzo, invece.» spiegò.

«Quanti anni avete?» fece alzandosi dalla poltrona e mettendosi davanti alla scrivania, appoggiandovisi, e guardandola dall'alto in basso per il divario d'altezza. La ragazza pensò che fosse davvero imponente.

«Ventiquattro.» rispose lei.

Il signor Ainsworth la scrutò nuovamente, leggermente sorpreso, avendo pensato potesse essere anche più giovane data la sua minuta figura. «Avete talento, signorina, tant'è che quando ho letto questo manoscritto ho creduto fosse nato dalle mani di un uomo», disse dando ancora un'occhiata alla pila cartacea che formava il romanzo, firmata semplicemente con l'iniziale e il cognome "S. Smith", dopodiché allungò una mano verso di lei e disse, più bonario e meno burbero di quel che l'avesse precedentemente giudicato: «Pubblicheremo il vostro romanzo, signorina Smith. Possiamo chiarire i termini del contratto.»

Sophie sorrise di gioia e gli strinse la mano. Dopo aver sbrigato i doveri burocratici, uscì sollevata da quella piccola casa editrice, e alzò allegra lo sguardo verso il cielo: contrariamente a com'era stata la mattinata ora vi era un sole splendente, circondato da rade nuvole che pian piano andavano ad aprirsi. Era una bella giornata e finalmente, dopo sei tentativi non andati a buon fine, aveva trovato un editore per il suo romanzo; pensò di festeggiare comprandosi un dolcetto in pasticceria, che era cosa che non poteva permettersi tutti i giorni, nonostante fosse una persona abbastanza golosa.

Passeggiò lungo le sponde del Tamigi, tenendo tra le mani il dolcetto alla crema appena acquistato; attorno a lei tutto era sempre in continuo movimento: la gente svolgeva gli affari della propria quotidianità, e altri si prestavano ad una semplice passeggiata all'aria fresca, mentre i bambini si facevano udire con tutta la loro infantile vivacità. Non mancavano nemmeno i più poveri e i mendicanti, che se ne stavano ad elemosinare agli angoli delle strade. Ai suoi occhi attenti non sfuggì nulla e, infine, si soffermò su quel paesaggio grigio che aveva fatto da sfondo alla sua vita in quegli ultimi anni: nel trambusto notò l'ennesimo cantiere che si adoperava per modificare ancora una volta quell'ambiente. I cambiamenti erano parte integrante della vita, ogni cosa negli anni si trasformava e modificava senza mai fermarsi; il mondo attorno a lei non aveva mai smesso di avanzare, e non importava cosa si annidasse nel cuore della gente, dopo un giorno ve n'era sempre un altro, ed in qualche modo si andava sempre avanti, in modo quasi meccanico e imprescindibile.

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